All'incrocio tra utopia e pragmatismo, la sua architettura ha la capacità di alimentare l'immaginazione con una visione afro-futurista. Una visione e una filosofia, queste, proprie e identitarie dell’architetto, educatore e attivista sociale Diébédo Francis Kéré, ragione della sua vittoria del Pritzker Architecture Prize 2022. Ad annunciare la decisione della giuria, quest’anno presieduta da Alejandro Aravena, già vincitore del medesimo premio nel 2016, è stato il presidente di The Hyatt Foundation, Tom Pritzker, sponsor del premio considerato, a livello internazionale, il più alto riconoscimento del settore dell’architettura.
«La speranza è di portare a un cambio di paradigma – sono le parole lasciate dallo stesso Kéré in occasione dell’annuncio –, di spingere le persone a sognare e a sottoporsi al rischio. Non è che se si è ricchi, allora si può sprecare materiale. Non è che se si è poveri, allora non si può ambire a creare qualità. Tutti meritano la qualità, tutti meritano il lusso e tutti meritano il comfort. Tutti sono interconnessi l’uno con l’altro e le preoccupazioni per il clima, per la democrazia e per la scarsità sono preoccupazioni che riguardano tutti».
Il suo lavoro, dunque, in un certo senso la sua missione nel pensare l’architettura come un servizio per l’umanità e l’uguaglianza a tutte le latitudini del mondo, è lo specchio di quanto promosso dal premio stesso, proprio come ha sottolineato Tom Pritzker:
«Francis Kéré è un pioniere dell’architettura, pensata e voluta sostenibile per la terra e i suoi abitanti, in zone di estrema scarsità. Egli è allo stesso tempo architetto e servitore, migliorando la vita e le esperienze di innumerevoli cittadini in regioni del mondo a volte dimenticate. Attraverso edifici che dimostrano bellezza, modestia, audacia e invenzione, ma anche grazie all’integrità della sua architettura e del suo gesto, Kéré sostiene con grazia la missione di questo premio».
Con un approccio olistico, rispettoso del territorio e delle caratteristiche sociali, l’obiettivo è comunque quello di creare soluzioni sempre forgiate dal tempo presente e dal contesto, ammettendo pertanto anche qualcosa di «mai stato prima».
Il primo senso e il primo valore dell’architettura sono scaturiti durante l’infanzia: Kéré, nato a Gando, nel Burkina Faso, è cresciuto in una zona dove l’asilo non c’era e dove la comunità tutta era considerata la propria famiglia. Ognuno, infatti, si prendeva cura dell’altro. «Ricordo la stanza dove mia nonna si sedeva e raccontava storie con un po' di luce, mentre noi ci stringevamo l’uno all’altro e la sua voce dentro la stanza ci racchiudeva, chiamandoci ad avvicinarci e a formare un luogo sicuro – ha raccontato –. Questo è stato il mio primo senso dell'architettura».
Attraverso il suo impegno per la giustizia sociale e l’uso di materiali locali per connettersi e rispondere al clima naturale, non si è mai tirato indietro nel lavorare in paesi talvolta carichi di vincoli, dominati da una notevole scarsità di risorse e di infrastrutture.
Sebbene nel corso della propria vita abbia viaggiato e vissuto a lungo in territori lontani dalla propria patria, uno su tutti a Berlino, la sua mente e il suo approccio non ha mai abbandonato i principi più saldamente legati al Burkina Faso. Anche per questo e, allo stesso tempo, riconoscendo il proprio privilegio, ha creato la fondazione Schulbausteine für Gando, più tardi rinominata Kéré Foundation, con il sogno di raccogliere fondi e sostenere il diritto allo studio dei minori e la possibilità di godere di adeguati edifici scolastici. Ecco che il suo primo edificio, Gando Primary School, è stato costruito da e per la popolazione di Gando.
Come detto, grande attenzione è sempre stata dedicata agli edifici scolastici, ma anche alle strutture sanitarie e mediche. Il suo penultimo progetto, proprio per il Burkina Faso, precisamente per il villaggio di Koudougou, è stato completato nel 2021: si tratta del Burkina Institute of Technology, un istituto di formazione superiore per le scienze informatiche e l’ingegneria elettronica, il quale si inserisce in una più ampia area dedicata proprio all’educazione e alla formazione all’interno di diversi edifici.
È questo un esempio del suo impegno continuativo in opere diffuse in tutto il territorio africano, di un denso percorso professionale che l’ha portato nel tempo a vincere anche altri premi, come il recente Thomas Jefferson Foundatio Medal in Architecture del 2021. Il suo, in estrema sintesi, è un viaggio che continua all’insegna delle risorse locali come fondamento dell’architettura, della razionalità nel coniugare funzionalità, qualità, quotidianità e bellezza.
La giuria, composta da Alejandro Aravena (presidente), Barry Bergdoll, Deborah Berke, Stephen Breyer, André Aranha Corrêa do Lago, Kazuyo Sejima, Wang Shu, Benedetta Tagliabue e Manuela Lucá-Dazio in qualità di Executive Director, ha ribadito come l’intero corpus di opere di Francis Kéré sia capace di mostrare «il potere della materialità radicata nel contesto. I suoi edifici, per e con le comunità, appartengono chiaramente a quelle comunità – nella loro creazione, nei loro materiali, nei loro programmi e nei loro caratteri unici. Sono legati al terreno su cui si siedono e alle persone che siedono dentro di loro. Hanno una presenza senza pretese e un impatto modellato dalla grazia. In questo senso Kéré ha sviluppato un vocabolario architettonico ad hoc, altamente performativo ed espressivo: tetti doppi, torri eoliche, illuminazione indiretta, ventilazione trasversale e camere d’ombra (anziché finestre, porte e colonne convenzionali) non solo sono diventate le sue strategie principali, ma hanno effettivamente acquisito lo status di dignità architettonica».
Un messaggio è arrivato anche da parte di Martha Thorne, preside della IE School of Architecture and Design ed Executive Director del Pritzker fino all'anno scorso:
«Francis Kéré, vincitore del 2022, riflette un'evoluzione molto positiva dei premi d'architettura e, in particolare, del premio Pritzker, iniziata alcuni anni fa. L'architettura non può più essere vista come un semplice oggetto nel paesaggio. L'architettura e gli architetti possono e devono essere trasformativi. Francis Keré mostra chiaramente che si può servire tutte le comunità, anche e soprattutto le più bisognose, attraverso un buon design, e sottolinea il suo approccio responsabile verso gli ambienti a tutti i livelli, rispettando l'ambiente naturale globale, il contesto locale e le persone che useranno i suoi edifici. È una voce fresca e necessaria che indica la strada verso il vero ruolo dell'architettura».
Francis Kéré ha vinto dunque il Pritzker Architecture Prize 2022 dopo due edizioni consecutive andate a coppie di architetti, Anne Lacaton and Jean-Philippe Vassal nel 2021 e Yvonne Farrell and Shelley McNamara nel 2020.
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