HV Pavillon

La casa progettata dagli architetti Alice Gardini e Nicola Gibertini può considerarsi come emblematica della maturità raggiunta dall’architettura italiana negli ultimi quindici anni. Gardini e Gibertini anagraficamente fanno parte di quella che potremmo definire la prima generazione extra nazionale, che ha visto come passaggio essenziale il confronto con il resto d’Europa.

 Confronto i cui risultati sono apparsi meno sconfortanti di quanto appariva in Italia, specialmente se i riferimenti erano quelli della tradizione moderna nazionale afferente ai vari Gardella, Caccia Dominioni, Albini, Libera e altri ancora. Il fatto è che lo sviluppo dell’architettura europea, o almeno di una parte significativa di essa, è andato coincidendo con non pochi dettami della modernità italiana. Proviamo ad elencarli: una chiara impostazione dell’impianto generale, il prediligere quello che Ernst Gombrich definiva il “senso dell’ordine”, il rispetto critico per il contesto in cui l’edificio insiste a cui si aggiungono un utilizzo dei materiali rispettoso della natura degli stessi e un utilizzo parco della tecnologia, concepita sempre come subalterna all’idea generale dell’edificio. 

Per ultimo aggiungerei un’attrazione per quelle che potremmo definire le effrazioni controllate che si traduce in un tocco di eccentricità mai fine a se stesso. Venti anni fa la tendenza sembrava del tutto opposta a questi valori. Era il periodo del decostruttivismo, un’ipotesi questa fondata sulla coincidenza tra architettura e design, sempre alla ricerca di un effetto straordinario capace di sedurre un pubblico sempre più grande. Come si sa il gusto oscilla come un pendolo e alla passione per lo straordinario, per l’anticonvenzionale, per l’irriverente di venti anni fa si sono sostituite passioni opposte, come quella per l’ordinario,...

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