Intervista a Jan Kaplicky - Future System

Scritto da Alessandra Orlandoni - 11 gennaio 2010

Alessandra Orlandoni - Nasci a Praga nel 1937 da genitori artisti. Frequenti l’Istituto di Arti Decorative e entri all’Ufficio Progetti di Stato dove manifesti un talento straordinario nel conferire al disegno tecnico uno spirito artistico. In seguito frequenti la Scuola di Arti Applicate e Architettura, assumi il titolo di Architetto Accademico e cominci ad esercitare la professione in un Paese di cui subisci le costrizioni. Il 12 settembre 1968 lasci Praga e ti trasferisci a Londra, città simbolo della libertà creativa. In che misura la differenza dei due ambienti ha influenzato il tuo percorso professionale?
Jan Kaplicky – La dominazione della Russia aveva notevolmente limitato le possibilità, bisognava andarsene. C’era la guerra, i comunisti avevano instaurato la dittatura ed era diventato tutto impossibile, soprattutto fare cose fuori dall’ordinario. L’unica sensazione era l’attesa, un’attesa infinita, e non aveva senso aspettare all’infinito. Se avessi aspettato non avrei concluso niente. Non potevo insegnare né fare ricerca né partecipare a mostre. Niente di tutto questo.

A.O. - Infatti non ti hanno permesso di frequentare l’Università perché venivi da una famiglia borghese...
J.K. – E’ vero, in un primo tempo non me lo permisero, mi respinsero e dovetti andare all’Ufficio Progetti di Stato. Non potevo viaggiare, non potevo acquistare libri ed era molto complicato poter essere informati su ciò che accadeva nel mondo. Tutto questo era per me insopportabile.

A.O. – Sei stato influenzato dalla rivista americana LIFE...
J.K. – Sì, LIFE era una rivista straordinaria e non credo esista qualcosa di simile ora: ci lavoravano i migliori fotografi e le immagini pubblicate erano fenomenali. Fu la prima cosa che venne vietata dal potere comunista e io cominciai...