Tra unità di forma e processo compositivo

Alberto Savinio si aggirava per Milano, una città che a prima vista poteva sembrare compatta, come impiantata su sé stessa. Era la prima impressione. Poi nel tempo la città si svelava offrendo le sue contraddizioni, scoprendo così un’inaspettata profondità di campo. Il libro in cui le sue riflessioni prendono corpo, in cui come in una trasmutazione alchemica, la compattezza attraverso l’attenta osservazione, diventava complessità di forma, aveva un titolo significativo: Ascolto il tuo cuore, città. Ascoltare il cuore delle forme urbane, dei suoi edifici: osservare il carattere tipico milanese che si pone oltre le regole di quel decoro urbano che a prima vista appare sovrastante.

Lorenzo degli Esposti è milanese, ma un milanese irrequieto, inappagato dal decoro meneghino. Per lui, come per Savinio, Milano è una città di cui è necessario comprendere ciò che la stessa città ha voluto rimuovere. La poetica di Degli Esposti, che si assocerà con Paolo Lazza, è tutta nella sua formazione. Egli si laurea nella sua città dove continua gli studi di dottorato. All’epoca, al Politecnico di Milano, la scuola urbana – basata sugli studi urbani morfologici e tipologici – imponeva le sue regole. L’ipotesi era che la città fosse portatrice di certezze; sarebbe bastato allora seguire le supposte regole che incarnavano queste certezze per dar vita, come per partenogenesi, a un edificio non tanto bello, quanto “giusto”. A ben vedere l’ipotesi allora era quella di una stabilità della forma urbana che non solo si sarebbe dovuta rispettare, ma anche congelare. Ma sin dai tempi di Boito e Persico è l’instabilità il carattere prevalente dell’architettura italiana, così gli stessi perpetuatori della forma urbana congelata, quasi sbadatamente, andavano...

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