«Dopo 30 anni di rapido sviluppo, il settore delle costruzioni in Cina ha subito un rallentamento, per cui ora ci troviamo di fronte alla sfida di dare una nuova vita agli edifici che sono stati realizzati nell’ultimo mezzo secolo, spesso non significativi dal punto di vista architettonico». Per questa ragione, come spiegano Tao Liu e Chunyan Cai, il riuso adattivo è uno dei filoni principali sui quali si snoda la ricerca progettuale di Atelier tao+c, realtà che hanno fondato insieme nel 2016 a Shanghai. Il portfolio dello studio, che affianca all’attività professionale l’impegno nella ricerca e nell’insegnamento, comprende una vasta gamma di scale e tipologie, spaziando dal disegno di una lampada allo sviluppo di un complesso architettonico, dagli interni di piccoli appartamenti urbani alla ristrutturazione di vecchi fabbricati rurali, includendo spazi destinati al retail e all’hospitality.
L’utilizzo di materiali ordinari, nobilitati da dettagli curati scrupolosamente, viene accostato a forme elementari con chiare proporzioni, generando relazioni adattabili tra l’oggetto e l’uomo, e interazioni mutevoli tra la luce e il tempo. Seguendo questa metodologia, i progetti di Atelier tao+c esplorano la bellezza della vita quotidiana, riscoprendo i valori nascosti nei gesti semplici e abituali, senza negare alla vita stessa di dispiegarsi in tutta la sua complessità. Lo studio degli oggetti nell’ambiente domestico rappresenta in effetti un tema di straordinario interesse per Tao Liu e Chunyan Cai. Basta un rapido sguardo ai loro progetti per cogliere un particolare oggetto che ritorna sempre, diventando il filo conduttore del loro lavoro: il libro, ovvero l’oggetto che per eccellenza consente di intraprendere un’esplorazione della realtà, anche oltre il luogo fisico dove si trova il lettore.
Tra gli interventi più rappresentativi in questo senso figura il naïve bookstore ad Aranya Chongli, nella Cina settentrionale, per la sua stessa natura di spazio dedicato alla vendita di libri. Fin dalla sua nascita, la casa editrice naïve ha aperto, in diverse città, librerie che offrono anche un servizio di caffetteria, in modo da creare un ambiente confortevole che predispone alla lettura. Questo specifico negozio e caffè sorge all’interno di uno spazio esistente in calcestruzzo a vista, dotato di una porzione a doppio volume e immerso in un paesaggio disegnato da pendii innevati. Sulla facciata a doppia altezza rivolta a sud, è stata ritagliata una grande superficie vetrata che apre la vista sulla foresta di abeti e lascia entrare la quantità maggiore possibile di luce naturale. Tra i pilastri in calcestruzzo originari, è stata posizionata una struttura leggera in acciaio e legno, senza prevedere alcuna parete divisoria. Ogni arredo è stato progettato e realizzato su misura per il progetto: le scaffalature che ospitano i libri e le sedute dalle forme morbide sono distribuite in modo da definire un’area libreria, una zona bar e una sala lettura diffusa che percorre il negozio da nord a sud. A ridosso del fronte vetrato, sono allestiti una serie di salottini con poltrone e tavoli bassi, che invitano ad accomodarsi al confine tra l’ambiente all’interno della libreria e il paesaggio all’esterno, attenuando la distinzione tra dentro a fuori. Sfumano così i limiti tra architettura e interior design, rispecchiando appieno la visione olistica dei progettisti.
Intervista
Tao Liu e Chunyan Cai
Founders Atelier tao+c
Il naïve bookstore è stato immaginato come uno spazio luminoso in mezzo al ghiaccio e alla neve, senza alcuna parete divisoria interna. Come interagiscono luce naturale e materiali in questo progetto?
Abbiamo aperto la facciata sud inserendo finestre a tutta altezza con serramenti in legno, che offrono una vista sui pendii innevati e sugli abeti, permettono alla luce del sole di permeare lo spazio della libreria in ogni suo angolo. Quando il sole si muove, la luce crea giochi dinamici di ombre e luci, aggiungendo un carattere giocoso e cangiante all’ambiente.
I materiali sono stati selezionati in virtù della loro capacità di diffondere la luce e del senso di calore che riescono a comunicare. La scelta della fibra di vetro traslucida, in particolare, è fondamentale per ammorbidire la luce. I raggi solari filtrano attraverso il materiale, diffondendosi in una luce color miele che proietta ombre delicate. Questa interazione non solo amplifica ulteriormente il senso di apertura dello spazio, ma crea anche un’atmosfera dinamica e mutevole al variare della luce durante l’arco della giornata.
Il Blue Bottle Coffee West Bund di Shanghai è caratterizzato dalla presenza distintiva di due “tele” a soffitto, sostenute da pilastri in legno inclinati. Quali sono le ragioni di questa particolare soluzione progettuale?
Situato nell’ex sito della fabbrica di cemento di Shanghai, adiacente a uno storico cantiere navale, l’idea rende omaggio al passato industriale dell’area, abbracciando al contempo la sua nuova identità di luogo pubblico sul lungofiume. I pilastri in legno inclinati sono stati introdotti per creare un senso di movimento e dinamismo, distaccandosi dalle tradizionali strutture ortogonali, come se le tele fossero sollevate dalla brezza del corso d’acqua e invitassero il paesaggio fluviale a entrare nello spazio del locale.
Le grandi tele a soffitto svolgono molteplici funzioni: integrano strutture quali impianti idraulici, circuiti elettrici e sistemi di condizionamento, e fungono inoltre da divisori spaziali, pur consentendo di mantenere un ambiente aperto e arioso, che favorisce la connessione tra lo spazio interno e l’ambiente naturale e urbano circostante.
Descrivete il vostro metodo di progettazione come “semi-architettonico e semi-interior”. Potete approfondire questo concetto, con particolare riferimento al progetto per il Capsule Hotel and Bookstore nel villaggio di Qinglongwu?
Questo progetto si basa sull’idea di concentrarsi sull’ambientazione degli oggetti nello spazio, eliminando il ruolo dell’architettura: è una progettazione che si colloca all’intersezione tra l’edificio e gli interni. L’oggetto d’arredo stesso diventa architettura e l’edificio è considerato un elemento d’arredo. Il progetto prevede di conservare le pareti originali in terra battuta e il tetto in legno. All’interno di questo guscio esistente, sono state collocate due strutture indipendenti, destinate rispettivamente agli ospiti uomini e alle donne, che sembrano “galleggiare” sopra agli open space delle aree comuni a piano terra. I livelli superiori dell’edificio sono composti da piccole unità, vere e proprie capsule, progettate secondo le dimensioni di un materasso, con un’altezza di 1,35 m, pensate per stare seduti o sdraiati. Questa scelta introduce un senso di intimità che bilancia la spinta verso la socialità delle aree comuni a doppia altezza, che includono spazi come la reception, il bar, la libreria e la sala lettura.
Gli interventi sull’esistente non sono né puramente architettonici, in quanto non coinvolgono pesanti revisioni delle strutture, né puramente relativi agli interni, poiché vanno a modificare il flusso spaziale. Viene così invertita la percezione del dentro e del fuori: lo spazio esterno all’edificio è ancora interno, mentre lo spazio all’interno dell’involucro è l’esterno di una stanza. I piani sfalsati e le scale con andamento a zig zag si ispirano ai sentieri di montagna e al paesaggio circostante, disegnato dai boschi di Tonglu nella provincia di Zhejiang: questo gioco tra la verticalità e il sistema di circolazione crea una sorta di “giardino interno” dinamico, dove le traiettorie di sguardi e i movimenti sono frammentati ma interconnessi. Intrecciando materiali storici e aggiunte contemporanee, il progetto incarna il concetto di “semi-interior architettonico” come dialogo tra le istanze di conservazione e innovazione, dove la permanenza dell’architettura e l’adattabilità degli interni coesistono, dando origine a spazi stratificati e ricchi di stimoli sensoriali.
Passando ai progetti residenziali, e in particolare alla ristrutturazione del Magy Upper Apartment a Shanghai, come siete riusciti a trasformare questo piccolo spazio in uno studio privato che conserva un senso di appartenenza alla città?
Il Magy Apartment occupa uno storico edificio residenziale affacciato sulla Wulumuqi Road. Il committente del progetto ha affittato un piccolo studio al piano superiore, chiedendoci di rinnovarlo in modo da ottenere «un alloggio confortevole in cui è possibile sentirsi a proprio agio anche se confinati per qualche mese», nel rispetto di un budget limitato. L’intervento ha comportato il ripensamento di uno spazio compatto del 1936 per soddisfare le esigenze della vita di oggi, senza rinunciare alla sua essenza storica.
È stato conservato il pavimento originale in legno di teak e sono stati mantenuti il bagno e la cucina, mentre si è optato per demolire le pareti divisorie al fine di creare un layout aperto e flessibile. Tramite un sistema modulare di armadiature in pannelli mdf di colore verde, dunque del tipo resistente all’umidità, sono state definite tre zone funzionali, identificate da letto, scrivania e archivio: l’assenza di pareti fisse consente di avere una continuità spaziale e un ambiente versatile. I componenti sono stati prefabbricati e sollevati tramite supporti in acciaio in modo da minimizzare le interferenze, mantenendo un dialogo tra gli elementi nuovi e quelli esistenti.
Due scrivanie posizionate in modo strategico permettono di sfruttare le differenti altezze delle aperture: un tavolo è collocato in corrispondenza della finestra che incornicia la vista sulla città, favorendo la connessione con il paesaggio urbano; l’altro tavolo, posto su una piattaforma rialzata al di sotto di una finestra alta, offre un angolo che invita alla meditazione. La vicinanza ai servizi offerti da Wulumuqi Road permette alle funzioni domestiche di estendersi oltre lo spazio dello studio, riprendendo il concetto di “abitazione minima” coniato da Karel Teige. Questa integrazione di leggerezza, modularità e rapporto con il contesto urbano ha creato un rifugio, delle dimensioni di una cella monastica, che rimane legato alla vitalità della metropoli.
House C e House Z, sempre a Shanghai, rivelano scelte materiche chiare e distintive. Potete descrivere il percorso che vi ha portato a definire la palette dei materiali per ciascuna residenza?
House Z è un’abitazione su quattro livelli, con due piani interrati: la scelta dei materiali è stata guidata dall’obiettivo di portare la luce naturale negli spazi sotterranei. Abbiamo dato priorità alla leggerezza e alle proprietà riflettenti: il rovere chiaro, la tonalità tenue dell’intonaco e le superfici in vetro riflettono e diffondono la luce, creando ariosità. La luce diventa essa stessa un materiale: filtra attraverso i vuoti, rimbalza sulle superfici lucide e sfuma i confini tra i piani, bilanciando praticità e chiarezza spaziale.
All’interno di House C, una villa che sorge ai margini del tessuto urbano, il marmo dalle venature decise riveste le aree di servizio: cucina, scale e bagni. Gli spazi circostanti, invece, sono lasciati volutamente minimali: pareti bianche e pavimenti in rovere chiaro definiscono uno sfondo sereno, permettendo alla luce diurna proveniente dalle finestre di inondare le stanze della casa. Questa dualità, che vede la ricchezza del marmo opporsi all’essenzialità delle zone dove questo materiale non è previsto, crea una tensione che dà ritmo e carattere all’abitazione. Le texture naturali della pietra marmorea riecheggiano il contesto rurale nel quale è calata la villa, mentre la presenza scultorea e maestosa della pietra eleva i rituali quotidiani a momenti di quieta grandiosità.
Entrambe le residenze rispondono alle condizioni del sito di progetto: House Z privilegia la leggerezza per contrastare la profondità, mentre House C si concentra sul contrasto materico. I campioni dei materiali sono stati testati in diverse condizioni di luce, in modo da garantire un equilibrio tra resa estetica e praticità di utilizzo.
Quali sono le caratteristiche principali del progetto per i vostri uffici, Architects’ studio 2.0, e come questo spazio riflette l’identità e l’approccio di Atelier tao+c?
Architects’ studio 2.0, così chiamato poiché rappresenta il nostro secondo e attuale spazio di lavoro, è ospitato in un luogo irregolare e inconsueto, formato da due edifici distinti: uno spazio commerciale con una grande vetrata dal profilo curvilineo, che descrive una porzione di cerchio di 13 m di diametro, e un’ala più compatta destinata agli appartamenti. Le due strutture, confinanti lungo una soglia posizionata in direzione diagonale rispetto alla planimetria complessiva, sono separate tramite un giunto di espansione.
Due sono i cardini del progetto. Il primo è il grande tavolo sovradimensionato che attraversa vari ambienti, andando a ricucire lo spazio parcellizzato. Questo arredo non è soltanto un’ampia scrivania per lavorare in team, ma agisce proprio da unificatore spaziale. Con le sue forme irregolari, permette a gruppi isolati di riunirsi insieme; intrecciandosi con le pareti e le colonne esistenti, trasforma le aree residue in zone funzionali. Con i suoi 12 m di lunghezza, questo elemento sfuma il confine tra arredamento e architettura.
Il secondo cardine del progetto è rappresentato da quella che può essere definita la “cruda onestà” dei materiali. Sono stati mantenuti i pilastri circolari originari in calcestruzzo a vista, così come le pareti divisorie all’interno degli ex appartamenti, a cui fa da contrappunto la nuova intelaiatura in acciaio che collega forme rotonde e quadrate. Questa struttura leggera definisce un ambiente di lavoro fluido, senza barriere, e separa lo spazio all’interno del suo perimetro, destinato all’attività lavorativa, da quello all’esterno, un piccolo giardino indoor dove potersi prendere un momento di riposo.
Il progetto utilizza ciò che era già presente in loco: le pareti frammentate sono diventate punti di ancoraggio e le strutture esistenti hanno dettato la disposizione e la forma del tavolo. L’idea è quella di conservare lo spirito della preesistenza, di lavorare con, e non contro, la storia del luogo.
Luogo: Zhangjiakou, Hebei, Cina
Committente: naïve
Completamento: 2024
Superficie lorda: 420 m2
Progetto architettonico e degli interni: atelier tao+c
Appaltatore principale: Beijing Yzone Decoration Engineering
Consulenti
Illuminazione: Shanghai Liaozhuo Lighting Design Office
Progettazione elettrica, meccanica e idraulica: Technova
Fotografie: Wen Studio, courtesy atelier tao+c
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