ABDR, che sta per Arlotti, Beccu, Desideri, Raimondo, è l’acronimo formato dalle iniziali dei cognomi dei quattro soci disposti in ordine alfabetico. Fanno gruppo da quasi trenta anni, sin dai tempi della loro frequentazione della facoltà di architettura a Roma. Oggi sono i partner di uno dei maggiori studi di progettazione italiani con circa 35 dipendenti e lavori che vanno dalla nuova stazione Tiburtina alle fermate del prolungamento della metropolitana B, dalla ricostruzione della Serra Piacentini presso il Palazzo delle Esposizioni al piano delle aree verdi dell’Eur a Roma sino ai progetti per Lecce e per la sistemazione delle attrezzature pubbliche nel comune siciliano di Barcellona.
Affascinati all’inizio della loro attività dalla cosiddetta tendenza e dall’architettura disegnata, che interpretano in modo radicale e intransigente, i quattro di ABDR si orientano presto verso ricerche più concrete, tese alla produzione di opere di architettura complesse e costruttivamente avanzate, giocate sulla falsariga di un calcolato minimalismo e senza alcuna ostentazione tecnologica, al fine di ottenere il massimo delle prestazioni con il minimo dei segni.
Semplificazione, quindi, ma non forzata riduzione: ciò può avvenire oggi - in un periodo in cui ogni realizzazione deve inventare le proprie soluzioni e non può certo trovarle in un repertorio già codificato - solo realizzando un progetto integrato che sappia mediare la complessità delle istanze poste dai singoli specialismi. A richiederlo è la crescente ingegnerizzazione del prodotto e, insieme, la pluralità degli attori in gioco, sempre più numerosi e diversi in ogni circostanza: dagli innumerevoli soggetti politici che si presentano nelle affollate conferenze di servizio, alle infinite figure che concorrono a ciascuna realizzazione – strutturisti, tecnici del suono, impiantisti meccanici, esperti di impianti elettrici, gestori del sistema informativo, studiosi di questioni bioclimatiche ecc… -...
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