Segni d’architettura a Castelvetrano: Palazzo Deca
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Segni d’architettura a Castelvetrano: Palazzo Deca

Orazio La Monaca

Segni d’architettura a Castelvetrano: Palazzo Deca
Scritto da Francesco Pagliari -

Il nuovo edificio comunale a Castelvetrano si colloca nella parte nordoccidentale della città siciliana. Il progetto di Orazio La Monaca, elaborato insieme a Santo Giunta, Leonardo Tilotta e Simone Titone, segue linee di ricerca di rilevante significato, per la nuova costruzione che, insieme ad altri edifici pubblici in corso di realizzazione, insiste su un terreno confiscato alla mafia: una rilettura contemporanea di caratteri architettonici del tessuto costruito stratificato nella città storica, in primis gli elementi che contraddistinguono l’antico Palazzo comunale nel centro urbano. Necessario corollario di tale metodologia progettuale è l’ambizione di costituire con l’architettura della Casa Comunale un luogo di vivibilità urbana, uno spazio riconoscibile di ordine e composizione, al limitare della zona edificata e nella prospettiva paesaggistica che si pone come orizzonti di riferimento la campagna di uliveti, un lago, in lontananza il Mar Mediterraneo della classicità antica, manifesta nella straordinaria rilevanza dei Templi e dell’acropoli di Selinunte. Se questo è l’orizzonte geografico e concettuale, il progetto per la Casa Comunale definisce una porzione urbana in senso compiuto, attraverso un edificio che si eleva nel paesaggio e costituisce un riferimento d’orientamento, un’idea di riconoscibilità per caratteri di forma ed eleganza. La rilettura dell’antico Municipio di Castelvetrano conduce a riflettere sulle connotazioni che il tempo conferisce all’architettura, il tempo che diviene forma di radicamento dell’architettura in un contesto urbano di grande raffinatezza, per i valori costitutivi dello spazio pubblico che collega palazzi e chiese nel centro antico. Elementi di connessione e di intreccio, elementi di configurazione specificamente architettonica: il Palazzo comunale antico apre un maestoso portale su una via di collegamento, conglobando transito e rappresentatività, e si caratterizza per un solido coronamento a muro pieno che sovrasta l’ordine superiore delle finestre, una fascia che propone la pura consistenza geometrica e la fisicità dell’architettura come dato di astrazione dell’assetto decorativo. La Casa Comunale rinnova ipotesi di traduzione nella contemporaneità, agganciandosi al terreno con l’intreccio dei volumi e degli spazi: i piani di transitabilità si pongono a livelli diversi, la strada passante segna una permeabilità vigorosa dell’insieme architettonico, il volume dell’edificio in sé emerge nella coniugazione di una geometria elementare nella definizione dei contorni a parallelepipedo e di un’articolazione che scava ed arricchisce la forma all’interno della sagoma. Appare evidente la fascia superiore piena, a concludere come una trabeazione astratta il ritmo lineare del prospetto est, nell’edificio che si sviluppa su sei piani fuori terra e un piano seminterrato accessibile al pubblico, al livello della strada passante. Alla ragione compositiva si accompagna la ragione funzionale, in quanto il sesto livello di piano offre spazi di servizio e spazi aperti, come una serie di terrazze ed ambienti rivolti al corridoio centrale a pergolato, ottimali per ristoro e mensa aperta al pubblico. Il rapporto col paesaggio è fondamentale, un nucleo essenziale nella configurazione architettonica, espresso con lucidità nella struttura compositiva del sesto piano: la fascia “piena” che contraddistingue la Casa Comunale mostra sul fronte ovest due aperture, quasi feritoie orizzontali, e sul prospetto nord si distende la grande apertura - priva di vetrata - che consente di interrogare con lo sguardo l’estensione pittorica del paesaggio, inquadrato in una cornice, come un dipinto. Relazioni di spazi “segreti”, intense esperienze. Sul fronte sud, l’edificio si articola con uno scavo nel volume, arretrando la parete di confine fra il terzo e il sesto livello. Si forma una grande “nicchia”, all’interno del volume virtuale del parallelepipedo: le relazioni fra pieni e vuoti, fra rientranze ed aggetti formano contrasti progettati, che si possono assimilare ad una ricerca di un senso di decoro astratto attraverso la sovrapposizione di elementi geometrici e volumetrici, proiettando la simulazione di una stratificazione storica. Appare una sequenza verticale di finestre; le ampie finestre quadrate disassate, in aggetto crescente all’interno della rientranza, producono l’eccezione visiva e volumetrica nel tessuto regolare della finestre rettangolari e a filo di parete che si dispongono sui prospetti dell’edificio. Un’architettura delle ambivalenze: radicamento al suolo, con una pianta a livello seminterrato che si estende a C nella serie di uffici a pareti vetrate e compone una piazza urbana lastricata, e sopraelevazione nella piastra al livello di piano terra, accessibile attraverso percorsi e scale aperti che offrono scorci di nuvole e di cielo; la gravitas della fascia piena all’ultimo livello di piano in contrasto con arretramenti di parete ai piani inferiori; trabeazioni virtuali e reali che determinano processi di distinzione degli elementi architettonici in correlazione alle prospettive di cielo e paesaggio.

Analogie progettuali si verificano nel Palazzo Deca, per uffici e residenze, situato a Castelvetrano a poca distanza dalla nuova casa Comunale. Nell’ideazione di Orazio La Monaca, l’edificio accetta il forte dislivello del terreno fra le due vie parallele e lo rende componente di progetto, con i primi due livelli fuori terra che si addossano longitudinalmente alla scarpata. Il volume disegna un parallelepipedo virtuale, in cui si apprezza il rilevante arretramento dei primi due livelli fuori terra e la forma del piano attico con l’evidenza della trabeazione in cemento armato a ricostituire la continuità virtuale del prospetto. Un’architettura che procede per accostamenti significativi, fra pieni e vuoti, fra arretramenti ed aggetti conseguenti, relazionando le parti per contrapposizione. Per i piani residenziali, ad intonaco chiaro, la composizione delle aperture mostra una geometria non irrigidita sugli allineamenti o sulle simmetrie: sul prospetto orientale, i balconi interni al filo di facciata creano grandi aperture formando vere e proprie logge; il prospetto occidentale offre una tessitura di finestre di taglio rettangolare e stretto. Il basamento dei due livelli ad uffici presenta un rivestimento a lastre ceramiche scure, che ne sottolinea il senso di zoccolo, e un’orditura regolare di ampi pannelli quadrati in legno; all’interno di ciascun pannello, si aprono quattro finestre quadrate, in posizione perimetrale secondo un disegno regolare e ripetuto, con conseguenti effetti combinatori d’illuminazione naturale per gli interni. La forma della luce distingue così fra uffici e residenze; allo stesso modo pieni e vuoti si raffrontano in un tessuto di accenti architettonici, fra la superficie piena dell’angolo nord-ovest, risvolto di forte segno, e la smaterializzazione degli angoli al piano attico, segnati dalla trave che inquadra l’edificio e l’orizzonte nel medesimo tempo.

Francesco Pagliari

Luogo: Castelvetrano, Trapani
Committente: Deca Consulting
Anno di Realizzazione: 2008
Superficie costruita: 2070 m2
Architetti: Orazio La Monaca
Collaboratori: Vincenzo Mangiaracina, Francesco Cannova, D’Antoni Rosa Maria, Dina Leone, Francesco La Barbera, Maria Barbera, Benedetto Monachella
Imprese di Costruzione: Archimedil, Cascio Costruzioni

Fornitori
Serramenti in Legno: Desi Legno
Piastrelle: Cia Pirrello

Fotografie: 1/5-7/9-11-13-16 © Lamberto Rubino, 10-12-14-15-17 © Ignazio Marino, 6 © Francesco Pagliari

Orazio La Monaca 
Orazio La Monaca si laurea in Architettura all’Università di Palermo; apre il suo primo studio nel 1990, caratterizzando la propria attività con una particolare attenzione allo studio dei materiali e all’utilizzo della luce nella definizione dello spazio.
Nel 2003 fonda la società a x a = area architettura.
Per la Casa Comunale di Castelvetrano ottiene, nel 2009, il “Premio di Architettura Ance Catania” per un intervento di nuova costruzione, nel 2008 il Premio G.B. Vaccarini “Quadranti d’Architettura” come migliore opera realizzata in Sicilia ed è finalista, per la menzione d’onore, alla III edizione della Medaglia d’Oro all’Architettura italiana (Triennale di Milano, 2009).
Nel 2008, ottiene il Premio Ischia di Architettura alla carriera per la realizzazione di strutture alberghiere ed il Premio G. B. Vaccarini per un’architettura d’interni.
Nel 2010 viene pubblicato il volume “Orazio La Monaca, opere e progetti”, a cura di Luigi Prestinenza Puglisi, nella collana Architetti per le edizioni Edilstampa. Suoi progetti e realizzazioni sono apparsi in riviste e in volumi collettivi. Sue opere sono inserite in esposizioni d’architettura, fra le quali si segnalano: “2010 European Prize for Urban Public Space", a Barcellona; “Project Lebanon”, a Beirut; III edizione della Medaglia d’Oro all’Architettura italiana, Triennale di Milano; XXIII Congresso Mondiale d’Architettura a Torino; 12. Biennale d’Architettura di Venezia, sezione Padiglione Italia, “Ailati. Riflessi dal futuro”.
Nel 2010, alla Casa dell’Architettura di Roma, si tiene l’esposizione “Orazio La Monaca: Opere e progetti”.
Nel proprio percorso professionale, Orazio La Monaca ha realizzato oltre duecento progetti, specializzandosi in strutture alberghiere ed edifici pubblici. In corso di realizzazione: l’Albergo Seltur; la ristrutturazione dell’attività ricettiva Case di Calzata a Campofelice di Roccella (Pa), con beauty-farm; il Gogò, un centro polifunzionale che ospita al suo interno self-service, lounge-bar e libreria Mondadori.
Ha recentemente ricevuto incarichi di progettazione per la realizzazione di un albergo, un resort ed edifici abitativi a Zanzibar.

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