Gli Hamptons si dimostrano, un’altra volta, luogo di sperimentazione in chiave assolutamente americana della casa di villeggiatura. In effetti possiamo azzardare a dire che la porzione orientale di Long Island, dove per l’appunto si trovano le comunità di Southampton e di East Hampton, rappresenta in epoca contemporanea quella che, all’epoca d’oro della Serenissima, era la Riviera del Brenta fra Padova e Venezia. Allora la borghesia poteva e sapeva mettersi in bella mostra facendosi costruire ville che ben riflettevano quelle smanie di grandezza che Carlo Goldoni ha saputo tramandarci con infinita leggerezza e altrettanta sottile denuncia nelle ineffabili commedie che formano la famosissima Trilogia della Villeggiatura. Qui, invece, sulla costa atlantica, ritroviamo, una accanto all’altra, le ville appartenenti ai personaggi del jet-set mondano e globale che vive abitualmente nella Grande Mela. Ville che tutti conosciamo bene anche se non ci siamo mai stati, perché sono oramai presenti nell’immaginario collettivo grazie a pellicole, serie televisive ed eventi social che le hanno viste per protagoniste. Case enormi, di lusso, spesso vissute solo per la stagione estiva, alle volte per qualche fine settimana, sebbene si trovino a poco più di 100 km da Manhattan. Raggiungibili anche in treno. Case dall’ossatura forte di legno, che vivono del respiro dell’oceano e della luce riflessa sulle dune. Case che, come spesso avviene quando la borghesia si compiace un po’ troppo di se stessa, sono spesso vittime di un’omologazione stereotipa, di un modello archetipico che si rifà alla opulenta casa padronale, quella del proprietario fondiario tipica degli stati del sud, per intenderci, innestato sul semplice schema della casa del pescatore che naviga un oceano ribelle come quello Atlantico. Ecco, lo studio newyorchese SPG, fondato dall’architetto Caroline N. Sidnam cui nel 1994 si...
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