Il primo flash che ho della biblioteca centrale di Seattle è notturno: si eleva da un terreno degradante come un parallelepipedo multisfaccettato.
Zigzagando verso l’alto, appare come una serie di protuberanze sospese incorniciate dai muri ortogonali dei palazzi adiacenti.
Quale misterioso lavoro di ingegneria nasconde? E’ forse un’eruzione vulcanica? O piuttosto l’ultimo gioco interattivo?
Le facciate ortogonali e i piani inclinati vetrati sono caratterizzati dalla struttura a rete, di acciaio: una pelle tesa, quasi un tessuto che dona al progetto uniformità e unità morfologica.
Questa membrana a nido d’ape, sottile reticolo di raggi X, ha un aspetto meccanico ma al contempo intrigante, riflette i tetti delle macchine e le segnaletiche lampeggianti, ma permette anche di vedere all’interno della biblioteca.
Mezzogiorno: seconda immagine. Aria di oceano: una breve spruzzata di pioggia.
Rem Koolhaas e alcuni collaboratori di OMA (Office for Metropolitan Architecture), il suo ufficio di Rotterdam, stanno guidando attraverso la biblioteca un gruppo di appassionati di architettura. Siamo nella Living Room, volume principale dell’edificio, direttamente al livello della Quinta Strada.
In questo spazio con i muri perimetrali più alti del progetto, i grandi schermi della membrana si inclinano verso l’interno.
Sono, forse, una testimonianza della fiducia nella geometria di alcuni architetti americani come i premodernisti Kevin Roche e I. M. Pei.
Un auditorium a forma di cubo penetra in profondità e dà accesso a una seconda entrata, un piano sotto la Quinta Strada.
In alto, una parete di vetro scherma un interno rosso fuoco. Direttamente sopra di noi, il tetto è sostenuto da gigantesche colonne rivestite di piastrelle. Ragionando in termini architettonici, come definire il contrario di vertigine? Voyeurismo ascensionale? Attrazione verso l’alto?
Terzo flash: sono all’interno del tubo stretto di...
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