Un grande cilindro bianco si solleva silenzioso sull’orizzonte piatto della campagna lodigiana. Così appare la chiesa del Complesso Parrocchiale di Dresano, opera firmata dallo studio napoletano Corvino+Multari dopo aver vinto un concorso a inviti bandito dalla CEI nel 2009. Un’architettura che, a fronte della limpida nitidezza stereometrica, è in realtà l’esito di un complesso e impegnativo iter progettuale, perché sono almeno tre gli ordini di problemi che gli architetti sono stati chiamati ad affrontare e che, con una lezione innanzitutto di metodo, sono stati trasformati in altrettante occasioni per conferire profondità di senso a un’opera tra le più convincenti e mature offerte fin qui da una delle realtà più importanti della scena italiana. Problemi Il primo attiene alle insidie che pone oggi il progetto di un’architettura religiosa, incarico delicato e altissimo per varie ragioni: per la cifra simbolica insita in ogni architettura sacra; per l’inevitabile confronto con i tanti maestri del Moderno che hanno saputo reinterpretare una tradizione millenaria nella quale la cultura architettonica ha raggiunto il suo vertice; e infine in rapporto a quella progressiva secolarizzazione che in età contemporanea sta mutando il modo di “vivere” anche della dimensione religiosa, e che ha inevitabilmente obbligato la chiesa cattolica a ripensare forma e articolazione degli spazi nei quali il rito viene consumato, cercando di tenere assieme forza simbolica ed esigenze liturgiche, istanze di rappresentazione del nostro tempo e continuità con la tradizione. A questo problema se ne è poi aggiunto un altro, poiché alla ricerca di introspezione e raccoglimento della chiesa si accompagna qui l’esplicita istanza di spazi per il ministero pastorale ma anche di altre attività. Il chiostro, non più raccolto nella dimensione intima...
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