Villa IE (家)

Nel disegno dell’architettura tutto è dovuto all’impressione. Quel sentimento del tutto personale che, lo dice letteralmente il termine nella sua radice etimologica, entra in noi attraverso i sensi, soprattutto attraverso la vista, e ci lascia qualcosa nella memoria. Una vera e propria pressione sulla retina che il nostro cervello, attraverso la logica e l’umore del momento, registra e ripone nella nostra libreria dei ricordi. Ricordi che si accumulano e vengono modificati nel tempo, perché è oramai chiaro alla neuroscienza che ogni volta che li richiamiamo e li usiamo, li adattiamo al momento e, soprattutto, li riponiamo nel nostro archivio personale dopo averli alterati, alle volte poco, alle volte molto. Elaborazione delle idee: ci aveva già pensato Platone, quando ci ha detto che tutti noi attingiamo ad un immenso bacino comune che sta in qualche posto nell’universo. I progetti architettonici, nella loro infinità, sono tutti riconducibili a modelli paradigmatici tutt’ora attuali descritti da Gottfried Semper nel 1851. Pochi elementi che descrivono sempre in modo diverso ed evolutivo un’esigenza unica e comune, la necessità di un luogo che ci permetta di attendere il futuro, il domani infondendoci un senso di sicurezza e calore. Questa è la descrizione di “casa” che l’italiano ha ripreso dall’omologo termine latino (dove originariamente descriveva una capanna: si ritorna a Semper…), termine antico che a sua volta si basava sulla radice sanscrita “ska” che vale “riparo”. È interessante e rassicurante che uno dei termini a tutti noi più caro abbia un significato così intenso e semplice. Ritroviamo questo significato anche nel carattere 소 cinese (jiā) dove è presente (ben leggibile...

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