Ci sono tante Roma. L’architettura della città è un palinsesto di forme diverse, persino opposte. La modernità ha amplificato questo carattere fino a portarlo alle volte al parossismo. Prendiamo il quadrante sud della città dove negli anni Trenta venivano ipotizzate due città totalmente diverse tra loro: da un lato lo “strapaese” della Garbatella, un quartiere popolare costruito come se fosse un piccolo centro italiano, con i sui viottoli, le sue piazzette e le sue architetture vezzeggianti e garbate. Vicino allo “strapaese” la “stracittà” dell’EUR, con i suoi edifici in stile imperiale in cui il fascismo intendeva rappresentare la sua apoteosi. Le due città contigue, la Garbatella e l’EUR, convivono con disinvoltura come se fossero necessarie l’una all’altra. In questa improbabile convivenza la lezione di una città difficilmente classificabile, che continua a giustapporre forme e stili di vita diversi tra loro. In questo palinsesto le palazzine romane hanno rappresentato una stagione peculiare dell’architettura romana. Nei casi migliori hanno espresso una modernità cordiale e disimpegnata, affabile ma allo stesso tempo congestionata, ben lontana dai dettami della spaziosa urbanistica moderna. La palazzina non è una tipologia edilizia, nel senso che non è stata concepita con regole urbanistiche precise, ma è il frutto di un ingrandimento di quei villini che il piano urbanistico dei primi anni del secolo scorso prevedeva come configuranti una serie di città giardino intorno al centro storico. Varianti su varianti hanno permesso la trasformazione del villino in palazzina. Il risultato è la città borghese degli anni Sessanta, con acuti e cadute di tono spesso irritanti.
Lo studio It’s, formato da Alessandro Cambi, Francesco Marinelli e Paolo Mezzalama, con sede a Roma,...
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