Negli anni successivi la guerra tra le due Coree, la Corea del Sud ha conosciuto una rapida evoluzione. La sua antica cultura, caratterizzata da ricchezza di riti e profondo rispetto della legalità, aveva creato le condizioni ideali per lo sviluppo di una società industriale rigorosamente disciplinata. Protagonisti di questo successo sono state alcune famiglie e persone che avevano partecipato a determinare lo stile di questa cultura industriale avanzata. I Daeyang si sono affermati nel campo navale armando navi e svolgendo un’attività di manutenzione in quasi tutto il mondo che li ha portati ad ottenere un grande successo economico e a ricercare, attraverso l’arte, un prestigio culturale adeguato al loro stato sociale. Questo desiderio ha spinto i Daeyang a creare una collezione d’arte che promuovesse la loro immagine e a cercare un architetto capace di realizzare un contenitore adatto ad accoglierla e ad ospitare la residenza del presidente. Come sito sono state scelte le colline della zona Kangbuk di Seoul sovrastanti la città, per tradizione quartiere residenziale di diplomatici ed esponenti politici. Pochi architetti riescono a far emergere, come la fenice dalle proprie ceneri, l’intero progetto da uno schema elementare nel modo in cui Steven Holl ha ripetutamente dimostrato di saper fare. Per la progettazione dei suoi lavori Holl ha spesso preso spunto da partiture di musica contemporanea: la Stretto House (1999) traeva ispirazione dalla musica per archi di Bartók, mentre per il Sarphatistraat Office di Amsterdam la composizione di Morton Feldman “Patterns in a Chromatic Field” ha fornito la matrice per l’applicazione del principio della “spugna di Menger ” al frattale che determina le aperture tagliate nell’architettura. Indubbiamente, i musicisti moderni hanno composto una immensa varietà di partiture dove intraprendono sperimentazioni musicali senza precedenti e da queste Holl ha sempre saputo trarre un’importante fonte d’ispirazione. La Daeyang Gallery...
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