Metropoli tropicale

Scritto da Francesco Maria Cerroni - 8 maggio 2015

Lontano dal grigiore delle megalopoli del Nord America, nell’estremo sud della East Coast, a poche decine di chilometri dalle isole caraibiche si estende l’area metropolitana di Miami, che con i suoi 5.5 milioni di abitanti rappresenta uno dei centri più attivi degli Stati Uniti, di recente tornata al centro del dibattito architettonico.

Secondo i dati più recenti a Miami il 60% della popolazione parla spagnolo come effetto della forte immigrazione dell’ultimo secolo soprattutto da Cuba. Questa caratteristica demografica, combinata alla prossimità geografica, ha fatto di Miami la vera capitale economica dell’America latina, in grado di attrarre un numero sempre crescente di investimenti dal Sud America .

Forse più di ogni altra città americana, la storia della sua fondazione è legata al classico tema americano della conquista di zone inabitate. Nel caso di Miami infatti la colonizzazione delle terre fu possibile solo grazie alle opere di bonifica delle Everglades, le paludi salmastre abitate da zanzare e alligatori che occupano gran parte della Florida meridionale. Queste terre furono prima trasformate in zone coltivabili e successivamente in moderni ed eleganti quartieri residenziali solcati da una filigrana di canali.

Più tardi, intorno al 1920, molto prima della celebre palma di Dubai, veniva costruito sulla baia il Collins Bridge, attorno al quale vennero realizzati prestigiosi complessi residenziali su isole artificiali dalle rassicuranti forme geometriche. Il ponte inoltre permise lo sviluppo di Miami Beach, un’area fino ad allora usata per la coltivazione di noci da cocco e che poi sarebbe diventata il celebre “billion dollar sandbar”.

Canali, ponti, isole artificiali e strade rialzate (causeway) sono ancora oggi gli elementi che compongono l’infrastruttura della città e ne definiscono l’inconfondibile...