Salvatore Re si forma a Firenze con Adolfo Natalini, probabilmente il miglior professore di progettazione della facoltà anche se da tempo estraneo alle ricerche di punta del dibattito architettonico, di quel dibattito che negli anni Settanta, ai tempi di Superstudio, aveva contribuito ad impostare ma che poi aveva abbandonato per poter affrontare un’attività professionale intellettualmente meno impegnata ma operativamente più gratificante. Da Natalini Re assorbe il pragmatismo: la certezza che non si può parlare di architettura senza farla, e quindi senza rispondere ai bisogni dei committenti, soprattutto in termini di performance e di costi. Ma non la abiura del linguaggio contemporaneo, che anzi vede come il migliore per realizzare un habitat sostenibile anche dal punto di vista economico. Laureatosi all’inizio degli anni Novanta, tenta la strada dei concorsi di progettazione vincendone cinque, tra cui quello per il ponte per la nuova tranvia di Firenze. Ma uno solo viene realizzato, mutilato da aggiustamenti che ne compromettono l’immagine finale, mentre un altro porta alla sola realizzazione di un chiosco. Le risorse pubbliche, scopre, sono aleatorie. E insistere in tale direzione può risultare controproducente. Occorre praticare altre strade. La più promettente sembra essere il project financing dove le risorse sono private e vi è l’interesse del costruttore, che dopo aver realizzato l’opera la gestisce, nel produrre edifici accattivanti per gli utenti e con prodotti di qualità tali da minimizzare i costi di manutenzione. Nel 2000 Re fonda la società Leonardo Progetti, con la quale tuttora opera. La articola in due sezioni: una produce idee e l’altra le concretizza attraverso un confronto serrato con i dati economici. “Non voglio - sostiene - fare progetti che poi qualcuno mi smonta per i costi o per ragioni tecniche. Nel momento in cui un’idea esce dallo studio deve essere realizzabile così come è stata prevista”. Tra i primi lavori vi è un progetto di...
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