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La forma della professione

Un prontuario per le aule del futuro e i Centri di Formazione Professionale

Diverserighestudio

La forma della professione
Scritto da Redazione The Plan -
Ha partecipato al progetto Diasen

Degli ambienti educativi e del loro valore pedagogico negli ultimi tempi si è più volte parlato, tanto tra progettisti e architetti, quando tra le comunità dei docenti; basti pensare al periodo pandemico e a quello subito successivo per un ripensamento degli spazi didattici. Tuttavia, gli architetti di diverserighestudio e i protagonisti dell’ampia rete di Scuola Centrale Formazione hanno sentito la necessità di sviluppare un ragionamento più aderente alle specificità didattiche e organizzative dei Centri di Formazione Professionale (CFP), contesti educativi particolarmente orientati alle didattiche esperienziali. È nato così il volume intitolato La forma della professione, edito da THE PLAN, del Gruppo Maggioli, il cui obiettivo è quello di poter diventare una sorta di prontuario valido per tutti i CFP e le realtà educative che si riconoscono in uno stile formativo simile.

«Questa tensione alla concretezza – si può leggere nella prefazione – ha determinato un’impostazione del lavoro animata da due forze motrici, nella quale l’elemento architettonico ha riconciliato l’elemento pedagogico con il proprio spazio di azione. Una progettazione condivisa che ha coinvolto appunto alcuni CFP della rete di SCF, gli architetti di diverserighestudio, esperti del settore e diverse realtà educative che sono state oggetto di studio e che hanno costituito un bacino di confronto generativo e variegato».

A dare vita al volume, infatti, ognuno con un contributo specifico sulla base delle esperienze individuali, oltre allo studio guidato da Simone Gheduzzi e a SCF (associazione che agisce a livello nazionale e internazionale nel campo della formazione professionale e che dal 2019 porta avanti un lavoro strutturato di ripensamento di setting formativi coerenti con didattiche attive, aperte al territorio e work based), anche il gruppo di lavoro guidato da Luigi Ferrara, direttore della School of Design del George Brown College e Institute without Boundaries di Toronto, e come partner Fondazione Golinelli e Diasen, azienda guidata da Diego Mingarelli. Ognuno ha dato il proprio contributo nello scorrere dei capitoli che, a partire da esperienze pregresse, casi studio selezionati ad hoc per la loro qualità architettonica ed educativa, sono arrivati a proporre un modello di aula (e più in grande di scuola e di plesso scolastico) del futuro, capace di prevedere in sé ulteriori sviluppi e ampliamenti per le necessità e le esigenze del domani. 

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Dalle esperienze pregresse alla fase operativa

Alla base del volume e, ancor prima, della progettazione architettonica, vi è la convinzione, da parte degli autori, di una bellezza quale elemento fondamentale per la valorizzazione delle persone (degli studenti e dei docenti in questo caso). Nello specifico, come si può leggere anche nel volume, uno studente che abita una scuola bella non solo avrà sensazioni positive, ma si sentirà gratificato sulla base di una semplice riflessione: «Lo hanno fatto anche per me? Allora valgo!».

Su questi valori si sono scelte anche le esperienze pregresse da trattare quali esempi virtuosi e i casi studio da cui prendere spunto: un esempio su tutti l’Opificio Golinelli di Bologna, un ecosistema aperto che è anche il riflesso della mission e dell’organizzazione dell’omonima Fondazione che porta il nome del filantropo Marino Golinelli. Nata nel 1988, Fondazione Golinelli ha creato negli anni un ecosistema a favore della cultura e dello sviluppo del nostro Paese, operando in tutti gli ambiti in cui l’innovazione si innesta nel tessuto socio-economico, dalla cultura all’educazione, dalla formazione alla ricerca e all’accelerazione di startup. Da qui, dunque, il contributo in questo volume, in particolare nell’approfondimento delle qualità dell’Opificio Golinelli, ma anche del suo incubatore e acceleratore di giovani imprese G-Factor.

Tornando all’Opificio e come spiegato dalla stessa Fondazione, questo integra in modo coerente le attività di educazione, formazione, ricerca, trasferimento tecnologico, incubazione, accelerazione, venture capital, divulgazione e promozione delle scienze e delle arti. Inaugurato nel 2015 e progettato da diverserighestudio, nasce grazie a un intervento di riqualificazione di uno spazio industriale di 9.000 m2, che oggi ospita laboratori, aule didattiche, uffici, spazi per esposizioni e workshop, più un grande auditorium.

Nei capitoli dedicati alle fasi operative e rielaborative, attraverso il processo di partecipazione prima e di sintesi architettonica poi, i concetti teorizzati in principio prendono forma concreta. L’apice di questo processo è la definizione di un prototipo di CFP e di aula del futuro, con tanto di caratteristiche architettoniche e arredi integrati. Il prototipo, a sua volta, si pone l’obiettivo di fungere da matrice di confronto con tutte le specifiche declinazioni della teoria nei singoli spazi dei CFP di Scuola Centrale Formazione.

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Dal metodo charrette agli attributi dello spazio

Per arrivare a un prototipo di CFP e di aula del futuro, un contributo importante è arrivato dal professor Luigi Ferrara. I suoi progetti sono perlopiù realizzati in modo collaborativo e per 40 anni ha sviluppato una metodologia progettuale che riconosce questa realtà. Attraverso strumenti sviluppati e testati negli anni con studenti, docenti, colleghi e clienti, ha così ideato un approccio progettuale basato su alcuni punti chiave: ecologia dell’innovazione, utilizzo di linee del tempo, definizione di scadenze, progettazione dello spazio, processo avanzato di sviluppo di soluzioni, simulazioni in scala, interattive e modulari generative ed evolutive e charrette, ovvero periodi intensi di attività di progettazione partecipata. Charrette che, come si potrà apprezzare ancor più dalla lettura del volume, ha contribuito in modo determinante nel progetto. Uno dei vantaggi principali è quello di riuscire ad allineare comunità diverse, coinvolgendole per brevi periodi di tempo in esercizi di creazione per visualizzare e simulare potenziali futuri.

Come anticipato, la sfida della contemporaneità è quella di pensare le scuole e le aule come luoghi di bellezza, all’interno dei quali questo stesso elemento e tutti gli altri legati al comfort vanno a rappresentare dei catalizzatori di apprendimento. Da qui, dunque, è nato l’articolato approfondimento a cura di Diego Mingarelli, AD di Diasen, sulla bellezza degli spazi, sul comfort acustico e visivo, sulle scelte materiche e cromatiche. Ciascuna di queste componenti, lungi dal rispondere solo a un fabbisogno di armonizzazione estetica, ha infatti un risvolto sull’apprendimento e sull’intelligenza emotiva di chi vive quotidianamente gli spazi educativi.

«La scuola, per i valori che incarna e le prospettive che può e deve dischiudere alle nuove generazioni – hanno concluso da Diasen – rappresenta uno spazio fisico e simbolico rilevante e proiettato nel futuro. Creare ambienti adeguati all’apprendimento non rientra, quindi, in un’idea facile e semplificata del costruire, ma chiama in causa una modalità di progettazione in cui le ragioni del comfort trovano una declinazione urgente e concreta».


 

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