Biennale Architettura al via, il laboratorio del futuro può iniziare
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Biennale Architettura al via, il laboratorio del futuro può iniziare

La Mostra è visitabile fino al 26 novembre

Lesley Lokko | Demas Nwoko

Biennale Architettura al via, il laboratorio del futuro può iniziare
Scritto da Redazione The Plan -

Il laboratorio del futuro (The Laboratory of the Future) è già presente: si è aperta oggi, 20 maggio, la 18. Mostra Internazionale di Architettura di Venezia, curata quest’anno da Lesley Lokko e pronta a farsi «agente di cambiamento». Una dichiarazione d’intenti, questa, andata arricchendosi in tutti questi mesi ed espressa in tutta la sua forza in occasione della conferenza di apertura: «Negli ultimi nove mesi, in centinaia di conversazioni, messaggi di testo, videochiamate e riunioni – ha ricordato la curatrice – è emersa più volte la domanda se esposizioni di questa portata, sia in termini di emissioni di carbonio sia di costi, possano essere giustificate. A maggio dell’anno scorso (in occasione dell’annuncio del titolo) ho parlato più volte della Mostra come di una storia, una narrazione che si evolve nello spazio. Oggi ho una visione diversaUna mostra di architettura è allo stesso tempo un momento e un processo. Prende in prestito struttura e formato dalle mostre d’arte, ma se ne distingue per aspetti critici che spesso passano inosservati. Oltre al desiderio di raccontare una storia, anche le questioni legate alla produzione, alle risorse e alla rappresentazione sono centrali nel modo in cui una mostra di architettura viene al mondo, eppure vengono riconosciute e discusse di rado. È stato chiaro fin dal principio che The Laboratory of the Future avrebbe adottato come suo gesto essenziale il concetto di cambiamento».

 

La prima volta dell’Africa

18. Mostra Internazionale di Architettura Venezia, courtesy of Biennale Venezia

Per la prima volta, i riflettori sono puntati sull’Africa e sulla sua diaspora, su quella cultura fluida e intrecciata di persone di origine africana che oggi abbraccia il mondo.

«Che cosa vogliamo dire? In che modo ciò che diremo cambierà qualcosa? E, aspetto forse più importante di tutti, quello che diremo noi come influenzerà e coinvolgerà ciò che dicono gli altri, rendendo la Mostra non tanto una storia unica, ma un insieme di racconti in grado di riflettere l’affascinante, splendido caleidoscopio di idee, contesti, aspirazioni e significati che ogni voce esprime in risposta ai problemi del proprio tempo?», sono le domande di Lesley Lokko.

Spesso si definisce la cultura come il complesso delle storie che raccontiamo a noi stessi, su noi stessi. Sebbene sia vero, ciò che sfugge a questa affermazione è la consapevolezza di chi rappresenti il “noi” in questione. Nell’architettura in particolare, la voce dominante è stata storicamente una voce singolare ed esclusiva, la cui portata e il cui potere hanno ignorato vaste fasce di umanità – dal punto di vista finanziario, creativo e concettuale – come se si ascoltasse e si parlasse in un’unica lingua. La “storia” dell’architettura è quindi incompleta. Non sbagliata, ma incompleta. Ecco perché le mostre sono importanti.

 

Le parole del presidente, Roberto Cicutto

18. Mostra Internazionale di Architettura Venezia, courtesy of Biennale Venezia

«Un laboratorio del futuro non può prescindere da un punto di partenza preciso, da una o più ipotesi in cerca di verifica – ha dichiarato il presidente della Biennale di VeneziaRoberto Cicutto –. La curatrice parte dal suo continente di origine, l’Africa, per raccontarne tutte le criticità storiche, economiche, climatiche e politiche e per dire a tutti: “A noi è già successo molto di quanto sta accadendo al resto del mondo. Confrontiamoci per capire dove si è sbagliato finora e come va affrontato il futuro”. È un punto di partenza che invoca l’ascolto di fasce di umanità lasciate fuori dal dibattito, e apre a una molteplicità di lingue zittite per molto tempo da quella che si considerava dominante di diritto in un confronto vitale e improcrastinabile. Io credo che questo sia il vero compito della Biennale di Venezia come istituzione, e non solo per quanto riguarda l’architettura. Da qui dobbiamo partire per cogliere l’occasione che ci consenta di fare un salto di qualità anche nell’approccio verso tutte le altre discipline».

 

I premi della Biennale in occasione dell’inaugurazione

18. Mostra Internazionale di Architettura Venezia, courtesy of Biennale Venezia

Oltre al Leone d’Oro alla carriera a Demas Nwoko, la giuria della 18. Mostra Internazionale di Architettura ha assegnato il Leone d’Oro per la miglior Partecipazione Nazionale al Brasile, presente con una mostra di ricerca e un intervento architettonico che centrano le filosofie e gli immaginari della popolazione indigena e nera verso modi di riparazione.

Menzione speciale come Partecipazione Nazionale alla Gran Bretagna per la strategia curatoriale e le proposte progettuali che celebrano la potenza dei rituali quotidiani come forme di resistenza e come pratiche spaziali nelle comunità della diaspora.

Leone d’Oro per il miglior partecipante alla 18. Mostra The Laboratory of the Future a DAAR - Alessandro Petti e Sandi Hilal per il loro impegno di lunga data teso a un profondo coinvolgimento politico con pratiche architettoniche e di apprendimento della decolonizzazione in Palestina e in Europa.

Leone d’Argento per un promettente giovane partecipante alla 18. Mostra The Laboratory of the Future a Olalekan Jeyifous per una installazione multimediale che esplora una pratica di costruzione del mondo capace di allargare le prospettive e l'immaginazione del pubblico, offrendo visioni di un futuro decolonizzato e decarbonizzato.

Tre menzioni speciali sono poi andate a Twenty Nine Studio / Sammy Baloji per un’installazione in tre parti che interroga il passato, il presente e il futuro della Repubblica Democratica del Congo, attraverso uno scavo di archivi architettonici coloniali, a Wolff Architects per un’installazione che riflette una pratica progettuale collaborativa e multimodale, nonché un approccio articolato e immaginativo alle risorse, alla ricerca e alla rappresentazione e a Thandi Loewenson per una pratica di ricerca militante che materializza storie di spazi di lotte per la terra, estrazione e liberazione attraverso il mezzo della grafite e della scrittura speculativa come strumenti di progettazione.

 

 

Credits 

All images courtesy of Biennale Venezia

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