Può un edificio, lungo tutto il corso della sua vita, contribuire a ridurre la concentrazione in atmosfera dell’anidride carbonica? Possono le città e l’architettura giocare un ruolo determinante nel sequestro di carbonio? La risposta che arriva dalla COP27 di Sharm el-Sheikh è sì ed è basata sui dati e su un concept progettuale sviluppato dallo studio Skidmore, Owings & Merrill (SOM): è Urban Sequoia NOW, il risultato concreto di un radicale ripensamento dell’architettura e delle consuetudini costruttive odierne attuabile fin da subito e basato su una serie di studi, ricerche e conclusioni sviluppate dallo studio stesso negli ultimi anni. I primi numeri, in realtà, erano già stati presentati nel corso della COP26, ma ora, grazie al lavoro di un team internazionale e interdisciplinare, si è arrivati alla loro traduzione in un vero e proprio concept applicabile a diverse scale e a diverse tipologie di architettura. Da un’idea visionaria, dunque, a un primo passo verso una reale realizzazione.
Così concepito, un edificio riuscirebbe a ridurre già in partenza circa il 70% delle emissioni di carbonio generate dalla costruzione di un normale grattacielo, una percentuale in crescita con il prosieguo della sua vita. A cinque anni dalla nascita, infatti, la riduzione sarebbe già del 100% delle emissioni calcolate sull’intero ciclo di vita di una torre, in crescita ulteriore fino al 300% dopo cento anni rispetto alla quantità media derivante dalla costruzione e dal suo funzionamento.
«Ci siamo resi conto della necessità di modificare la traiettoria del cambiamento climatico e di andare oltre allo zero netto di emissioni – ha spiegato nel corso della presentazione alla COP27 Chris Cooper, partner di SOM –: è fondamentale riuscire a sottrarre carbonio dall’atmosfera attraverso lo stesso ambiente costruito. Per questo motivo abbiamo portato a termine un progetto in grado di fare esattamente questo».
Per raggiungere un tale obiettivo, il team di SOM ha sviluppato un concept come fosse un organismo vivente, la cui “respirazione” ha il vantaggio di ridurre il carbonio incorporato (ovvero quello legato alla produzione di prodotti da costruzione, alla costruzione dell’edificio stesso, alla sostituzione dei materiali e alla fine del ciclo di vita), di generare energia, di assorbire il carbonio in atmosfera e di avere una prospettiva di vita più lunga di quella media degli attuali edifici (di circa 60 anni).
Come sottolineato anche da Yasemin Kologlu, design principal di SOM, il raggiungimento di tali obiettivi ha portato a intraprendere un percorso di totale ripensamento del design, delle tecniche costruttive, della selezione dei materiali, dei sistemi meccanici e delle tecnologie integrate.
Anziché seguire un procedimento, per così dire, additivo di sistemi e, di conseguenza, di portata di carbonio, quello adottato per Urban Sequoia NOW va in senso opposto, verso un procedimento di sottrazione: più sistemi dovrebbero essere cioè integrati in uno solo.
Il cuore del progetto è un sistema di ventilazione e di ricircolo dell’aria (e del carbonio) basato sull’apertura di diverse cavità dirette verso il nucleo dell’edificio. Il carbonio catturato da questo sistema di ricircolo viene poi immagazzinato e utilizzato in varie applicazioni industriali, completando il ciclo del carbonio e costituendo la base di una nuova economia circolare di rimozione del carbonio.
Altro elemento fondamentale del concept è dato dalle aperture di aree verdi nel corpo dell’edificio. E poi vi sono i materiali: legno e biocalcestruzzo sono tra i più adatti a tale scopo, come anche i vetri solari.
Per quanto tale concept possa adeguarsi ai più svariati contesti e alle più diverse tipologie, nella sua realizzazione si è guardato in particolare alle zone più densamente popolate della Terra e, di conseguenza, alle più colpite dal problema della concentrazione dell’anidride carbonica.
«Urban Sequoia è dunque un approccio sistemico, una filosofia – ha concluso Mina Hasman, direttrice della sostenibilità di SOM –. È un modo di pensare alle città come ecologie, come sistemi viventi e respiranti che possono essere riconfigurati per ottenere drastiche riduzioni delle emissioni di carbonio nell’intero arco della vita, ridisegnando l’ambiente costruito come soluzione alla crisi climatica».
Architects: Skidmore, Owings & Merrill (SOM)
Render courtesy of SOM