Architettura francese. Parliamone. Dall’inizio del nuovo millennio sono molti gli studi d’Oltralpe che si sono affermati grazie a un sistema intelligente che ha promosso da una parte concorsi d’architettura pubblici, che poi sono stati costruiti davvero e in tempi brevi, e, dall’altra, gruppi di investitori privati che operano nell’ambito delle trasformazioni urbane puntando anche su nomi non ancora famosi, ma capaci di inventiva e solidi nella preparazione tecnica. La generazione dei quarantenni (ora cinquantenni) francesi è, probabilmente, stata più fortunata di quella italiana e ha potuto costruire di più, affinando una linguistica e una varietà di tipologie che con l’andare del tempo hanno dato origine a una e vera e propria autocoscienza di sé a livello collettivo. Mentre in Italia, ma anche in altri Paesi, la concorrenza strenua tra professionisti ha portato alla radicalizzazione specifica dei linguaggi e alla necessità di emergere attraverso una propria grammatica, in Francia la situazione è stata opposta. La lingua architettonica francese odierna si declina attraverso formule identiche in cui molti studi si rispecchiano e si ritrovano senza conflitto alcuno. Una lingua franca che permette poi a ciascuno di aggiungere, variare, interpolare la koinè di base secondo le proprie necessità di stile fino a comporre anche per contrappunto o controcanto. Insomma, in Francia sembra proprio essersi definita una sintassi comune che permette a prima vista di riconoscere l’origine di un prodotto architettonico e ne garantisce la qualità.
D’altra parte molti architetti francesi, oltre a essere collegati attraverso varie associazioni e gli ordini professionali, si sono riuniti in collettivi che agiscono da veri a propri pensatoi che interagiscono, opponendo ragioni e proponendo soluzioni e alle volte provocazioni, con...
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