In un mondo che sta affrontando i devastanti effetti dei cambiamenti climatici legati al surriscaldamento globale, può la ricerca spaziale fornire spunti utili per progettare edifici e città più sostenibili? È questo l'interrogativo al quale si sono impegnati a rispondere i partecipanti alla terza edizione dello Space Architecture Workshop, che si è svolta dal 15 al 19 luglio a Milano: cinque giorni durante i quali esperti di architettura e design nello spazio e di ricerche spaziali si sono confrontati sul tema Designing for 2 Worlds.
Curato dalla School of Disruption di Lugano insieme a René Waclavicek e Barbara Imhof (co-founder e partner di LIQUIFER), lo Space Architecture Workshop ruota proprio intorno all'idea di indagare le possibili applicazioni sulla Terra delle conoscenze acquisite attraverso gli studi condotti nello spazio. L'ultima edizione dell'evento, arrivato in Italia dopo una prima edizione a Strasburgo e una seconda a Lugano, ha visto la presenza di 30 partecipanti da 15 Paesi di tutto il mondo. Anche quest'anno, il programma ha previsto lezioni frontali e laboratori di pratica e, per finire, una competizione tra vari team di progetto.
Il progetto risultato vincitore si chiama MOOD (moon + food) e propone il concept di una base lunare autosufficiente e sostenibile: un impianto di produzione di cibo e acqua su scala industriale, con un ciclo chiuso al 99,9%, che può fungere da hub di rifornimento per la Luna e non solo.
Ispirato al lavoro di Dante Bini e basato su un design modulare, che ne consente la scalabilità, il progetto esplora l'architettura e la biotecnologia necessarie a realizzare questa struttura produttiva e abitativa pensata per entrambi i mondi, la Terra e la Luna.
Il progetto è stato sviluppato dal team composto da Clarissa Ardon, Ayfer Göksu Bakir, Lucano Deskovic e Romina Ellero.
Durante l'edizione appena conclusa dello Space Architecture Workshop, sono stati elaborati altri tre progetti di gruppo.
L.E.R.A. 03 (Lunar Exploration in a Rover Above) è un veicolo lunare all-in-one. Può servire infatti come lander, come abitazione e come mezzo per l'esplorazione dell'ambiente lunare. Questo grazie alla presenza di un'unità, in grado di ospitare quattro astronauti per un mese, che si stacca dal corpo principale dopo l'atterragio per condurre missioni di ricerca.
W.A.S.P. (Wide-range Adaptable Space Pathfinder) è un versatile veicolo lunare che, traendo spunto dall'adattabilità delle vespe, supporta diversi tipi di missione: pressurizzata o non pressurizzata, con o senza equipaggio. Grazie alla sua modularità, è possibile assemblare più "vespe" a realizzare un veicolo di dimensioni più o meno grandi.
P.I.E.R. (Pioneers for Innovative Exploration Research) è un'infrastruttura ottimizzata che assicura servizi quali energia, manutenzione, stoccaggio, protezione dalle radiazioni e dalla polvere. La particolarità del progetto risiede nel fatto che sulla Luna viene inviato un laboratorio robottizzato, che costruisce poi la struttura direttamente in loco, utilizzando la tecnologia del 3D printing.
All'evento è intervenuto un parterre di speaker di altissimo livello: Advenit Makaya, Ingegnere presso la European Space Agency; Daniel Schubert, deputy head of department al German Aerospace Center; Miranda Fateri, professore di Ingegneria meccanica e Scienza dei materiali alla Aalen University; Brent Sherwood, former senior vice president di Blue Origin; e Maria Antonietta Perino, director of International Network Opportunities presso la società Thales Alenia Space.
Oltre a Barbara Imhof e René Waclavicek, la giuria di questa edizione comprendeva Adolfo Suarez, partner e direttore di L22 Retail, divisione di Lombardini22; Emma Gatti, editor-in-chief di Space Watch; Carlotta Zucchini, fondatrice ed editor-in.chief di THE PLAN.
Cover image: The Winning Team
All images courtesy of School of Disruption