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I padiglioni da non perdere alla Biennale Architettura 2025

Le più significative partecipazioni nazionali dell'edizione curata da Carlo Ratti secondo THE PLAN

I padiglioni da non perdere alla Biennale Architettura 2025
Scritto da Redazione The Plan -

Con il tema Intelligens. Natural. Artificial. Collective., la Biennale Architettura 2025, a cura di Carlo Ratti, invita ad attingere ai diversi tipi di intelligenza per ripensare all’ambiente costruito e alle sfide climatiche attuali. Alla 19. Mostra Internazionale di Architettura, visitabile fino al 23 novembre a Venezia, sono presenti oltre 750 partecipanti e 66 Paesi, con mostre allestite nei padiglioni ai Giardini (26), all’Arsenale (25) e nel centro storico di Venezia (15). Sono quattro i Paesi che nel 2025 partecipano per la prima volta alla Biennale: Azerbaigian, Qatar, Repubblica del Togo e Sultanato dell’Oman.

Ecco i padiglioni nazionali da non perdere secondo THE PLAN.

 

Albania: "Building Architecture Culture"

© Andrea Rossetti, courtesy Padiglione Albania


Curato da Anneke Abhelakh, il Padiglione dell'Albania presenta Building Architecture Culture, un percorso articolato che ripercorre passato, presente e futuro del rapporto tra architettura, società e politica nel Paese. Suddiviso in tre parti distinte – Passato, Presente e Futuro – il padiglione riflette la storia di una nazione che, dopo la caduta della dittatura avvenuta nel 1992, si apre a una nuova libertà creativa, con l’architettura che assume un ruolo chiave nel processo di rinnovamento sociale e culturale del Paese.

 

Arabia Saudita: "The Um Slaim School: An Architecture of Connection"

Courtesy Architecture and Design Commission, commissario del Padiglione Nazionale Arabia Saudita


Intitolato The Um Slaim School: An Architecture of Connection, il Padiglione dell'Arabia Saudita, ideato dallo studio Syn Architects (Sara Alissa e Nojoud Alsudairi) e curato da Beatrice Leanza e Sara Almutlaq, mette in evidenza l’attività del collettivo Um Slaim, attivo nel quartiere omonimo di Riyadh, focalizzandosi sulla documentazione e sulla ricerca riguardante l’architettura vernacolare indigena Najdi, presente nella regione del Najd.

Il padiglione si presenta come un archivio dinamico e uno spazio di incontro comunitario, volto a riflettere sull’architettura come strumento di apprendimento collettivo. La mostra comprende sperimentazioni materiche, fotografie d’archivio e contemporanee, modelli, film e un’opera sonora, tutte alimentate dalla pratica e dalla ricerca di Syn Architects e del collettivo Um Slaim.

 

Argentina: "Siestario"

Padiglione Argentina, 'Siestario', a cura di Paula Melâneo, Pedro Bandeira, Luca Martinucci, Catarina Raposo ©Andrea Avezzù, courtesy of La Biennale di Venezia

© Andrea Avezzù, courtesy La Biennale di Venezia


Siestario
, il Padiglione dell'Argentina, è uno spazio onirico che sospende il tempo e invita alla pausa, all’immobilità, interrompendo il ritmo frenetico della Biennale offrendo un momento di sospensione, come una siesta collettiva. Questa pausa rappresenta per i curatori Paula Melâneo, Pedro Bandeira, Luca Martinucci, Catarina Raposo e il videoartista Nuno Cera, un atto di opposizione alla vita accelerata e alle esigenze di produttività, trasformandosi in un’esperienza collettiva.

Al centro del padiglione, un sacco di sabbia per silo invade lo spazio richiamando un residuo di un’altra realtà, un frammento dell’economia argentina, sospeso nella memoria. Il silo si trasforma in un supporto per il riposo, un morbido materasso di plastica che accoglie i corpi in silenzio. Il padiglione diventa così un luogo di riflessione sul tempo, sul desiderio e sulla collettività, uno spazio sospeso tra sogno e realtà.

 

Austria: "Agency for Better Living"

© Luca Capuano, courtesy of La Biennale di Venezia


Il Padiglione Austria, intitolato Agency for Better Living e progettato da Josef Hoffmann, rappresenta un'opera d'arte completa che esplora il tema dell’abitare e della convivenza sostenibile. La mostra, curata da Sabine Pollak, Lorenzo Romito e Michael Obrist, si svolge in due installazioni parallele che evidenziano due concept di coabitazione. Da un lato, il modello di edilizia sociale organizzato dallo Stato, basato sulle migliori pratiche di pianificazione degli alloggi a Vienna; dall'altro, un modello informale di riuso e reinterpretazione dell'infrastruttura esistente a Roma.

Le "storie di vita" di Vienna e Roma vengono raccontate attraverso film, fotografie e testi di accompagnamento, che creano un dialogo tra i due approcci, in modo da interrogarsi su che cosa possano apprendere l'uno dall'altro.

 

Bahrain: "Canicola"

© Andrea Avezzù, courtesy La Biennale di Venezia


Il Padiglione del Bahrain, Canicola, curato da Andrea Faraguna e premiato con il Leone d’Oro per la miglior Partecipazione Nazionale, offre una proposta concreta per affrontare condizioni di calore estremo, in risposta alla necessità di fronteggiare temperature sempre più alte a causa del cambiamento climatico. Il padiglione utilizza metodi tradizionali di raffreddamento passivo tipici della regione, che richiamano le torri del vento e i cortili ombreggiati.

 

Bulgaria: "Pseudonature"

Padiglione Bulgaria, a cura di Iassen Markov Immagine concettuale courtesy Iassen Markov

Immagine concettuale courtesy Iassen Markov


Controlliamo davvero la natura o siamo in bilico sul limite delle sue forze in continua evoluzione? A sollevare questa domanda, il Padiglione della Bulgaria con l’installazione sperimentale Pseudonature, all'incrocio tra natura e tecnologia, realtà e simulazione. Ideata da Iassen Markov, l'opera mette in discussione il futuro della sostenibilità in un mondo nel quale i  processi naturali sono sempre più mediati dall'intelligenza artificiale e dall'intervento umano.

Una macchina per la produzione di neve artificiale, alimentata a energia solare, copre un intero cortile seppellendo i pannelli che la sostengono. Il sole è al tempo stesso creatore e distruttore, alimentando il sistema mentre ne cancella il risultato. Questo ciclo autoregolante rivela il fragile equilibrio della tecnologia sostenibile: più il sole è forte, più il sistema funziona in modo efficiente, ma con l'accumulo di neve la produzione di energia  rallenta, richiedendo un costante adattamento alle condizioni mutevoli.

 

Canada: "Picoplanktonics"

© Valentina Mori, courtesy Canada Council for the Arts


L’esposizione Picoplanktonics, presentata dal Canada Council for the Arts e curata dal Living Room Collective, mira a esplorare il potenziale di collaborazione tra esseri umani e natura attraverso strutture viventi stampate in 3D contenenti cianobatteri capaci di immagazzinare il carbonio. La mostra rappresenta un esperimento di costruzione rigenerativa, che mette in evidenza la relazione reciproca tra strutture viventi, ambiente e umani invitandoci a riflettere su un modello di architettura e costruzione che favorisca la cooperazione tra i diversi sistemi naturali, promuovendo un ethos ecologico e innovativo per il futuro.

All’ingresso del padiglione, i visitatori possono ammirare le strutture, create in un laboratorio del Politecnico Federale di Zurigo, tramite una piattaforma di biofabbricazione all’avanguardia, in grado di stampare strutture viventi su scala architettonica. Per favorire la crescita e la mutazione dei cianobatteri, il padiglione è stato equipaggiato con opportuni sistemi di illuminazione, umidità e calore; per tutta la durata della mostra, inoltre, sono presenti in loco operatori dedicati alla cura e alla gestione delle strutture.

 

Cina: "CO-EXIST"

© demone, courtesy MAD


Il Padiglione della Cina
, intitolato CO-EXIST e curato da Ma Yansong, fondatore dello studio di progettazione MAD, rappresenta un'interessante esplorazione della relazione tra la filosofia spirituale tradizionale cinese e le tecnologie moderne. Ideato in un contesto di transizione globale dalla civiltà industriale all’era dell’intelligenza artificiale, il padiglione si propone come un ponte tra passato e futuro.

Dodici espositori interdisciplinari, ispirati alle tradizioni locali cinesi, utilizzano l’immaginazione e le filosofie orientali per reinterpretare il patrimonio culturale attraverso opere che mirano a riconnettere emozione e natura, creando un dialogo tra le radici culturali e le sfide del mondo post-modernista.

 

Danimarca: "Build of Site"

Padiglione Danimarca, 'Build of Site', a cura di Soren Pihlmann © Marco Zorzanello, courtesy La Biennale di Venezia

© Marco Zorzanello, courtesy La Biennale di Venezia


Curato dall'architetto Søren Pihlmann, il Padiglione della Danimarca presenta la mostra dal titolo Build of Site. Questo progetto si focalizza su un approccio sostenibile all’edilizia, proponendo soluzioni potenzialmente applicabili a livello globale. Il padiglione si sviluppa attraverso due edifici storici: l’edificio di Carl Brummer del 1932 e l’ampliamento di Peter Koch del 1958. Durante la Biennale, il sito si trasforma in un vero e proprio cantiere, mettendo in evidenza un processo di riuso e recupero delle risorse esistenti, in collaborazione con esperti della Royal Danish Academy, dell’Università di Copenaghen, dell’Università Tecnica della Danimarca e dell’ETH di Zurigo

La mostra mira così a dimostrare come l’uso di tecnologie avanzate, materiali biologici e riciclati possa rivoluzionare l’approccio all’architettura sostenibile. Verranno illustrate metodologie per il recupero e il riutilizzo di materiali considerati rifiuti, utilizzando il padiglione come esempio in scala 1:1 e in tempo reale, offrendo ai visitatori l’opportunità di osservare e sperimentare un metodo di progettazione e costruzione che valorizza materiali locali ed esistenti.

 

Emirati Arabi Uniti: "Pressure Cooker"

© Ola Allouz, courtesy Padiglione degli Emirati Arabi Uniti


Intitolato Pressure Cooker e curato da Azza Aboualam, il Padiglione degli Emirati Arabi Uniti esplora il rapporto tra architettura e produzione alimentare nel Paese. La mostra indaga come diverse soluzioni innovative possano contribuire a una produzione di cibo più sostenibile, a livello sia individuale sia comunitario, in un contesto di clima arido e della crescente minaccia climatica.

Il progetto propone una reimmaginazione delle serre adattate ai climi aridi, offrendo nuove prospettive sulla sicurezza alimentare ed evidenziando il ruolo cruciale dell’architettura nel rispondere alle esigenze di un futuro sempre più incerto.

 

Germania: "STRESSTEST"

©Patricia Parinejad, courtesy Padiglione Germania


Con un'esposizione intitolata STRESSTEST, la Germania affronta il tema del surriscaldamento globale e del suo drammatico impatto sulla vita urbana e sull'ambiente costruito come minaccia concreta e immediata. Curato da Nicola Borgmann, Elisabeth Endres, Gabriele G. Kiefer e Daniele Santucci, l'allestimento si struttura in diverse sezioni che combinano elementi visivi, sensoriali e interattivi, rendendo evidente la gravità della crisi climatica urbana, e sottolineando l’importanza di un approccio olistico e collaborativo per costruire un futuro più sostenibile.

 

Giappone: "IN-BETWEEN"

Padiglione Giappone, Jun Aoki courtesy of la Biennale di Venezia

© Luca Capuano, courtesy La Biennale di Venezia


Il Padiglione del Giappone, curato dall’architetto Jun Aoki, si distingue per la sua coerenza teorica e la chiarezza visiva nell’affrontare il tema IN-BETWEEN. Progettato come un spazio di ascolto piuttosto che di dominio o controllo, il padiglione esplora con consapevolezza le relazioni complesse tra umano e non umano, naturale e artificiale. Il concept centrale si basa sul termine giapponese ma, che indica lo spazio tra due elementi, un intervallo carico di tensione e possibilità. Questo spazio diventa metafora delle relazioni tra uomo e macchina, tra natura e tecnologia, in un dialogo senza retorica, ma eticamente consapevole. 

Elemento chiave è il foro quadrato nel pavimento, simbolo di conoscenza frammentata e snodo visivo che collega i diversi livelli espositivi. Al piano superiore, cinque monitor propongono un’ipotesi di futuro: un’intelligenza artificiale relazionale, ideata da Fujikura e Ohmura, dialoga con elementi architettonici che riflettono su spazio, tempo, cura e coabitazione. Si tratta di una finzione non di una vera intelligenza artificiale, pensata per stimolare il pensiero critico e l’immaginazione.

 

Gran Bretagna: "GBR: Geology of Britannic Repair"

Padiglione della Gran Bretagna, 'GBR: Geology of Britannic Repair', a cura di Owen Hopkins, Kathryn Yusoff, Kabage Karanja e Stella Mutegi © Marco Zorzanello, courtesy La Biennale di Venezia

© Marco Zorzanello, courtesy La Biennale di Venezia


GBR: Geology of Britannic Repair: si intitola così il Padiglione della Gran Bretagna, curato da Owen Hopkins, Kathryn Yusoff, Kabage Karanja e Stella Mutegi, con esposizioni di cave_bureau, Palestine Regeneration Team (PART), Mae Ling Lokko & Gustavo Crembil, Thandi Loewenso. Il progetto, premiato dalla giuria della Biennale Architettura 2025 con una menzione d'onore, esplora il ruolo dell’architettura in quelli che possono essere definiti come gli “imperi della geologia”, segnati da forme di estrazione responsabili di ineguaglianza, ingiustizie e degrado ambientale. Al tempo stesso, viene riconosciuto il potenziale dell’architettura nel generare riparazione, risarcimento e rinnovamento.

 

Islanda: 'Lavaforming'

Padiglione Islanda, 'Lavaforming', a cura di Arnhildur Pálmadóttir ©Andrea Avezzù, courtesy La Biennale di Venezia

© Andrea Avezzù, courtesy La Biennale di Venezia

Il Padiglione islandese presenta il progetto Lavaforming, patrocinato da Iceland Design and Architecture e curato da Arnhildur Pálmadóttir, fondatrice di s.ap architects. Il progetto si ispira alla particolare geologia dell’Islanda, situata su una faglia che divide due zolle tettoniche, caratterizzata da frequenti eventi sismici e vulcanici. 

La visione immagina un futuro (ambientato nel 2150) in cui, sfruttando i flussi lavici come risorsa rinnovabile, si possa costruire un’intera città in poche settimane, evitando attività estrattive dannose e l’uso di energie non rinnovabili. La colata lavica diventerebbe così una risorsa preziosa e sostenibile per le fondamenta urbane, rappresentando un cambiamento di paradigma nel settore dell’architettura e dell’edilizia. 

 

Italia: "TERRÆ AQUÆ. L'Italia e l'intelligenza del mare"

Padiglione Italia, Guendalina Salimei courtesy of la Biennale di Venezia

© Andrea Avezzù, courtesy La Biennale di Venezia

Il Padiglione Italia, intitolato TERRÆ AQUÆ. L'Italia e l'intelligenza del mare, approfondisce il rapporto tra terra e mare, simbolo della posizione centrale dell’Italia nel Mediterraneo e della sua sfaccettata identità. Curata dall'architetto Guendalina Salimei, l’esposizione tratta il tema della sostenibilità delle coste italiane e dei Paesi circostanti, evidenziando come acqua e terra, natura e artificio siano elementi strettamente interconnessi che influenzano l’identità, l’equilibrio ambientale, culturale ed economico del nostro Paese.

Attraverso un approccio interdisciplinare, la curatrice propone di utilizzare l’architettura come strumento di sviluppo di strategie collaborative e sostenibili per la salvaguardia delle coste italiane, invitando a ripensare le infrastrutture costiere e portuali con soluzioni innovative per affrontare le attuali sfide globali. La mostra coinvolge un ampio spettro di progettisti, artisti, ricercatori e giovani talenti, innescando un dibattito aperto su progetti di riqualificazione e innovazione paesaggistica.

 

Lettonia: "Landscape of Defence"

Padiglione Lettonia, 'Landscape of Defence', a cura di Jākobsone e Ilka Ruby ©Andrea Avezzù, courtesy La Biennale di Venezia

© Andrea Avezzù, courtesy La Biennale di Venezia


Con Landscape of Defence, curato da Liene Jākobsone e Ilka Ruby, e progettato dagli studi Sampling e Nomad Architects, il Padiglione della Lettonia si propone come un’indagine profonda della vita al confine esterno della NATO, esplorando l’intersezione tra geopolitica, architettura e condizione sociale.

Vivere ai margini di un confine fortificato significa convivere con misure di difesa che, oltre a essere strumenti militari, si trasformano in elementi che modellano lo spazio e l’esperienza quotidiana delle comunità locali. Attraverso installazioni che richiamano ricci di filo spinato e denti di drago in cemento, il padiglione evidenzia la poetica delle barriere, portando alla luce come queste misure, spesso percepite come semplici difese, abbiano un impatto concreto e visibile sui paesaggi e sulle vite delle persone che vivono lungo il confine.

 

Messico: "Chinampa Veneta"

Padiglione Messico, 'Chinampa Veneta', a cura di José María Bilbao Rodríguez ©Andrea Avezzù, courtesy La Biennale di Venezia

© Andrea Avezzù, courtesy La Biennale di Venezia


Il Padiglione del Messico presenta Chinampa Veneta, un’iniziativa che nasce come risposta alla crisi ecologica globale, promuovendo, attraverso un parallelismo tra le antiche tecniche agricole mesoamericane e le sfide attuali, una riflessione su come abitiamo, coltiviamo e progettiamo. Il padiglione, commissionato da José María Bilbao Rodríguez, è stato realizzato dal Chinampa Veneta Collective, raggruppamento che inclue: Estudio Ignacio Urquiza and Ana Paula de Alba, Estudio María Marín de Buen, ILWT, Locus, Lucio Usobiaga Hegewisch & Nathalia Muguet, Pedro&Juana.

Il progetto si basa sul sistema delle chinampas, un metodo di agricoltura ancestrale di oltre 4000 anni, originario della regione di Xochimilco, vicino a Città del Messico. Le chinampas sono isole artificiali costruite in laghi poco profondi, formate da blocchi rettangolari di sedimenti, fango e vegetazione che ospitano coltivazioni di fiori, ortaggi e altri alimenti. Questi ecosistemi creano un paesaggio geometrico affascinante e ricco di biodiversità, grazie alla formazione di canali e alle loro funzioni ecologiche, come il rifugio per la fauna, la cattura del carbonio, la purificazione dell’acqua e la produzione di cibo e ossigeno.

 

Oman: "Traces"

Courtesy of Sultanato dell'Oman


L'edizione 2025 segna il debutto alla Biennale del Sultanato dell'Oman. Intitolato Traces, il padiglione dell'Oman è curato dall'architetta omanita Majeda Alhinai e si ispira al Sablah, uno spazio tradizionale omanita di incontro comunitario. La forma curva e organica del padiglione crea variazioni spaziali di compressione e apertura, favorendo un ambiente fluido e privo di confini convenzionali. Realizzato interamente in alluminio grezzo mediante un sistema personalizzato di pannelli piegati e tagliati, il padiglione presenta perforazioni precise che derivano da pattern astratti ispirati a pratiche culturali omanite, come l'intreccio di foglie di palma, le porte di legno scolpite e la geometria ramificata del sistema di irrigazione Falaj.

Un aspetto importante del progetto risiede nella sua possibilità di venire completamente disassemblato: ogni componente è progettato per essere rimosso e ricomposto senza perdita di materiale, rendendo il padiglione facilmente trasportabile e riutilizzabile. Dopo la Biennale, l'intera struttura sarà installata in Oman, dove manterrà la sua funzione di spazio civico.

 

Perù: "Living Scaffolding"

Padiglione Perù, 'Living Scaffolding', a cura di Alex Hudtwalcker insieme a Sebastian Cilloniz, José Ignacio Beteta e Gianfranco Morales © Andrea Avezzù, courtesy La Biennale di Venezia

© Andrea Avezzù, courtesy La Biennale di Venezia


Living Scaffolding
è il tema del Padiglione del Perù, che omaggia le tradizioni ancestrali e l’ingegno collettivo delle comunità del Lago Titicaca, in particolare degli Uros e degli Aimara. L’installazione si ispira a un luogo unico al mondo: le isole galleggianti degli Uros, costruite e rigenerate con la totora, una pianta endemica delle acque del lago, che permette alla comunità di vivere in armonia con l’ambiente circostante, tra equilibrio, spiritualità e collaborazione.

Il progetto, curato dall’architetto Alex Hudtwalcker insieme a Sebastian Cilloniz, José Ignacio Beteta e Gianfranco Morales, nasce dall’incontro tra le tecniche tradizionali degli Uros e la sapienza nautica degli Aimara, come patrimonio di conoscenze che si tramanda nel tempo. L’antica tecnica di intreccio della totora diventa simbolo di una costruzione collettiva: una grande impalcatura in legno, evocativa delle imbarcazioni degli Aimara, delle strutture subacquee delle isole Uros e delle palafitte veneziane, invita i visitatori a “immergersi sotto la struttura”, rivelando le fondamenta invisibili di civiltà e architettura. Il padiglione ospita inoltre contenuti audiovisivi realizzati sul lago Titicaca, con immagini e interviste che raccontano le storie delle comunità e dei loro saperi. 

 

Polonia: "Lari e Penati: sul costruire un senso di sicurezza in architettura"

© Jacopo Salvi, courtesy La Biennale di Venezia

Il Padiglione della Polonia propone un’indagine antropologica che esplora le componenti emotive e razionali delle pratiche costruttive e abitative. Curata da Aleksandra Kędziorek, storica dell’arte e curatrice, con gli artisti Krzysztof Maniak e Katarzyna Przezwańska e l’architetto Maciej Siuda, l’esposizione si intitola Lari e Penati: sul costruire un senso di sicurezza in architettura. La mostra mette in luce i riti e le pratiche tradizionali tramandate in Polonia, e le strutture e i dispositivi moderni, come le uscite di emergenza, certificati dei vigili del fuoco, sistemi di allarme e lucchetti.

Il padiglione si distingue per un percorso fra elementi simbolici tradizionali, come una candela sulla finestra che protegge dalla tempesta, una ghirlanda di cantiere che scaccia gli imprevisti, o un’antica soglia recuperata in un paesino, e dispositivi di sicurezza contemporanei, come l’asta da rabdomante o lo spioncino alla porta, creando un dialogo tra pratiche rituali e normative. L'intento è quello di invitare a riflettere sul rapporto tra i confini fisici e simbolici dell’abitare, tra rituale e normativa, tra emozione e razionalità, in un percorso che mette in luce come l’architettura continui a essere un gesto di protezione e di costruzione di senso.

 

Portogallo: "Paraíso, hoje."

 Courtesy Padiglione del Portogallo

© Nuno Cera, courtesy Padiglione del Portogallo


Con l'installazione Paraíso, hoje., il Padiglione Portogallo invita a riflettere sul concetto di "paradiso" nel contesto contemporaneo, attraverso un approccio che unisce arte, architettura, scienza, tecnologia e cultura. L’installazione si configura come un’esperienza immersiva e interattiva, articolata lungo due momenti principali: un ambiente fisico e digitale, e un atlante di immagini

Il progetto – curato da Paula Melâneo, Pedro Bandeira e Luca Martinucci, con l’assistenza curatoriale dell'architetta paesaggista Catarina Raposo e del videoartista Nuno Cera – invita a considerare come, nonostante le crisi sociali e ambientali, il nostro mondo possa ancora essere percepito come un “paradiso”, un luogo di possibilità e bellezza. La mostra sottolinea le contraddizioni del territorio portoghese, tra la bellezza delle sue coste e le pressioni dell’urbanizzazione, della speculazione e dello spopolamento dell’entroterra, evidenziando la responsabilità dell’architettura nel promuovere pratiche sostenibili e consapevoli.

 

Qatar: "'Beyti Betak. My home is your home. La mia casa è la tua casa"

© Jacopo Salvi, courtesy La Biennale di Venezia


Alla sua prima partecipazione alla Biennale, il Qatar presenta la mostra Beyti Betak. My home is your home. La mia casa è la tua casa, a cura di Aurélien Lemonier e Sean Anderson. L'esposizione tratta il tema dell’ospitalità e dell'accoglienza, esplorando come queste siano integrate nell’architettura nelle diverse tradizioni architettoniche e artistiche della regione MENASA (Medio Oriente, Nord Africa e Asia meridionale).

Al centro dell'esposizione si trova l'installazione Community Centre, progettata dall’architetta pakistana Yasmeen Lari. Realizzata interamente in bambù, l’opera rappresenta un esempio di architettura sostenibile e adattabile che riflette le tecniche tradizionali e le innovazioni contemporanee.

 

Santa Sede: "Opera Aperta"

©Andrea Avezzù, courtesy of La Biennale di Venezia


Intitolato Opera Aperta, il Padiglione della Santa Sede è stato premiato dalla giuria della Biennale con una menzione speciale e si presenta come un laboratorio sperimentale, uno spazio sociale teso a promuovere il restauro e lo scambio culturale. Il progetto è stato curato da Marina Otero Verzier, curatrice e ricercatrice, e Giovanna Zabotti, direttrice artistica di Fondaco Italia e già curatrice del Padiglione Venezia, con gli studi di progettazione Tatiana Bilbao Estudio di Città del Messico e MAIO Architects di Barcellona.

Nel decennale della pubblicazione della Lettera Enciclica Laudato si’ di Papa Francesco e in linea con il tema guida della Biennale, il Padiglione Vaticano interpreta l’architettura come un atto di cura e responsabilità condivisa, capace di rispondere alle sfide sociali ed ecologiche contemporanee.

 

Turchia: "Yerebasan"

Padiglione Turchia, 'Yerebasan', a cura di Ceren Erdem e Bilge Kalfa © Luca Capuano, courtesy La Biennale di Venezia

© Luca Capuano, courtesy La Biennale di Venezia


Il Padiglione della Turchia, coordinato dalla Fondazione di Istanbul per la Cultura e le Arti (İKSV), presenta la mostra Yerebasan, curata da Ceren Erdem e Bilge Kalfa. L’esposizione invita a esplorare le molteplici proprietà del suolo, andando oltre la sua funzione di risorsa o superficie edificabile, e mettendo in luce il suo ruolo come portatore di memoria, spazio vitale e terreno di resistenza.

Yerebasan invita i visitatori a riflettere sul suolo come soggetto attivo: un elemento che si muove, resiste e stabilisce relazioni. La mostra si distacca così dalla tradizionale rappresentazione spaziale dell’architettura, stimolando un pensiero critico e creativo sul nostro rapporto con la terra.

 

Stati Uniti: "Porch: An Architecture of Generosity"

©Tim Hursley, courtesy gli organizzatori di "PORCH: An Architecture of Generosity"


Un’interpretazione contemporanea del tradizionale porch americano: così si presenta il Padiglione USA. intitolato appunto PORCH: An Architecture of Generosity. Costruito in legno massiccio prefabbricato e terra battuta di provenienza veneziana, il portico viene rappresentato come uno spazio di accoglienza, un’estensione aperta e inclusiva della casa, un’interfaccia tra vita domestica e spazio pubblico. Il progetto è stato sviluppato da un team multidisciplinare composto da Marlon Blackwell Architects, Stephen Burks Man Made, D.I.R.T. studio e TEN x TEN.

Organizzata dalla Fay Jones School of Architecture and Design dell’Università dell’Arkansas, in collaborazione con DesignConnects e il Crystal Bridges Museum of American Art e co-curata da Peter MacKeith, Susan Chin e Rod Bigelow, l'opera invita a considerare l’architettura come uno strumento di generosità e prossimità, rendendo il padiglione una struttura permeabile e aperta, che incentiva l’incontro e il dialogo tra le persone, trasformandosi in un vero e proprio spazio di comunità.

 

In copertina: Padiglione Italia, a cura di Guendalina Salimei. © Andrea Avezzù, courtesy La Biennale di Venezia
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