Secondo la definizione coniata negli anni Novanta dall’antropologo Marc Augé, gli aeroporti rientrano tra gli esempi di non luoghi, ovvero spazi non identitari, relazionali, storici. Autostrade, svincoli, centri commerciali e aeroporti sono spazi dove una moltitudine di persone si incrocia senza entrare in relazione e dove le caratteristiche storiche e identitarie di un territorio sembrano non influenzarli.
Per l’espansione del Terminal E del Boston Logan International Airport, i progettisti di luis vidal + arquitectos hanno avuto come obiettivo proprio il superamento del concetto di non luogo e la ricerca di un’identità capace di legare la nuova opera alla città di Boston.
Sede di più di 50 istituti accademici e universitari di fama internazionale, di cinque squadre sportive a livello nazionale e tra le prime dieci mete turistiche negli Stati Uniti, Boston ha raggiunto un traffico aereo di oltre 40 milioni di passeggeri annui destinati ad aumentare. Da qui la necessità di dotare il Logan Airport di nuovi quattro gate internazionali per soddisfare una domanda di espansione e modernizzazione e per diventare punto di riferimento nelle connessioni aeroportuali del nord-est.
Il riferimento sportivo ai Red Sox da una parte e la meraviglia dei tramonti riflessi nelle acque della baia dall’altro, sembrano legare la città al colore rosso, ora saturo e pieno, ora cangiante e aranciato. Nel progetto per il Terminal E il rosso diventa il colore che segna le forme e i volumi di un edificio altrettanto simbolico e necessario per la città. Lungi dal voler appesantire e complicare un volume già estremamente esteso e complicato, i progettisti hanno scelto una soluzione tanto semplice, quanto iconica: tre fasce rosso fuoco che sembrano incidere il paesaggio urbano di Boston.
Il piano di espansione e di modernizzazione dell’aeroporto non...
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