Andrea Boschetti - Entriamo nel vivo, in pieno stile anglosassone, con una domanda fondamentalmente “politica”: come si può progettare un grande evento in tempi di profonda crisi economica? Può essere considerato un fatto propulsivo e non un ulteriore aggravio economico per le tasche dei cittadini del paese organizzatore? E se sì, ci spieghi come e perché?
Mario Kaiser - Rispondo in modo altrettanto semplice e diretto: è ancora possibile progettare un grande evento solo se lo si interpreta come un’opportunità per convogliare sulla città ospitante fondi e risorse economiche per operazioni necessarie al bene della realtà locale, inseguite da lungo tempo. A Londra, da molto si doveva intervenire su un’area strategica per lo sviluppo dell’East London, la cui rigenerazione avrebbe richiesto circa 25 anni. Le Olimpiadi diventano quindi il pretesto per accelerare e portare a compimento opere necessarie che nel normale corso degli eventi avrebbero impiegato un tempo assai più lungo. L’operazione riveste un ruolo strategico per il riassetto degli equilibri dell’intera metropoli. East London perde il suo carattere unicamente industriale e commerciale e si propone come alternativa al West London per la residenza e per il terziario.
La City invece si riappropria di un ruolo più centrale e baricentrico, decongestionando il flusso giornaliero dei trasporti pubblici dal West (residenza) alla City (lavoro) e viceversa. Altro importantissimo fattore che giustifica lo sforzo e l’impegno finanziario è rappresentato dal saper ottimizzare i fondi, minimizzando le spese dell’ente pubblico e massimizzando il coinvolgimento dei vari attori del settore. In altre parole occorre che, soprattutto in tempi di grave crisi economica, l’evento crei posti di lavoro e supporti in modo equilibrato e sostenibile l’intero settore delle costruzioni. In ODA (Olympic Delivery Authority, l’agenzia governativa preposta alla progettazione e realizzazione del Parco...
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