Quando si progetta per una comunità si deve tenere conto di tutta una serie di parametri che permettano di rappresentare perfettamente l’immagine che quella comunità ha di sé e quanto voglia comunicare a chi non la conosce. È un processo che il progettista deve sapere controllare bene, perché il risultato dovrà essere molto di più di un mero edificio funzionale con una gradevole estetica: dovrà essere una rappresentazione. Una raffigurazione tridimensionale che dovrà essere correttamente letta sia da chi la osserva sia da chi la frequenta. Una presentazione composta in guisa di un discorso fluido e al tempo stesso preciso che non deve prestarsi a interpretazioni di sorta: un’architettura come testo. Un testo comprensibile a chiunque, qualunque sia la sua estrazione o la sua cultura, che consegni un messaggio preciso e inequivocabile, che deve essere quello e solo quello in cui quella comunità si riconosce. Riuscire in tutto questo non è semplice quando si progettano architetture che hanno a che fare con i temi legati alla società, all’educazione o all’amministrazione e diventa ancor più difficile quando si entra nell’ambito dell’architettura legata alla religione.
La Moschea Baitul Futuh sorge nel distretto di Morden, a Londra, ed è attualmente il più grande luogo di culto islamico in Europa occidentale, capace di ospitare oltre diecimila fedeli sotto la propria cupola d’acciaio inossidabile dal diametro di 18 m. La sua storia è legata alla comunità musulmana Ahmadiyya, rifugiatasi qui dopo essere stata bandita nel proprio paese d’origine. I fedeli si sono tassati per costruire la Moschea nel 2003, su progetto di Sutton Griffin, caratterizzata da un disegno formale molto lineare che si rifà al linguaggio tipico delle architetture musulmane, sottolineato dal colore bianco della pietra...
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