La plastica da risorsa insostituibile nel secondo dopo guerra, è diventata oggi un serio problema per l’ambiente. Molte delle plastiche che usiamo quotidianamente nelle nostre case, quando non vengono inserite nella filiera del riciclaggio, finiscono per inquinare i mari e gli oceani.
In questo articolo vi mostriamo due soluzioni che architetti e ricercatori hanno sviluppato per affrontare il problema dell’inquinamento degli oceani in maniera ecologica e sostenibile.
Nell’arcipelago Cocos (Keeling), a sud dell’Australia, nell’Oceano Pacifico, l’aumento dell’inquinamento dovuto ai residui plastici sta danneggiando l’intero ecosistema, intrappolando e uccidendo la maggior parte dei paguri che sono una specie molto importante per l’ambiente tropicale, la cui scomparsa potrebbe avere un impatto significativo su tutti gli ecosistemi circostanti.
Margot Krasojević Architects ha ideato e sviluppato un'infrastruttura in grado di gestire e aggregare l'accumulo di rifiuti di plastica presenti negli oceani. Attraverso un software che simula la corrente oceanica, lo studio è stato in grado di mappare le dinamiche di accumulo dei rifiuti plastici negli oceani. Questo è stato un punto di partenza fondamentale per capire come raccogliere questi rifiuti e utilizzarli in modo costruttivo. Da qui è nata l’idea di trasformare questa plastica in materiale da costruzione per un hotel galleggiante che evolve la sua struttura in parallelo con l’accumulo dei rifiuti che serviranno da base galleggiante per la struttura turistica.
L'isola sarà costituita da sacchi di rete realizzati con la plastica riciclata derivata dai rifiuti raccolti nell’Oceano. L’intera struttura sarà ancorata al fondo dell'oceano mentre sabbia e limo verranno depositati sulla zattera galleggiante di plastica per rendere l’isola ospitale. Sul suolo verranno piantati alberi di mangrovie le cui radici cresceranno attorno ai sacchi di plastica riciclata per creare una struttura stabile, infatti le mangrovie sono spesso utilizzate come metodi di difesa dalle inondazioni a causa della loro resistenza.
L'hotel offrirà una serie di stanze coperte e aree campeggio. Le docce utilizzeranno acqua di mare filtrata e distillata pompata nella struttura grazie all'energia solare. L’intera isola sarà un progetto altamente sostenibile capace di recuperare le plastiche inquinanti sparse per l’Oceano pacifico.
Il ricercatore Marco Caniato, della Facoltà di Scienze e Tecnologie unibz, è riuscito a sfruttare un estratto dell’alga agar agar che combinato con polveri di plastica, derivate dai rifiuti marittimi, dà origine ad un prodotto che può essere utilizzato come isolante negli edifici.
Le microplastiche secondarie, ovvero i frammenti di plastica di dimensioni inferiori ai 5 mm che derivano dall’utilizzo e dall’abbandono di oggetti come buste o bottiglie di plastica, rappresentano circa il 68 - 81% delle microplastiche presenti negli oceani (fonte: Parlamento Europeo).
Nel 2017 l’ONU ha dichiarato la presenza di 51mila miliardi di particelle di microplastica nei mari della Terra: “500 volte più numerose di tutte le stelle della nostra galassia”. In tutto il mondo, i mari sono stati descritti come una delle aree più inquinate da micro e macroplastiche. Di conseguenza il trattamento e la gestione del ciclo di vita dei materiali plastici si sono trasformati in un problema enorme.
Un prodotto inventato e brevettato da Marco Caniato, ricercatore e docente della Facoltà di Scienze e Tecnologie (gruppo di ricerca del prof. Andrea Gasparella) che si è rivelato estremamente promettente nella battaglia contro la dispersione ambientale delle microplastiche. Caniato ha utilizzato un biopolimero che si è dimostrato estremamente efficace come isolante termico e acustico per applicazioni industriali, civili e marittime.
In collaborazione con l’Università di Trieste, utilizzato un estratto dell’alga agar agar, un polisaccaride normalmente usato come gelificante naturale della consistenza di un gel che, dopo essere stato addizionato con carbonato di calcio, può essere mescolato alla plastica polverizzata.
Dopo la gelificazione, i campioni vengono congelati a -20 °C per 12 ore e infine liofilizzati per rimuovere l’acqua. Il risultato finale è un materiale poroso che può essere utilizzato, ad esempio, al posto della lana di roccia. Ma non è solo il prodotto ad essere eco-compatibile. Il processo di realizzazione prevede infatti il riciclo dell’acqua che viene raccolta al termine della liofilizzazione, dopo lo scongelamento.
“Le prove di caratterizzazione che abbiamo condotto hanno confermato che il prodotto possiede ottime proprietà isolanti e che può facilmente competere con gli isolanti tradizionali come la lana di roccia o le schiume poliuretaniche”, afferma Caniato, “abbiamo dimostrato che un approccio sostenibile, più pulito ed ecologico, può essere usato per riciclare i rifiuti marini e per costruire con un materiale ecologicamente ed economicamente conveniente”.
L’articolo scientifico - Acoustic and thermal characterization of a novel sustainable material incorporating recycled microplastic waste -.
Un biopolimero che sfrutta i materiali plastici per realizzare una schiuma adatta all’isolamento acustico e termico delle abitazioni.
Foto del maeriale e del ricercatore Marco Caniato.
Immagini concesse da: Stabsstelle Presse und Veranstaltungsmanagement. Ufficio Staff stampa e organizzazione eventi. Freie Universität Bozen – Libera Università di Bolzano.
Un hotel galleggiante di Plastica a largo della costa australiana
Architetto: Margot Krasojević
Foto © Margot Krasojević