Casa Ochoalcubo

Nei primi anni di questo secolo, l’architetto e designer cileno Eduardo Godoy fu il promotore di una iniziativa ambiziosa che prevedeva la costruzione di otto case progettate dagli architetti cileni Smiljan Radic, José Cruz, Mathias Klotz, Sebastián Irarrázaval, Cecilia Puga, Teodoro Fernández, Cristián Valdés e Christian de Groote. Chiamato Ochoalcubo (otto alla terza), il progetto si sviluppava all’interno del cosiddetto K Sector del complesso turistico di Marbella, situato tra le aree costiere di Maitencillo e Cachagua, a circa 160 chilometri a nord-ovest di Santiago. Una volta avviato il progetto, Godoy decise di estendere l’invito anche a Rick Joy, Guillaume Jullian e Toyo Ito, ma solo la casa di quest’ultimo, la White O House (2009), venne effettivamente costruita. Le residenze dovevano avere una superficie di circa 300 m² e occupare un sito di 1.500 m².

In risposta ai disastrosi terremoti che hanno colpito la costa cilena il 27 febbraio del 2010 e la regione giapponese di Tōhoku l’11 marzo del 2011, inizialmente stimati di magnitudo di 8.8 della scala Richter, Godoy ha avviato una seconda fase del progetto, chiamata Ochoquebradas (otto crepacci), invitando 16 architetti, otto giapponesi e otto cileni, a progettare una serie di residenze sulle scogliere del Pacifico a Los Vilos, a circa 100 chilometri a nord del sito di Ochoalcubo. A oggi ne sono state costruite tre, la prima da Alejandro Aravena / Elemental (2018) e la seconda da Ryue Nishizawa (2019), entrambi vincitori del Premio Pritzker. Tra gli altri architetti giapponesi coinvolti risultano Kengo Kuma, Sou Fujimoto, Junya Ishigami e Atelier Bow-Wow. La terza di questa serie di case realizzata, e per il momento l’ultima, è stata progettata da Max Núñez. Originario di Santiago, classe 1976, Núñez si è laureato in architettura alla Universidad...

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