Negli anni precedenti il1928, ciascuna nazione, in tutta libertà e senza consultare altri paesi, poteva decidere in merito all'opportunità di farsi promotrice di una esposizione universale o internazionale speciale, stabilendo essa stessa un apposito regolamento che doveva essere rispettato da chi decideva di prender parte alla manifestazione. In questo regime liberale tali manifestazioni si moltiplicarono fin dal 1851 con l'esposizione universale di Londra, ma la loro eccessiva frequenza e l'insufficienza dei regolamenti finirono per creare disagio all'interno dei vari governi nazionali. Un primo documento a carattere internazionale apparve durante l'esposizione universale del 1867 e proponeva un controllo maggiore sulle manifestazioni, una più appropriata messa a punto degli scopi e della durata delle esposizioni. Ma tutto finì con quell'atto e non ebbe alcuna influenza sugli avvenimenti successivi. in questi decenni le esposizioni furono eccessivamente frequenti e i visitatori trovarono ben poco di nuovo da apprendere. Occorreva dunque individuare una soluzione per salvare le esposizioni universali, ormai inflazionate. Dopo l'esposizione del 1900 si formò in Francia un vero e proprio movimento di difensori delle manifestazioni, che dette poi vita nel 1902 al Comitato Francese delle Esposizioni. Tale comitato fu immediatamente copiato dalle altre nazioni, ottenendo subito la fiducia di molti governi che si appoggiarono ad esso per l'organizzazione delle esposizioni. In questo panorama culturale s'innesta lo studio dei padiglioni italiani, che dagli albori delle prime esposizioni ci conduce fino ai giorni nostri, al progetto di Palazzo Italia per l'Expo 2015 di Milano.
Titolo: Studi sul padiglione italiano nelle esposizioni universali
Autore/Autori: Alessandro Bianchi, Lidia Bolgia, Mariagrazia Amendola
Editore: Maggioli SpA
Anno di pubblicazione: 09/2013
Numero di pagine: 194
Collana: Politecnica
Serie: Saggi
Tematica: Architettura
Lingua: Italiano
Codice ISBN: 8838762481
Codice EAN: 9788838762482
Alessandro Bianchi
(Rimini 1969), architetto e dottore di ricerca in Disegno, è docente presso la Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni (AUIC) del Politecnico di Milano dal 2001, e Professore Associato nel Dipartimento di Architettura e Studi Urbani (DAStU). Studia, fra pratica e teoria, le relazioni fra disegno e progetto e dei riflessi sulla rappresentazione dell'architettura e del paesaggio. È autore di numerosi articoli e libri tra i quali: “La città riconoscibile” (Raffaelli Editore, 1999), “Building by Signs/Costruire per Segni: disegno, memoria, progetto” (Editrice Librerie Dedalo, 2003-2010), “Architettura. Linee e controlinee” (Angelo Pontecorboli Editore, 2005), "Studi sul padiglione italiano nelle esposizioni universali” (Maggioli, 2013), "Il Centro Piacentiniano di Bergamo. Dal rilievo urbano alla città contemporanea" (Maggioli, 2018), “Landscape by Signs” (Mimesis International, 2019). Con “La città riconoscibile” e “Architettura. Linee e controlinee” vince il Premio internazionale per saggio edito “Nuove Lettere” 2003 e 2005, promosso dall’Istituto Italiano di Cultura di Napoli. Curatore nel 2013 della mostra e del convegno di studi "Palazzo Te allo Specchio", promosso dal Centro Internazionale d'Arte e Cultura di Palazzo Te alle Fruttiere. Nel 2015 vince il premio per l'innovazione tecnologica del SIE-SAIE Bologna, con il progetto "First Aid Clinic, smart building".
Lidia Bolgia
Mariagrazia Amendola