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Politica, società e tutto il resto

Behnisch Architekten

Politica, società e tutto il resto
Scritto da Stefan Behnisch -

Le decisioni sul fare architettura vengono influenzate da una pluralità di fattori. A volte, questi sono identificabili come parametri, altre sono solo ispirati dall’istinto e dall’esperienza, altre ancora vengono calcolati matematicamente e organizzati in grafici o fogli elettronici, oppure vengono ignorati in maniera più o meno consapevole. Sono comunque presenti, in un modo o nell’altro. Il processo decisionale viene sempre determinato da una serie di condizioni.
Ciò che mi appresto a fare è descrivere alcuni di questi. La lista, tuttavia, non è esaustiva (e non potrebbe nemmeno esserlo), ma è legata alle scelte personali del nostro studio sul modo di progettare.
Le diverse visioni politiche, culturali e ideali che hanno caratterizzato tutto il secolo scorso hanno portato, da un lato, a un approccio piuttosto pragmatico verso la realtà. Dall’altro lato, hanno stimolato lo sviluppo di un grande numero di progetti basati sul contenuto, forse essi stessi parte del pragmatismo. Durante gli ultimi 50-60 anni, la nostra arroganza ci ha portato a credere di poter costruire gli stessi identici edifici in qualsiasi parte del globo, ignorando le diverse condizioni climatiche, culturali, topografiche e politiche. In alcune zone, la prassi è ancora questa ed è resa possibile, allora come oggi, in quanto i difetti della progettazione vengono compensati dal ricorso a un uso esagerato di energia a basso prezzo. È interessante constatare come le uniche aree dove ci si pone in questo modo, con questa ignoranza e noncuranza, siano proprio quelle dove il costo dell’energia è veramente esiguo.
Vorrei quindi approfondire qui di seguito i fattori (o gli aspetti) che ci aiutano a formare e a ispirare la nostra architettura:
- La sfera urbana
- La sfera pubblica
- La sfera culturale
- La sfera politica
- I materiali - come li valutiamo
- La natura - come la trattiamo
- Le condizioni climatiche
- La luce naturale e artificiale

La sfera urbana

Dato che, nel prossimo futuro, il 75% della popolazione vivrà in centri urbani e che la maggioranza di questi sono oggi situati in prossimità del livello del mare, tutti quanti dobbiamo porci di fronte all’impellente necessità di riflettere sulle aree di sviluppo urbano.
Le ultime generazioni hanno progetti di vita diversi da quelli della mia. I trasporti individuali stanno perdendo sempre più importanza: nei contesti urbani, le vetture sono più uno svantaggio che altro, non rappresentando più uno status symbol di benessere e indipendenza. I giovani vogliono vivere in città e lavorare a poca distanza da casa; di conseguenza i fattori come vicinato, cerchia di amicizie, scuola e possibilità di svago rivestono un ruolo primario. Tutti questi elementi dovrebbero essere fisicamente presenti nello spazio di dominio del singolo. Seguendo questa linea così lontana dai valori dell’ultimo secolo, i futuri sviluppi urbani sono dunque orientati verso una densificazione, una migliore commistione di usi e una spiccata caratterizzazione dei quartieri.

La sfera pubblica

Un elemento fondamentale del tessuto urbano è la sfera pubblica, che incide sulla tipologia di quartiere e di spazi, sulle peculiarità e sulle funzioni delle varie aree. La sfera pubblica è lo spazio tra gli edifici, lo spazio dove ci muoviamo nelle nostre città. È in parte definita dall’aspetto degli edifici, la cui maggioranza viene conosciuta solo da fuori, senza mai essere scoperta al proprio interno.
Molti pensano che l’efficienza della sfera pubblica sia connessa alla presenza di ristoranti, caffetterie e negozi. Non è per forza vero, dato che in molti casi il successo viene determinato da altre attività e attrazioni. La sfera pubblica deve essere interessante, deve creare un’identità. Sebbene sia costituita solo dallo spazio interstiziale tra un edificio e l’altro, essa rappresenta un elemento di grande rilievo e valore in architettura; in particolar modo, incide rispetto al nostro benessere all’interno della città.

La sfera politica

Molti architetti fingono di non essere politicizzati, eppure alla fine la nostra (e la loro) architettura racchiude comunque dentro di sé una presa di posizione. L’architettura è stata spesso uno strumento politico, nel bene e nel male. Il potere ama essere accompagnato dall’architettura oltre che rispecchiarsi in essa.
Molti esempi comprovano che, indipendentemente dalle nostre buone intenzioni, edifici e architettura possono essere facilmente usati in modo improprio se collocati in un contesto diverso. Come architetti, dobbiamo considerare il luogo in cui costruiamo, per chi costruiamo e quanto vogliamo che la nostra architettura venga utilizzata per giochi di potere. Abbiamo l’obbligo di dare una risposta a questa domanda. Non è qualcosa che può essere regolamentato, ma è una decisione personale del singolo architetto. Per quanto tempo intendiamo supportare sistemi politici a cui noi stessi non vorremmo mai sottostare? Dobbiamo prendere delle decisioni, poiché in qualità di creatori di spazi ed edifici non possiamo prenderci il lusso di sfuggire alle realtà politiche.

La sfera culturale

L’architettura è un prodotto umano di grande valore. Definisce un luogo, un tempo e un contesto culturale dandoci modo, inoltre, di comprendere quali abilità tecniche, artistiche e ingegneristiche siano comuni o avanguardistiche in un determinato periodo.
Quando pensiamo a luoghi da visitare creati dall’uomo, nella maggioranza dei casi pensiamo a un ambiente costruito. Nella nostra mente creiamo diapositive di Parigi, Roma, Istanbul, Hong Kong, New York, Chicago avvalendoci dell’architettura, nel suo senso più ampio.
La sfera pubblica, la topografia, gli scenari, ma spesso anche gli edifici che rivestono un ruolo chiave nel contesto in cui sono inseriti, sono gli elementi che vanno a comporre la diapositiva. L’architettura diventa così una risorsa, la principale testimonianza del nostro livello culturale. Dovremmo esserne sempre consapevoli, ricordando che saremo giudicati per il nostro operato non solo come architetti, ma in quanto espressione della società nel suo complesso.

I materiali

Nelle scelte architettoniche, i materiali pesano esattamente quanto molti altri fattori. Tuttavia, scegliere il materiale giusto per una costruzione è un momento critico, quasi senza eguali. La decisione dovrebbe essere presa in base alla funzionalità dell’edificio, considerando inoltre che alcuni hanno un particolare legame con la cultura locale, altri molto meno. Spesso, questi vincoli derivano dalla disponibilità in loco e dalla tradizione.
Un altro fattore chiave nella scelta dei materiali è la valutazione dell’energia grigia, oppure il grado di appropriatezza rispetto a contesto climatico, tipologia d’uso dell’edificio e livello di comfort richiesto in una precisa situazione.
Il legno, per esempio, è un ottimo materiale adottato di rado nell’architettura contemporanea. Perfetto in certi climi e per certe funzioni, dotato di ottimo potenziale energetico, ampiamente riciclabile, può essere impiegato per sfruttarne l’energia intrinseca. Ma, soprattutto, è una risorsa rinnovabile.

La natura

Nelle società in cui la maggioranza delle persone tende a vivere in contesti urbani, la natura è un elemento prezioso. Questa concezione si è sviluppata in seguito al processo di industrializzazione e alla relativa nascita di quartieri-dormitorio per gli operai, luoghi invivibili e malsani. Da quel momento, la natura è stata vista con occhi diversi.
Noi architetti ci misuriamo di rado con la natura nelle sue vesti originali. Ogni società le riserva zone protette o adibite a parco, ma il nostro compito è sovraintendere al paesaggio architettonico e di valore culturale. A volte, negli spazi interni, il verde o il giardino diventa una caratteristica architettonica e un elemento cruciale per il benessere. Pertanto, la nostra attenzione per la natura vera e propria sta scemando, in favore di una sua riscoperta o della riproposizione dei suoi elementi che ci affascinano: una natura idealizzata, quasi come nei dipinti romantici di Joseph Anton Koch o di Caspar David Friedrich.

Le condizioni climatiche

Il contesto climatico è un fattore determinante nella progettazione di un edificio. A seconda che il clima sia in prevalenza freddo o caldo, vi è l’esigenza di una diversità tanto negli involucri, quanto nei criteri e nelle idee che ispirano il costruire. La veridicità di questa affermazione viene ancor più comprovata quando ci si trova in contesti con forte escursione termica. Fino a oggi, abbiamo cercato di fornire una risposta alle esigenze climatiche proponendo lo stesso tipo di edifici, isolandoli in modo opportuno oppure ottimizzandone le aperture. A conti fatti, però, queste scelte non sono altro che un goffo compromesso. Oggi comprendiamo l’obbligo di progettare edifici profondamente diversi, a seconda che siano in Groenlandia o nel deserto.
Dopo aver ritenuto per ben 60 anni di poter ignorare le condizioni climatiche, finalmente abbiamo imparato che in estate c’è un filo più caldo che in inverno. Dovremmo allora agire di conseguenza? Potremmo forse applicare il principio del “vestirsi a seconda della stagione” anche agli edifici? Dovremmo forse esporli alla luce in inverno e coprirli con un sombrero in estate?

La luce naturale e artificiale

In architettura, la luce non è solo un fattore di benessere psicofisico, ma serve anche per plasmare lo spazio. L’architettura senza illuminazione naturale è difficilmente concepibile. La moschea di Djenné, nel Mali, è uno dei più maestosi edifici in adobe in grado di esemplificare come, in una struttura imponente e sviluppata in altezza, la luce naturale sia essenziale per donare allo spazio un carattere di sacralità. Grazie a un’infinità di piccole aperture lungo la copertura, i raggi solari filtrano all’interno, inondando gli interni e conferendo loro grande concretezza.
Oggi, la luce naturale può essere potenziata, incanalata, reindirizzata e riflessa per creare le condizioni ideali e consentire di lavorare gran parte dell’anno illuminati dai raggi del sole, persino negli ambienti più profondi. La qualità della luce naturale sta nella sensazione di costante cambiamento. Sebbene sia possibile ricrearne artificialmente il colore, quella stessa sensazione di cambiamento, che consente di non stressare i nostri occhi, è ancora difficilmente raggiungibile dalla tecnologia.
I moderni dispositivi di illuminazione artificiale, come i LED, hanno rivoluzionato il modo in cui noi architetti ci relazioniamo alla luce. Efficienti, duraturi, senza la necessità di riflettori o impianti sofisticati, i LED ci permettono di progettare gli ambienti in modo del tutto nuovo, avvalendoci di metodologie innovative per illuminarli artificialmente.
Ciò che comunque dobbiamo tenere presente nei nostri progetti, quando abbiamo a che fare con la luce (che sia naturale o meno poco importa), è che si tratta di un elemento immateriale e invisibile, percepibile all’occhio solo dopo essere stato riflesso da una superficie.

Stefan Behnisch

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