La retrospettiva “Dal minimo sperimentale simbolico alla nuova territorialità” di Ugo La Pietra alla Fondazione Mudima di Milano (10 gennaio-8 febbraio 2008) è stata l’occasione per considerare l’insieme del suo lavoro. Lo scarto temporale, che filtra accidentalità e contingenze, invitando a valutazioni più meditate e prospettiche, ne rivela valori, definibili, senza timore d’eccessi retorici, “profetici.” Esaminando in prospettiva la multiforme opera di questo architetto, artista, designer e, a buon diritto, artigiano, emerge come l’aggettivo profetico risulti pertinente.
Partendo dal presupposto che le mostre siano occasioni di conoscenza, che servano ad allungare la memoria, sempre troppo corta, e non siano solo momenti di banale agiografia, ci si rende conto di come Ugo La Pietra, che con levità e ironia si è cimentato nei terreni più diversi, dall’avanguardia radicale, al design, alle arti applicate, sia ante litteram anticipatore di molte delle attuali tendenze del design. Protagonista di un design affabile, privo dell’acredine e dei furori dei militanti, con sottile arguzia ha trasformato le sue riflessione su alcuni nodi centrali del progetto in figurazioni poetiche destinate al quotidiano. Gino Di Maggio, direttore della fondazione, che ha voluto l’esposizione, scrive nell’introduzione al catalogo pubblicato per l’occasione, curato da Vittorio Fagone (Mudima 2008):” Fin dalle prime volte che vidi il suo lavoro percepii in lui una carica positiva, seppur sempre giocata con il garbo tagliente della sua ironia; colsi nella sua attività il brio di chi ha sempre saputo giocare su piani espressivi tanto differenti quanto in fondo unificati dalla sua visione antropocentrica e neoumanista, sostenuta dalla convinzione di poter plasmare l’intero ambiente di vita dell’essere umano secondo modalità più vicine alla naturalità del suo sviluppo individuale”.
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