Anno 1974. Sono passati cinquant’anni da quando il processo di produzione delle piastrelle in ceramica è cambiato per sempre. In quell’anno Marazzi, azienda appunto specializzata nella produzione ceramica, ha rivoluzionato il settore grazie a un brevetto tecnologico quale la monocottura rapida. Un salto in avanti dunque non solo per l’azienda e non solo per gli addetti ai lavori, che ha affascinato molto presto anche il fotografo – oggi ultra novantenne – Gianni Berengo Gardin, molto conosciuto non solo per la sua documentazione architettonica ma anche per la sua fotografia sociale.
Proprio lui, una volta trovatosi immerso in tale ambiente industriale, rimase colpito soprattutto dalla velocità produttiva, da quel nastro trasportatore dove colori, forme e disegni sembrano mescolarsi insieme in un unico vortice. A differenza di molti altri contesti industriali nei quali Berengo Gardin si era già trovato a lavorare e a scattare, in Marazzi il soggetto del progetto è diventato fin da subito il ritmo colorato della produzione.
Per omaggiare il mezzo secolo di storia del brevetto della monocottura rapida è stata realizzata una mostra dal titolo Gianni Berengo Gardin. Marazzi, le linee veloci, una raccolta degli scatti che lo stesso fotografo ha realizzato nel 1977 come documentazione di un approccio innovativo e rivoluzionario. Parte della 24esma edizione del festivalfilosofia, l’esposizione curata da Alessandra Mauro sarà visibile fino al 31 dicembre (è stata prorogata dopo un'iniziale data di chiusura fissata a inizio novembre) all’interno delle prestigiose Sale della Musica, degli Incanti e dei Sogni di Palazzo Ducale a Sassuolo, nel Modenese, parte del patrimonio di Gallerie Estensi.
Gianni Berengo Gardin. Marazzi, le linee veloci è una prima assoluta: per la prima volta, infatti, una selezione di 42 opere viene esposta con l’intento di mostrare, attraverso gli scatti fotografici, non soltanto la capacità nell’uso del colore – piuttosto raro in Berengo Gardin – ma anche la velocità di un lavoro che cambia costantemente.
«Mi fu chiaro subito come la sfida professionale fosse quella di riuscire a cogliere il flusso veloce dei colori, la scia dinamica delle forme – ha sottolineato Gianni Berengo Gardin –. Il colore, che ho usato sempre poco, si imponeva, quindi, come scelta. Provai inoltre a lavorare in modo diverso da quel che normalmente facevo. Qui cambiavo spesso la distanza, avvicinandomi molto ai soggetti, per riuscire a cogliere i dettagli, i frammenti di quel che vedevo e realizzare così foto diverse dalle altre: sognanti, colorate, quasi astratte. Sono grato a Marazzi per avermi lasciato libero di realizzare delle fotografie come queste, astratte, che anticipano in qualche modo un approccio concettuale inusuale a quell’epoca nella foto industriale in cui, in genere, veniva richiesto una documentazione più oggettiva, documentaria, del prodotto. Una festa per gli occhi e, per me, un lavoro molto originale».
Le immagini sono dunque tasselli di un affresco fotografico che prende forma all’interno dello spazio del lavoro: uno spazio che da concreto diventa a sua volta astratto, all’interno del quale si muove, in un flusso dinamico, un carosello incalzante, una danza di colori e di forme.
Berengo Gardin in questa serie fotografica «abbandona la giusta distanza del fotografo sociale, quella che da sempre lui utilizza per ritrarre le persone, si avvicina agli ingranaggi e realizza una serie di visioni macro per un racconto quasi astratto fatto di elementi isolati, di forme dinamiche, di strisce di colore che girano e si perdono, di mani sapienti che si muovono sui nastri – ha sottolineato anche la curatrice Mauro –. Con questo corpus di immagini realizzato per Marazzi, l’autore dimostra non solo di riuscire a muoversi come sempre con attenzione esatta e sottile poesia, ma di riuscire anche a fermare, in tanti frammenti di secondo, il tempo colorato e veloce del lavoro che cambia».
«La relazione tra la produzione di Marazzi e le espressioni artistiche delle arti visive, dell’architettura, della moda e del design, è una storia che più volte si è intrecciata e ha incontrato grandi maestri dell’obiettivo, come Luigi Ghirri, Charles Traub o Cuchi White, e della matita, come Gio Ponti, Nino Caruso o Paco Rabanne, lasciandoli ogni volta liberi di sperimentare e di raccontare Marazzi dal loro punto di vista – ha aggiunto Mauro Vandini, amministratore delegato di Marazzi Group –. È un’emozione riscoprire in queste fotografie di Gianni Berengo Gardin, la fabbrica di allora e quell’attitudine alla sperimentazione che Marazzi ha continuato a coltivare nel tempo, affiancando alla ricerca di nuovi prodotti e processi, la promozione di letture differenti, personali, d’autore, della ceramica e del lavoro, che rappresentano oggi per noi un patrimonio inestimabile, accumulato in ormai 90 anni di storia, e una fonte inesauribile di ispirazione».
Gianni Berengo Gardin. Marazzi, le linee veloci è anche il titolo del volume pubblicato da Marazzi Group e Contrasto, con testi di Alessandra Mauro e Gianni Berengo Gardin, che raccoglie una selezione di 42 opere della serie fotografica realizzata nel 1977 per l’azienda.
Per maggiori info: www.marazzi.it
Individual photo credits are included in each gallery image
© Gianni Berengo Gardin e Marazzi Group