Il progetto di Zaha Hadid per il MAXXI e l’ampliamento del MACRO ad opera di Odile Decq sfidano sia i curatori delle mostre sia i visitatori a sperimentare l’arte contemporanea secondo modalità radicalmente nuove. Diversamente dalla maggior parte dei musei, contenitori statici che fungono da sfondo neutro per le esposizioni, queste nuove realizzazioni sono dinamiche e interattive: senza divisioni nette tra zone di passaggio e spazi espositivi e con la sequenza convenzionale di bianche gallerie ortogonali sostituita da un’interazione fluida di spazi aperti, rampe e percorsi. Consapevolemente o no, entrambe si ispirano al concetto di “promenade architecturale” di Le Corbusier e alla spirale del Guggenheim di Frank Lloyd Wright che, cinquant’anni fa, ottenne un simile risultato. I due musei sorgono a nord della città storica e cercano di attrarre un nuovo pubblico coinvolgendo i residenti della zona. Le somiglianze però non si fermano qui. Entrambi sono inseriti all’interno di edifici preesistenti: Hadid ingloba una caserma dismessa, mentre Decq amplia una ex fabbrica di birra, già convertita precedentemente. I due architetti hanno vinto il concorso a distanza di pochi anni l’una dall’altra ed entrambe le inaugurazioni sono previste a maggio. Vale poi la pena notare che i due architetti sono stranieri, aspetto irrilevante oltralpe, ma che costituisce una anomalia in Italia, e (sebbene si rischi l’ira di Hadid solo a parlarne) donne di successo in una professione ancora oggi in prevalenza maschile. MACRO è un’istituzione sostenuta dalla città, che ha iniziato a collezionare opere d’arte negli anni ‘50 e che a metà degli anni ’90 ha riconvertito l’ex fabbrica della Peroni dietro Porta Pia. Odile Decq e Benoît Cornette, in collaborazione con Burkhard Morass, hanno vinto nel 2001 un concorso a due fasi con un progetto che ha saputo farsi forza delle limitazioni nella scelta dei materiali e nel budget. Il sito è un rettangolo irregolare posizionato sul retro di edifici già...
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