Nel corso della storia dell’architettura, la costruzione della tipologia dell’hangar – un padiglione che accoglie e protegge al suo interno aeroplani o dirigibili – trova terreno fertile a partire dagli inizi del Novecento. Le prime tracce di questo racconto sono quelle dettate dal significato etimologico: hangar, deriva dal franco haimgard ovvero “recinto annesso alla casa”. La definizione allude quindi a uno spazio protetto, intimo, situato all’interno dei confini della quotidianità domestica. Si può quindi intuire che la natura del termine non sia legata tanto alla sua funzione originaria, quanto a quella che nell’attualità sta assumendo. Oggi, questi edifici, un tempo utilizzati solo come aviorimesse, vengono trasfigurati assumendo funzioni diverse dalla loro natura fino ad accogliere luoghi della vita quotidiana, favorendo così la riattivazione sociale, assecondando le potenzialità dello spazio e contrastando il degrado dell’area. Volgendo lo sguardo al passato, occorre osservare il lavoro dell’ingegnere francese Eugène Freyssinet che, in questo specifico ambito, rappresenta una delle figure più influenti a cavallo tra Ottocento e Novecento. Negli anni Venti egli realizza due hangar gemelli per dirigibili a Parigi Orly e sperimenta nuovi modelli costruttivi portando oltre i limiti la magia del calcestruzzo armato precompresso. La struttura è costituita da grandi archi parabolici di trecento metri di lunghezza e sessanta di altezza. Provando a restringere il campo d’azione, possiamo notare come l’ingegneria italiana risulti una delle più famose al mondo e si distingua dalle altre per un carattere peculiare: la forte componente umanista. L’ingegnere italiano guarda con ammirazione ai grandi monumenti del passato, alle cupole classiche e alle cattedrali gotiche, ma è anche appassionato di arti...
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