È il collettivo femminile māori Mataaho Collective ad aggiudicarsi il Leone d’Oro per il miglior partecipante alla 60. Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia, con l'opera Takapau, mentre il Padiglione Australia, a cura di Ellie Buttrose, conquista il Leone d’Oro per la miglior Partecipazione Nazionale, grazie al progetto kith and kin dell’artista aborigeno Archie Moore.
Karimah Ashadu, artista nigeriana d’origine e londinese d’adozione, classe 1985, vince il Leone d’Argento per un promettente giovane partecipante alla 60. Esposizione Internazionale d’Arte con due opere: la scultura Wreath e il video Machine Boys.
Sono state inoltre assegnate tre menzioni speciali: alla Partecipazione Nazionale della Repubblica del Kosovo e alle partecipanti Samia Halaby e La Chola Poblete.
La cerimonia di premiazione si è tenuta a Ca’ Giustinian sabato 20 aprile, in concomitanza con l'inaugurazione della Biennale Arte di Venezia 2024, dal titolo Stranieri Ovunque - Foreigners Everywhere. Curata da Adriano Pedrosa, l'esposizione sarà visitabile ai Giardini, all’Arsenale e in tutti gli spazi collaterali fino al 24 novembre.
I vincitori sono stati decretati da una giuria internazionale, composta da Julia Bryan-Wilson (USA), presidente di giuria, Alia Swastika (Indonesia), Chika Okeke-Agulu (Nigeria), Elena Crippa (Italia) e María Inés Rodríguez (Francia/Colombia).
Come già annunciato lo scorso novembre, su proposta del curatore Adriano Pedrosa, il Leone d’Oro alla carriera è stato attribuito all’artista brasiliana Anna Maria Maiolino, italiana di nascita, e all’artista turca Nil Yalter, residente a Parigi.
Leone d’Oro per la miglior Partecipazione Nazionale all’Australia
In questo quieto padiglione di grande impatto, Archie Moore ha lavorato per mesi per disegnare a mano con il gesso un monumentale albero genealogico della First Nation. Così 65.000 anni di storia (sia registrata che perduta) sono iscritti sulle pareti scure e sul soffitto, invitando gli spettatori a riempire gli spazi vuoti e a cogliere la fragilità intrinseca di questo archivio carico di lutto. In un fossato d'acqua galleggiano i documenti ufficiali redatti dallo Stato. Risultato dell’intensa ricerca di Moore, questi documenti riflettono gli alti tassi di incarcerazione delle persone delle Prime Nazioni. Questa installazione si distingue per la sua forte estetica, il suo lirismo e la sua invocazione per una perdita condivisa di un passato occluso. Con il suo inventario di migliaia di nomi, Moore offre anche un barlume alla possibilità di recupero.
Leone d’Oro per il miglior artista a Mataaho Collective
Il Collettivo Maori Mataaho ha creato una luminosa struttura intrecciata di cinghie che attraversano poeticamente lo spazio espositivo. Facendo riferimento alle tradizioni matrilineari dei tessuti, con la sua culla simile a un grembo, l'installazione è sia una cosmologia che un rifugio. Le sue impressionanti dimensioni sono una prodezza ingegneristica che è stata resa possibile solo dalla forza e dalla creatività collettiva del gruppo. L'abbagliante modello di ombre proiettate sulle pareti e sul pavimento rimanda a tecniche ancestrali e fa pensare a usi futuri delle stesse.
Leone d’Argento per un promettente giovane partecipante a Karimah Ashadu
Karimah Ashadu, con il suo video Machine Boys e la relativa scultura in ottone, Wreath, stravolge le ipotesi di genere sullo sguardo e su ciò che è considerato appropriato commemorare. Con un'intimità bruciante, cattura la vulnerabilità di giovani uomini provenienti dal nord agrario della Nigeria, emigrati a Lagos e finiti a bordo di mototaxi illegali. La sua lente femminista è straordinariamente sensibile e intima e cattura l'esperienza subculturale dei motociclisti e la loro precarietà economica. Montato con maestria per mettere in evidenza e criticare sottilmente la performance della mascolinità in mostra, il video rivela l'esistenza marginale dei motociclisti attraverso l’attenzione sensuale dell’artista alle superfici della macchina, della pelle e della stoffa.
La prima menzione speciale è stata attribuita alla Partecipazione Nazionale della Repubblica del Kosovo, che alla Biennale Arte presenta il progetto The Echoing Silences of Metal and Skin dell’artista Doruntina Kastrati. L'installazione, allestita al Museo Storico Navale di Venezia, «fa riferimento al lavoro industriale femminilizzato e all'usura del corpo delle donne lavoratrici».
La giuria ha inoltre assegnato due menzioni speciali ai partecipanti Samia Halaby e La Chola Poblete. Artista, insegnante e attivista palestinese, Samia Halaby è nata nel 1936 a Gerusalemme e vive a New York: «Il suo impegno nella politica dell'astrazione si è sposato con la sua costante attenzione alla sofferenza del popolo palestinese». L'argentina La Chola Poblete, prima artista queer a ricevere questo riconoscimento, «si impegna con un certo umorismo in un lavoro critico sulle storie di rappresentazione coloniale da una prospettiva trans-indigena».
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Images courtesy of La Biennale di Venezia