Hans Christian Ørsted, vissuto a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo e laureatosi in farmacia, era un danese cui collettivamente dobbiamo molto anche se per i più rimane uno sconosciuto. Eppure, si devono a lui e alla sua curiosità per le scoperte di Luigi Galvani i primi studi teorici e pratici sull’elettromagnetismo, solo dopo sviluppati in modelli matematici da André-Marie Ampère, che hanno portato all’invenzione della bobina elettrica. Ed è stato sempre lui il primo a isolare, seppure in forma impura nel 1825, l’alluminio, quel metallo prezioso che ora sappiamo essere eternamente riciclabile. Insomma, H.C. Ørsted, esimio docente di fisica all’Università di Copenhagen, è uno di quegli scopritori che, oscuri ai più, ci hanno regalato quella modernità che ci circonda e che tanto diamo per scontata. Forse è anche per questo che nel 2018 la TEC (Technical Education Copenhagen), l’istituzione pubblica della capitale danese che conta 30 istituti dedicati all’istruzione professionale, ha deciso di puntare sull’innovazione della ricerca nel campo della chimica donando all’Istituto Tecnico H.C. Ørsted una terza sede, organizzata secondo nuovi principi didattici e relazionali, che per certi versi la rendono unica.
Il progetto, firmato dall’allora KANT Arkitekter (ora Sweco Architects Denmark) con WSP e Thing Brandt Landskab, riprende in termini e configurazioni architettoniche tutta una serie di riferimenti che rimandano agli studi di Ørsted, a partire dalla bobina magnetica, ripresa come metafora dell’energia intellettuale contenuta nelle aule. Aule che sono collegate tra loro da flussi d’energia che possiamo descrivere fisicamente come i corridoi di collegamento tra i 30 spazi per l’insegnamento (da aule a veri e propri laboratori) all’interno dei quali si muovono gli studenti,...
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