Per gli architetti, costruire la propria casa significa avere l’opportunità di affermare il proprio credo, testare materiali e concretizzare idee. Manolo Ufer è un giovane progettista spagnolo che ha trasferito la sede di archipelagos - il suo studio - da Madrid a Monterrey, nel nord del Messico, e qui ha realizzato una residenza per sé e per i suoi genitori al confine della città. Questa costruzione è una delle quattro da lui definite “case ecoscopiche”, termine utilizzato per identificare «una composizione formale ottimizzata per incanalare i flussi di energia e servirsi delle risorse che attraversano il sito». Più semplicemente, una casa che abbraccia il paesaggio, energeticamente passiva. «Volevo un’architettura che desse l’illusione di vivere in una foresta tra gli altipiani e non in prima periferia, a 35 minuti di macchina dal lavoro - spiega Ufer. «Ciò ha presupposto un equilibro tra opacità e trasparenze». Da lontano la casa di 430 mq sembra fagocitata dalle fronde e dominata dalle aspre montagne; in prossimità, invece, il sito si rivela vicino a una strada e ad altre costruzioni. Due blocchi in calcestruzzo fortemente angolati si dipartono da un atrio stretto, illuminato da un lucernario. Al piano terra, un blocco lungo 26 metri ospita un soggiorno con area pranzo. Il secondo blocco, al livello superiore, ombreggia un porticato con zona living esterna e accoglie, da un lato, la camera padronale e, dall’altro, tre stanze da letto disposte in linea e situate nella porzione aggettante sul porticato. L’uso estensivo di superfici vetrate, tanto sul fronte quanto sul retro, consente un’abbondante illuminazione naturale, mentre le finestre laterali permettono la ventilazione trasversale. I tetti verdi inclinati e la vegetazione piantumata all’interno svolgono una duplice funzione: isolano ulteriormente...
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