Una schiena di donna che, con le sue forme morbide ed eleganti, richiama il celebre Violon D’Ingres di Man Ray, è l'immagine scelta come apertura della mostra fotografica RE(un)dressed di Luca Maria Castelli, dedicata all'esplorazione della forma umana e visitabile nella sede dell'associazione bolognese Re-Use with Love fino al 28 febbraio.
L'esposizione, a cura di Simona Pinelli, inaugura la rassegna d'arte contemporanea Giardini Margherita in Arte, che si inserisce nel contesto della 13esima edizione di ART CITY Bologna. Con questa iniziativa, Re-Use with Love apre per la prima volta al pubblico le porte della rinnovata Centrale dei Giardini, che l'associazione ha riqualificato per farne la sua nuova sede e restituirla alla città come hub culturale legato al riuso e alla solidarietà. Il ricavato delle mostre sosterrà i progetti solidali di Re-Use With Love Odv del 2025.
Undressed, Redressed, RE(un)dressed: nasce da un gioco di parole il titolo della mostra di Luca Maria Castelli, basata sull'idea che l’anima ha bisogno di vestirsi “di nuovo”, sulla volontà di valorizzare ogni aspetto della bellezza del corpo e riparare le sue imperfezioni, vivendolo con empatia. Una visione nella quale l'intento del fotografo incontra i valori fondanti di Re-Use With Love, come testimoniano le sue numerose collaborazioni con l'associazione.
L'esposizione raccoglie una trentina di immagini, a colori e in bianco e nero, che rappresentano il nudo femminile con una narrazione sempre in bilico tra un'ironia scanzonata e una riflessione più profonda. Gli scatti immortalano frammenti di quotidianità: piccole storie, che possono anche essere combinate a formare dittici o trittici. Ogni modella viene ritratta da sola e con il volto celato, in modo da lasciare uno spazio di interpretazione personale all’osservatore.
Tra gli scatti che compongono la mostra, vi sono ad esempio due gambe femminili che escono dal candore della vasca da bagno, a contrasto con la tonalità scura del pavimento marmoreo; una figura adagiata su una poltrona bordò come fosse una novella Maja desnuda, sdrammatizzata da una scritta a neon sulla parete di fondo; corpi accovacciati o attorcigliati che, nella loro plasticità, ricordano le statue di Bernini, ma anche l'immagine del nascituro nel grembo materno.
Le foto sono realizzate in casa o all'aria aperta, in modo da cogliere tutte le variazioni della luce naturale a seconda dell'orario e delle condizioni meteorologiche. Giochi di luce, sfumature e contrasti rivestono sempre un ruolo fondamentale nel lavoro di Castelli, che evita il più possibile la manipolazione delle immagini in postproduzione.
La stampa su plexiglass contribuisce a far risaltare ancora di più le cromie delle immagini a colori e i chiaroscuri di quelle in bianco e nero, mentre la versatilità del formato 50x50 rende le opere adatte a essere esposte anche in ambienti domestici.
Nato a Bologna nel 1960, Luca Maria Castelli si è formato come fotografo in Germania, a Monaco di Baviera, dove ha imparato il mestiere da Helmut Bergthold, noto per l’utilizzo esclusivo del banco ottico. Ancora oggi, il fotografo bolognese applica la metodologia della fotografia analogica, pur lavorando ormai in digitale, e utilizza molte delle tecniche di Bergthold, tra le quali una particolare per rendere i riflessi attraverso il posizionamento di piccoli specchietti dietro all’oggetto trasparente.
Dal suo primo maestro, ha imparato non solo la tecnica, ma anche come relazionarsi tanto con i clienti quanto con gli assistenti. Tornato in Italia, è rimasto per anni a Milano, lavorando prima in un’agenzia fotografica e iniziando poi il suo percorso come fotografo professionista. Tra le sue tante collaborazioni, figurano quelle con Accademia di Brera di Milano, Fashion Research Italy, Laurent-Perrier.
Oggi vive e lavora a Bologna. Oltre alla fotografia artistica, si occupa di fotografia aziendale, advertisment, ritrattistica, fotografia di interni.
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