Quando si parla di Aspen a un nordamericano, nella sua mente si concretizzano immagini di lusso e divertimento, di bellezza naturale e shopping sfrenato, proprio come accade quando si citano East Hampton o Saint Barth. Questa città, nata come sito minerario, ha nel tempo accolto hotel di lusso e persino un piccolo teatro dell’opera, il tutto prima del crollo dei prezzi dell’argento a fine XIX secolo. La definitiva resurrezione è coincisa con il periodo successivo alla seconda Guerra Mondiale, in cui Aspen si è trasformata in stazione sciistica, centro culturale e intellettuale. Una Davos senza sanatorio.
Oggi, Shigeru Ban ha riposizionato il semplice e modesto Aspen Art Museum portandolo nel centro cittadino, in prossimità di boutique esclusive come Gucci, Prada e Burberry. Il volume ideato dall’architetto è un gradito innesto in questa località del Colorado, divenuta nel tempo un polo commerciale d’élite, imponendosi sulla scena con la giusta audacia, senza alcun timore reverenziale, ma anzi aprendosi al pubblico e a questa eccezionale location naturale.
Sviluppato all’interno di un lotto angolare, fiancheggiato sul retro da una strada di servizio, il museo presenta sui prospetti principali (nord ed est) una sottile griglia. Questo schermo è formato da un intreccio di bande verticali e orizzontali, realizzate con un composto di resina e fibra di carta con impiallacciatura in legno naturale. La sua funzione è duplice: da un lato ombreggia gli ambienti, dall’altro funge da elemento di connessione tra spazio chiuso e aperto, tra opaco e trasparente. L’architettura di Ban, al calare del sole e al sorgere delle stelle, si trasforma in un cubo luminoso all’interno del tessuto urbano. La griglia di rivestimento non è uniforme, ma anzi è un susseguirsi di sottili increspature frutto dell’intreccio. Le strisce e gli spazi...
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