L’ombra Joan Crous, opera vetro riciclato storia Guernica
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L’ombra di Joan Crous, un’opera in vetro riciclato per immergersi nella storia e nel simbolo del Guernica

Un dialogo con l’artista catalano specializzato nella lavorazione del vetro, da oltre 25 anni a Bologna

L’ombra Joan Crous, opera vetro riciclato storia Guernica
Scritto da Redazione The Plan -

Ombra è una parola dalle tante sfaccettature di significato: poca luminosità, oscurità, contorno indistinto ma anche simulacro del corpo. «Ombra è curiosità, apertura, immaginazione… è presenza sospesa. Ma ombra è anche paura, mancanza, ignoto e, soprattutto, è un pronostico». È dalla riflessione sul concetto di ombra, dunque, e sul suo portato simbolico che è nata l’opera L’ombra di Joan Crous, un’installazione di grande formato realizzata in frammenti di vetro e terra. È l’ombra del Guernica di Pablo Picasso, una scelta che deriva proprio dalla volontà di riprenderne il suo messaggio ancora vivo a distanza di anni; «perché Guernica è una vera icona, un paesaggio che non tramonta – sono le parole dello stesso artista catalano –. Guernica che evoca e fa riemergere il simbolo di ciò che rappresenta».

L'ombra, Joan Crous Courtesy of Joan Crous

Di origine catalana ma a Bologna dagli anni dell’università, Crous si è nel tempo specializzato nella lavorazione del vetro frequentando diverse realtà internazionali del settore e approfondendo diverse tecniche di restauro e di conservazione. In questo percorso, una tappa fondamentale è stata la messa a punto, nel 1994, di una tecnica di lavorazione del vetro del tutto personale, capace di sposarsi con il concetto di «fragilità dell’operare umano e di fugacità del tempo». Ma, oltre che artista, Crous è anche co-fondatore della cooperativa sociale Eta Beta di Bologna e gestore di un angolo di città come quello di Spazio Battirame.

Inaugurata a metà maggio, con la sua prima mostra a Bologna accompagnata dalle note della musica di Pino Jodice, L’ombra viaggerà per le istituzioni e i musei di Spagna, Francia e Italia per tutto il corso del 2022. Ne abbiamo parlato direttamente con l’autore.

L'ombra, Joan Crous Courtesy of Joan Crous

L’ombra, un’opera simbolo del recupero e della memoria sotto diversi punti di vista, sia quello simbolico e del messaggio trasmesso, sia quello dei materiali.

«Ho lavorato a questo progetto per oltre tre anni, un progetto che ho voluto e deciso io, sebbene sia solito lavorare molto anche per le fondazioni o i musei. È composta da quasi due tonnellate di vetro, per un’opera di sette metri di lunghezza e quasi quattro di altezza. L’ispirazione è arrivata proprio da quanto successo in Spagna con il bombardamento di Guernica: il dipinto di Pablo Picasso, ora, è molto più di un’opera, è un simbolo. Ed è a quest’ultimo che mi sono ispirato, trattandolo con il massimo rispetto, a partire dalle grandi dimensioni. Non una briciola di vetro ho comprato per la sua realizzazione, perché è tutto vetro riciclato, che ho per così dire incontrato».

 

Sarà un’opera itinerante. Dove la si potrà vedere?

«Dopo l’inaugurazione, la si potrà vedere ad Alba, in occasione dell’evento dedicato all’economia circolare Circonomia e alla sua rassegna GrandArte per affrontare la sfida del cambiamento climatico attraverso la lente dell’arte. Lì rimarrà per due mesi, per spostarsi poi alla Biennale di Venezia a Casa Goldoni. Poi andrà a Barcellona e, ancora, in Francia. È un’opera fondamentale della mia traiettoria artistica, ma che ho sentito la necessità di far partire proprio da Bologna, la mia città, da dove nasce la mia cooperativa: un luogo sociale come il Villaggio del fanciullo».  

L'ombra, Joan Crous Courtesy of Joan Crous

La sua è anche una delle voci protagoniste della monografia Togetherness dello studio Rizoma Architetture, edito da THE PLAN Editions. Un libro che affronta nel profondo il legame tra architettura e socialità, il progetto in relazione alle persone. Che collaborazione è stata per lei?

«Quasi non me lo aspettavo. Sono un artista scultore, non un architetto; e non potrei permettermi di immaginare un modo per trasformare gli spazi da architetto. Quel che so, però, è che lo Spazio Battirame è vissuto attualmente da oltre cento persone al giorno, con tante culture e vissuti diversi. Siamo riusciti a far rivivere una zona della città completamente degradata, fino a farla diventare una delle più particolari della città».

 

Qui arte e cultura degli spazi si intrecciano e, allo stesso tempo, torna il valore del recupero come nel caso dell’opera L’ombra.

«Soprattutto nella vita di tutti i giorni. Essendo una cooperativa sociale veniamo in contatto con la quotidianità, con i fatti di ogni momento. Questo significa essere contenitori di persone, non solo portatori di una visione dello spazio. Siamo portatori di una visione del contenuto all’interno di uno spazio, perché all’interno di questo spazio ci viviamo giorno dopo giorno. Non siamo costruttori, anche se questo spazio l’abbiamo costruito insieme, ma siamo ciò che viene dopo, siamo tutte le persone che lo vivono. Il progetto, però, lo si è portato avanti insieme, ad esempio, in stretto contatto con Federico Scagliarini. Con lui ci siamo confrontati tante volte, come anche con gli altri architetti, il tutto per rispettare la storia di un luogo che, come emerge dal libro, ha vissuto tre vite: una stalla con la sua vita contadina all’inizio, una grande tensostruttura in un territorio rurale poi. La terza vita è partita proprio da una riflessione su questo stravolgimento, per creare invece un angolo per una comunità. Oggi vi lavorano più di 50 dipendenti e altre centinaia di persone al giorno che vi orbitano, creando così un’economia legata al luogo, ovvero alla periferia di Bologna. Qui abbiamo reso preziosi i materiali di recupero: non solo per economia della materia, ma anche e soprattutto per un suo rispetto. Recuperiamo il legno, i metalli, il vetro, tutti materiali che reputo, anzi reputiamo, nobili. Tutti hanno la possibilità di vivere più di una vita. Spazio Battirame è questo, un contenitore di anime».

L'ombra, Joan Crous Courtesy of Joan Crous

>>> Scopri Togetherness e la sua presentazione ufficiale con i protagonisti della monografia.

 

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Credits

Photo: courtesy of Joan Crous

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