Il valore storico del costruttivismo moscovita

Non più tardi di un decennio fa il patrimonio dell’avanguardia russa sembrava destinato a sgretolarsi, fino a ridursi in cenere. Il governo, giunto al potere dopo la fallimentare esperienza comunista, voleva esaltare la propria magnificenza. Pochi russi ricordavano le visioni utopistiche degli anni ’30 del secolo scorso, mentre gran parte della popolazione aveva ancora chiare e vivide le immagini delle grandi purghe, delle privazioni della guerra, delle lunghe code e degli scaffali vuoti nei decenni di stagnazione. Il fotografo Richard Pare, nel suo L’avanguardia perduta. Architettura modernista russa 1922-1932, immortalò la cronistoria del decadimento allo stadio terminale di fabbriche e abitazioni, circoli operai e palazzi della cultura che rappresentavano le aspirazioni rivoluzionarie del primo decennio bolscevico. Il volume fu pubblicato per la prima volta nel 2007, periodo in cui a Mosca molti edifici datati rischiavano di non sopravvivere.

Oggi il vento è cambiato. Mosca è una vetrina scintillante di chiese, palazzi e parchi storici riqualificati, inframezzati da nuovi templi del commercio, e di monumenti del Modernismo a cui finalmente viene data l’attenzione dovuta.

L’esempio più calzante è la “Casa del Narkomfin”, un complesso abitativo affidato dall’allora Commissario del popolo alle Finanze Nikolaj Aleksandrovič Miljutin all’amico progettista Moisej Ginzburg (in collaborazione con Ignatij Milinis e  con l’ingegner Sergey Prokhorov) e di cui tenne per sé l’attico. Quest’architettura, completata nel 1930, si presentava come un blocco lineare, con appartamenti e monolocali a piani sfalsati aperti su percorsi coperti, collegato per mezzo di un passaggio sospeso a mensa, palestra, asilo e lavanderia comune per i residenti. Ginzburg ne...

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