Cibo, vestiti, un posto dove dormire: queste necessità primarie non sono accessibili per molti bambini indiani rimasti orfani. Privi di genitori e tutori, sono costretti a vivere per strada, forzati a lavorare per 16 ore al giorno, mentre la notte può diventare ancora più infernale, in particolare per le bambine. Contro questa atroce realtà si batte l’organizzazione non governativa interreligiosa Maher Trust, fondata nel 1997 da suor Lucy Kurien per aiutare donne e bambini maltrattati e indigenti. Il progetto di studioPPBA per l’orfanotrofio Maher Ashram a Satara, nello Stato del Maharashtra, si fonda sulla convinzione che l’architettura possa colmare la distanza fra i bambini orfani e la società tutta. Per questa ragione, il piano terra dell’edificio è stato pensato come un luogo aperto alla comunità, quasi più una piazza pubblica che il cortile di un orfanotrofio. Al tempo stesso, gli spazi abitativi sono concepiti come fossero quelli di una tradizionale dimora indiana, una casa dove i bambini rimasti soli possano ritrovare emozioni positive, crescere in un ambiente sereno e costruire ricordi d’infanzia gioiosi.
La struttura è organizzata in due volumi con facciate in mattoni a vista, collocati ai lati sud e nord del cortile, grazie al quale gli ambienti interni possono beneficiare di un adeguato apporto di illuminazione e ventilazione naturale. La scala di collegamento tra i vari livelli dell’edificio è stata posizionata sul lato est, in modo da lasciare libera la vista verso le montagne a ovest. La sala da pranzo e la cucina, con i relativi locali di servizio, sono collocate a una quota seminterrata, al di sotto del cortile. Al primo piano si trovano invece una stanza per il gioco e le camere da letto dei bambini e dell’educatrice, e anche una stanza per gli ospiti. Un altro dormitorio occupa il secondo piano, insieme a una biblioteca e a...
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L’editoriale “Architetture della diversità. Reinterpretare la prassi nel Subcontinente Indiano” di Durganand Balsavar...L’architettura come scambio di doni
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Introduzione del curatore Peter Rich, dal titolo “L’architettura come scambio di doni. In piedi sulle spalle delle generazioni passate”....a for architecture
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