Dall’isolamento alla riscoperta di un nuovo e più forte senso di contatto attraverso l’introspezione, una diversa connessione con la natura, una riflessione basata su esperienze personali nel segno del design del futuro. Il percorso di Discovered, la piattaforma promossa dall’American Hardwood Export Council (AHEC) in collaborazione con Wallpaper* e Design Museum, ha aperto una prospettiva tutta rivolta al domani. Discovered ha infatti riunito 20 giovani menti creative di 16 diverse nazioni in quattro continenti, per poi chiedere loro di dare corpo ai propri sentimenti, alla propria propensione all’adattamento a una nuova normalità e alle rispettive reazioni legate alla pandemia in altrettanti prodotti ed elementi d’arredo (si va dagli armadi ai tavoli, dalle sedute a opere più astratte). Si è partiti dunque da una domanda: come un oggetto può aiutare a combattere la solitudine della pandemia? Ora si è arrivati alle prime risposte, che sono state messe in mostra all’interno del Design Museum di Londra dal 13 settembre al 10 ottobre 2021. Un momento fondamentale per far conoscere al grande pubblico e agli addetti ai lavori quanto maturato da una nuova generazione di creativi e per discutere, attraverso la loro sensibilità, di come siano anche cambiati i rapporti all’indomani di un anno di inaccessibilità ai tradizionali canali di esposizione. I legami e i progressi di ciascuno dei partecipanti sono stati documentati passo passo sul portale
discovered.global, dove ancora adesso è possibile addentrarsi in una mostra virtuale che rispecchia quella tra le mura del principale museo del mondo dedicato all’architettura e al design contemporaneo.
Il bisogno di protezione, la necessità di un tempo per sé, per la propria intimità e per ritrovare le proprie radici e un diverso dialogo con la natura sono il cuore di tanti dei progetti nati grazie a Discovered, tutti diversi e portatori di storie individuali ma legati da una stessa matrice, ovvero il legno di latifoglia sostenibile. I designer sono stati chiamati a scegliere una o più tra le seguenti essenze di legno americano: la quercia rossa, il ciliegio, l’acero duro o tenero (AHEC ha introdotto da tempo nei loro confronti un modello per la valutazione del ciclo di vita ambientale).
Un forte senso di protezione, a partire da un parallelismo con il ricordo infantile della guerra in Iraq tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, è stato ricercato dal designer svedese-iracheno Sizar Alexis, che ha idealmente trasformato la propria abitazione in un bunker, in primis per il proprio figlio piccolo e per la propria famiglia. Nella sua antica esperienza la protezione era nei confronti di un nemico visibile, nel caso della pandemia, invece, di un nemico invisibile: il risultato è Lahmu, dal nome dell’antica divinità protettrice e benefica della cultura mesopotamica, due volumi massicci e a incastro che fungono sia da armadietto contenitore sia da panca, con l’ambizione di trasmettere serenità attraverso linee minimaliste e geometriche. Una metà è in ciliegio americano, l’altra in quercia rossa con superficie arsa con tecnica di bruciatura speciale.
L’ispirazione dalla propria cultura locale, in questo caso svedese, e dall’abilità di adattamento degli spazi per giocare da parte dei bambini è arrivata anche per Martin Thübeck con il suo Rå in quercia rossa (scelta per la capacità di assorbimento del pigmento). Il nome, oltre al riferimento alla purezza, chiama in causa la figura mitica della foresta del folklore tradizionale dalle potenzialità metamorfiche. Una peculiarità che è stata trasferita nel suo progetto, una sedia che, capovolta grazie a un gioco di angoli e linee, può diventare uno scivolo, facendo coesistere più mondi, staticità e movimento, adulti e bambini, per poi provare a capire l’esito di due sfere opposte, unite fino a diventare una sola cosa.
La connessione tra più mondi, il proprio e quello altrui, a partire dalla comunicazione non verbale è stata indagata dalla designer australiana Vivienne Wong con il suo tavolino in ciliegio Iuxta Me (vicino a me, in latino). Con un passato da ballerina di danza classica, ha trasmesso nel suo progetto il desiderio di vicinanza, di contatto e di intimità attraverso confini fisici che si fanno invisibili e giochi di luce e di riflessi che dominano la base dalle linee curve. Le stesse sono riprese nei quattro top a incastro di diverse dimensioni e negli inserti in sospensione.
Un analogo legame con il proprio passato, con i propri cari momentaneamente lontani e con le proprie tradizioni si ritrova nel tavolo in acero duro di Yunhan Wang, Winding Stream, ispirato al tradizionale gioco cinese del ruscello tortuoso, nell’armadietto Recollect in acero duro e quercia rossa di Tan Wei Xiang e nella panca Kumsuka di Siyanda Mazibuko. Ispirata all’acconciatura tribale isicholo e alla danza celebrativa Zulu indlamu, la seduta modulare a strati per spazi pubblici, ergonomica e adatta alla socialità all’aria aperta, è stata realizzata con liste a incastro in quercia rossa termicamente modificata ad alte temperature. Per molti dei designer la pandemia è stato un periodo di profonda introspezione e riflessione sul senso della propria vita, come anche di quella dell’ambiente circostante: un momento di pausa, l’ha definito Pascal Hien, che con la sua sedia Migo 01 in quercia rossa (un’unica tavola le cui parti sono tenute insieme con giunti a coda di rondine) ha dato corpo a un senso di maggior presenza nel mondo, a una maggiore sensibilità. Sentimenti che, uniti alla necessità di adattamento a un nuovo contesto, hanno portato alla realizzazione di uno sgabello versatile e mutevole, che può essere girato e spostato senza vincoli, dal momento che non ha un fronte e un retro, non ha un verso giusto e uno sbagliato, ci si può sedere da una parte o dall’altra. Il suo nome trae spunto, abbreviandola, dalla parola “amico”, nell’auspicio di ritornare a quello stesso tipo di contatto e rapporto. La nostalgia per la vita sociale alla quale si è sempre stati abituati ha guidato anche la mano della designer thailandese Nong Chotipatoomwan che, affascinata dalle venature della quercia rossa americana, ha realizzato Thought Bubble, una sedia a dondolo dalle linee curve che gioca su pieni e vuoti, il cui movimento vuole conciliare il rilassamento e la consapevolezza.
Con la sua sedia con tavolino in ciliegio, Concur, il designer inglese Mac Collins ha invece voluto ripensare il valore dell’esperienza di isolamento, leggendola in chiave positiva: l’isolamento, a suo parere, è un momento che si contrappone alle regole di una «routine socialmente prescritta», da dedicare a sé, alla lettura di un libro. In altre parole, un invito a fermarsi e a godersi il valore del tempo, per scoprirsi resilienti persino nelle situazioni più complesse attraverso gli oggetti circostanti. Ne è convinto anche il designer coreano Taiho Shin che, in acero duro, ha realizzato un prodotto semifinito adattabile a vari ambienti e a differenti esigenze. Proprio attraverso questa caratteristica passa l’opportunità di entrarvi più spesso in contatto, poiché da tavolino, assemblato con un sistema di giunzioni, può trasformarsi in un sistema di piani impilabili. Il suo nome è Ikare, tratto dall’inglese “prendersi cura” (I care).
Anche la scultura multistrato di Ivana Taylor in tre diversi tipi di legno (acero duro, ciliegio e quercia) ha nella propria essenza una forza riflessiva e contemplativa, in particolare del rapporto tra uomo e natura. Reframe è «un percorso scolpito verso la luce» attraverso più scale di prospettiva, in parte rintracciabile anche nel progetto di Mew Mungnatee, la designer di Bangkok che ha dato vita a Corners Lamps in acero tenero e ciliegio. Il suo intento è stato proprio esplorare la relazione tra forma, luce e ombra attraverso lampade dalle forme tradizionali dell’architettura dei templi thailandesi. Una lampadina, dunque, proietta un’ombra sulle superfici sottostanti grazie a un’intricata composizione a griglia con doghe in legno e angoli dentellati. La luce è al centro dell’esperienza a contatto con la natura che il designer australiano Duncan Young ha voluto far entrare nelle case con la sua installazione-rifugio Shelter Within in acero duro. Si tratta di una struttura solida con un ripiano a effetto moiré ispirato al simbolismo storico del mobile come teatro: il basamento comprende anche due elementi in vetro realizzati a mano che rifrangono la luce e la distorcono, così da riprodurre l’effetto di una camminata sotto gli alberi.
La natura entra in casa grazie a una serie di oggetti dalle forme sinuose in ciliegio americano anche nel caso di Isabelle Baudraz con le sue installazioni Presences. Nell’intento di invitare a un’esperienza tattile ed emotiva, ha realizzato un mobile sospeso, un oggetto in equilibrio su scrivania e accessori a parete, così da trasmettere un ulteriore senso di protezione e vicinanza con l’ambiente. Del resto è sufficiente un piccolo tocco, una delicata interazione per vederli muovere e percepirne la compagnia, ha spiegato la stessa designer svizzera. Un contatto adatto persino ai bambini, come lo è anche il movimento sopra la testa degli elementi a soffitto.
Dalla natura alla tradizione riletta in chiave contemporanea: c’è stato anche chi ha intrecciato questi due elementi per dare vita ai propri progetti, contaminati così da più chiavi di lettura della forzata vita domestica. È il caso, per esempio, dei due designer colombiani Juan Carlos Franco e Juan Santiago Sierra con il loro Riverside in ciliegio: si tratta di una panchina dotata di vari accessori, quali vassoi o contenitori, ispirata alle caratteristiche delle palafitte o delle stilt house. La sua adattabilità la rende flessibile e utilizzabile a casa, ma anche in spazi pubblici o di lavoro. Un analogo riferimento alla cultura del proprio Paese, il Vietnam, è presente negli sgabelli The Roof Stool in ciliegio, quercia rossa e acero duro di Trang Nguyen. Tra la semplicità dell’architettura dei templi e gli abiti vietnamiti, le sedute sembrano replicare le sovrapposizioni delle tegole: infatti possono anche essere impilate le une sulle altre, nascondendo le giunture a contrasto con i perni in legno.
La composizione è alla base anche del progetto di Josh Krute che, ispirandosi ai totem, ha realizzato il sistema Toteemi in acero duro, una serie di scatole impilabili di colore diverso dove riporre i tanti strumenti usati per lavorare a casa, oltre a tavolini, vassoi e sgabelli. Un sistema modulare, dunque, pensato per alternare, in uno stesso luogo, intimità domestica e lavoro. Questo nuovo paradigma degli ambienti e, di conseguenza, dei pezzi di arredamento è stato colto anche da Mimi Shodeinde con la sua scrivania con sgabelli in acero duro Howard, nella quale ha tradotto la necessità di una nuova stabilità e forza in forme sinuose. Come lei, che si è ispirata e si è lasciata guidare da una serie di riferimenti culturali che vanno dalle composizioni della scultrice britannica Barbara Hepworth, all’architettura modernista di Lina Bo Bardi fino all’aerodinamica del volo (il nome del progetto trae origine proprio da quello del famoso aviatore e regista Howard Hughes), anche la designer Alessandra Fumagalli Romario ha guardato al passato recuperando suggestioni dei dipinti rinascimentali, in particolare quelle degli studi degli artisti o dei monaci. Il risultato è Studiolo 2.0, un mobile che fa anche da sfondo grazie ai suoi scomparti, aperti o chiusi per lasciare libertà su cosa mostrare e cosa no, e alle sue finiture a gradiente per un effetto di maggior profondità. La scelta del legno è ricaduta sul ciliegio per le caratteristiche cromatiche mutevoli: la sua ricerca è andata nella direzione di un materiale «che parlasse da solo», oltre che dal colore caldo e in rapido cambiamento in caso di esposizione alla luce, tutte caratteristiche ancor più importati dal momento che ricordano come gli oggetti, in fin dei conti, provengano dalla natura e cambino con il trascorrere del tempo. Un legno, dunque, che parla di sé ma anche della personalità riflessa della persona che inserisce in casa propria o nel suo ufficio questo elemnto d’arredo, non molto diversamente da quello di Kodai Iwamoto che, dal canto suo, ha portato in un ambiente di vita domestico l’essenza di un tronco d’albero. Servendosi di tecniche giapponesi, quali l’uzukuri (pratica di strofinatura che dà consistenza al legno) e il chouna (scalpellatura della superficie attraverso un’ascia), per poi sperimentare l’asportazione dei primi strati, ha realizzato un tavolino in quercia rossa, denominato Pari Pari, la cui base discontinua è caratterizzata dalla trama delle venature. L’ispirazione di partenza, in ogni caso, è arrivata anche nel suo caso da ricordi d’infanzia quando, appassionato di giochi a contatto con la natura, si recava nei boschi con i propri genitori.
In tanti, dunque, hanno sottolineato il valore delle persone, del rapporto con loro, nel dare un contributo all’idea sviluppata, ma ancor più il valore della relazione instaurata con il team di lavoro strutturato da AHEC e da Wallpaper*. Per tutto il tempo del progetto, infatti, i giovani selezionati sono stati supportati dal direttore europeo di AHEC, David Venables, e dalla caporedattrice di Wallpaper*, Sarah Douglas, oltre che da altri designer-mentor quali Tomoko Azumi, Maria Jeglinska-Adamczewska, Nathan Yong e Adam Markowitz.
Luogo: Londra, UK
Anno: 2021
Promosso da: American Hardwood Export Council (AHEC) in collaborazione con Design Museum e Wallpaper*
Designer: Sizar Alexis, Isabelle Baudraz, Nong Chotipatoomwan, Mac Collins, Mew Mungnatee, Siyanda Mazibuko, Josh Krute, Pascal Hien, Trang Nguyen, Alessandra Fumagalli Romario, Taiho Shin, Mimi Shodeinde, Juan Carlos Franco and Juan Santiago Sierra, Ivana Taylor, Martin Thübeck, Yunhan Wang, Tan Wei Xiang, Duncan Young, Vivienne Wong
Realizzazione: Benchmark Furniture, Wewood, Fowseng, Evostyle
Tutte le immagini courtesy AHEC
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