In un bel film di Pedro Almodóvar una famiglia povera si trasferisce a vivere in una grotta. Con grazia il personaggio femminile, magistralmente interpretato da Penélope Cruz, rende quello che prima era un luogo inospitale, un luogo piacevole, persino poetico. Il figlio piccolo è affascinato dalla trasfigurazione materna dello spazio in cui la luce piove dall’alto e sembra come spalmarsi sulla calce bianca che avvolge l’antro, mettendo così in risalto i colorati arredi e utensili che man mano la madre colleziona. La grotta è l’archetipo primario dell’architettura: è il rifugio arcaico per eccellenza in quanto utilizzato sia dagli animali sia dagli uomini. Nell’isola di Ventotene Francesca Capitani e Marco Lanzetta (studio LaCap) ristrutturano una grotta rendendola un pezzo di architettura.
La grotta è ampia, circa 160 m2, e si svolge in profondità; essa è illuminata da una grande bucatura sul soffitto da cui piove la stessa luce del magico film di Almodóvar. La storia di questa grotta si perde nel tempo; prima rifugio, poi deposito, poi luogo per abitare, poi abbandono e oggi luogo per abitare ancora. Il terreno è scosceso e la grotta si incista in esso con delicatezza, una delicatezza che gli autori assumono come principio generatore dell’intervento nel suo complesso. Dall’esterno vediamo un ampio ingresso vetrato a vomitorio che dà su una terrazza attrezzata che appare come il logico riflesso dello spazio interno. Si viene così accolti in un interno di bianco assoluto, avvolgente, che trasfigura l’asperità naturale in quella che possiamo definire una gentilezza artificiale. Interessante il sistema di consolidamento delle pareti della grotta.
Ventotene è un’isola friabile, per la maggior parte composta da rocce sabbiose e da riporti di terra, una composizione questa...
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