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Un caleidoscopico mix di materiali

Studio Modijefsky

Un caleidoscopico mix di materiali
Scritto da Redazione The Plan -
Ha partecipato al progetto Dickson

Dai dettagli di realizzazione artigianale, come le bisellature in legno e le lampade custom made, alla complessa matericità, che arricchisce le superfici in legno con inserti in marmo e particolari in ottone, tutto negli spazi del Leo Goudvisch Bar ad Amsterdam punta a ricreare un ambiente dal fascino moderno, avvolto da una patina di nostalgia. Il mosaico culturale che caratterizza la capitale olandese viene catturato negli interni di questo locale, la più recente apertura del gruppo di cocktail bar noti come The Goudvisch Family.Un caleidoscopico mix di materiali - ©Maarten Willemstein, courtesy Studio Modijefsky

Nella capacità di suscitare emozioni così pure e dirette, dietro cui si cela un meticoloso e appassionato lavoro di ricerca progettuale, si legge la firma di Studio Modijefsky. Fondato nel 2009 da Esther Stam, questo studio di interior design ha sede nel cuore di Amsterdam e, al momento, è formato da un team giovane e tutto al femminile; ma «anche i ragazzi sono i benvenuti – chiarisce Esther Stam – purché siano progettisti di talento». Specializzato nel settore dell’hospitality, Studio Modijefsky si occupa anche di residenze, uffici, musei e centri benessere, nei Paesi Bassi e all’estero, con un approccio progettuale che parte dall’analisi del contesto per sviluppare un linguaggio cucito su misura per lo spazio di volta in volta oggetto dell’intervento.Un caleidoscopico mix di materiali - ©Maarten Willemstein, courtesy Studio Modijefsky Protagonista dello spazio è il bancone bar, sul fronte del quale sono presenti vari materiali, valorizzati dal corrimano in ottone che circonda il top: marmo bordeaux venato bianco, rovere scuro e, alla base, un terrazzo alla veneziana bianco e nero.

Inaugurato all’inizio dell’estate, il Leo Goudvisch Bar sorge su Beukenplein, vivace piazza nella zona est della città, sulla quale si estende con un’accogliente terrazza all’aperto. Gli interni del bistrò sono stati disegnati sperimentando un vero e proprio patchwork di materiali, che ruota intorno al legno come scelta principale, richiamando così l’ambiente dei bruin café, tipici locali di Amsterdam, con l’innesto di un’allure contemporanea in questa atmosfera di altri tempi. Al legno, selezionato in essenza noce per la boiserie a parete e in rovere per gli arredi, vengono affiancati un intenso marmo color Borgogna solcato da venature chiare, l’ottone con finitura anticata e un terrazzo alla veneziana, materiale prediletto dallo studio, che gioca sui toni del bianco e del nero in due versioni complementari, nelle quali l’uno prevale sull’altro e viceversa.Un caleidoscopico mix di materiali - ©Maarten Willemstein, courtesy Studio Modijefsky L’ambiente del locale si fonde con quello urbano grazie alla terrazza esterna, dove è possibile concedersi un momento di relax, restando immersi nella vivace vita del quartiere.

Fulcro del progetto è il bancone bar, che racchiude in sé tutti questi materiali, ed è collocato in posizione rialzata rispetto all’area dedicata ai tavoli, differenziazione che viene ribadita anche dal cambio di pavimentazione, con un passaggio dalle mattonelle al parquet a listoni. L’alternanza dinamica di vari livelli nello spazio del locale prosegue con l’inserimento di un mezzanino, dove ritorna il parquet, che definisce un’area più riservata, pensata per ospitare, ad esempio, feste di compleanno: una sorta di seconda sala, che si affaccia su quella principale a doppia altezza tramite una balaustra metallica con alcune porzioni in vetro cannettato. Questa zona si caratterizza per la presenza di una collezione di quadri che movimentano i pannelli lignei a parete e, dal lato opposto, di applique dallo stile vintage che risaltano su di un rivestimento a specchio. Un caleidoscopico mix di materiali - ©Maarten Willemstein, courtesy Studio Modijefsky Negli interni del Leo Goudvisch Bar, la boiserie in noce si fonde con gli elementi d’arredo in rovere, creando un'atmosfera sofisticata e accogliente.

Sia a piano terra, sia sul mezzanino, le panche rivestite in pelle richiamano le sfumature violacee del marmo, utilizzato per i top dei tavoli e come ornamento per il fronte del bancone. Tali sfumature color lavanda, filo conduttore del progetto sul piano cromatico, così come il legno lo è in termini materici, si ritrovano anche sulle tende, realizzate con la tecnica del bojagi, tessuto tradizionale coreano. Questa propensione naturale per gli accostamenti inediti, che nel loro carattere di novità colgono appieno l’identità storica di un luogo, percorre tutta l’opera di Studio Modijefsky, composta ad oggi da oltre 30mila metri quadri di spazi, che raccontano storie del passato, suscitano emozioni nel presente, e creano memorie per il futuro.

 

INTERVISTA

 

L’ANIMA INTERNAZIONALE DI AMSTERDAM

Esther Stam
Fondatrice Studio Modijefsky

Lo spazio del Leo Goudvisch Bar rivela il costante lavoro di ricerca e sperimentazione che Studio Modijefsky conduce su materiali e tecniche di fabbricazione. Quale ruolo svolge la combinazione di diversi materiali e texture in questo progetto e, più in generale, nel vostro processo creativo? 
Ogni volta che approcciamo un progetto, svolgiamo un’approfondita ricerca sul contesto, esplorando la storia e l’architettura del luogo, e ci confrontiamo con la committenza su come prevede di utilizzare lo spazio che andremo a disegnare e quale atmosfera intende infondergli. Dall’insieme di queste informazioni, cerchiamo di distillare gli elementi con i quali comporre un linguaggio cucito su misura per il progetto, in grado di rappresentarne l’identità in maniera compiuta. Per definire questo linguaggio, destinato a scrivere il nuovo capitolo di una storia, abbiamo a disposizione sei strumenti, che possiamo decidere come impiegare e combinare tra loro: materiali, volumi, luci, colori, texture e forme.

Nel caso del ristorante, abbiamo scelto una palette cromatica neutra di base, sui toni del grigio caldo che tende al marrone, con accenti color prugna. Sul piano materico, si tratta di un progetto molto ricco, con tanto legno, che dialoga con materiali capaci di evocare un senso di nostalgia quali marmo e terrazzo. A livello formale, vengono riproposte le linee che caratterizzano il logo, con il disegno di un pesce stilizzato racchiuso in un cerchio e contrassegnato dalla lettera G, che identifica questa serie di locali di Amsterdam, chiamata appunto The Goudvisch Family, ovvero “la famiglia Goldfish” in olandese.

 

La brasserie De Witt nasce dalla ristrutturazione dell’edificio che un tempo ospitava The Movies, un grande cinema nel cuore di Dordrecht, e che conserva tuttora tre sale per le proiezioni. In che modo il progetto tiene conto dei diversi capitoli della storia dell’immobile, che ancor prima era stato un convento, una scuola e un laboratorio?
Contestualmente al nostro progetto, l’edificio è stato oggetto di un intervento che ha interessato sia la facciata, sia il layout distributivo. È stato cambiato proprio l’orientamento del volume, con lo spostamento dell’ingresso, in precedenza collocato su strada, verso la piazza. Al centro della brasserie abbiamo posizionato il bancone bar, che diventa così l’elemento deputato a collegare tra loro i diversi spazi, come se questi fossero degli strati che si sviluppano intorno a esso.

Le lampade disegnate su misura riproducono le nervature di una volta a crociera, a richiamare il camminamento perimetrale del chiostro di un convento, e la forma dei pannelli acustici a parete rappresenta un riferimento astratto al copricapo indossato dalle suore. Le panche e i rivestimenti murali in mattonelle richiamano invece l’ambiente di un’aula di lezione, mentre i pannelli in vetro, così come le sospensioni con la forma di un tubo lungo e stretto, simboleggiano l’attività del laboratorio. I tendaggi in velluto blu, infine, ricordano il sipario di un palcoscenico.

 

Gli interni della Van Stapele Bakery sono caratterizzati da sfumature di tonalità crema e cioccolato, ispirate ai colori dell’unico tipo di biscotto prodotto dal marchio, e richiamano alla mente la fabbrica di Willy Wonka. Quanto è importante questo aspetto fiabesco nel progetto? 
È una componente fondamentale. Quando abbiamo cominciato a lavorare sul progetto, il biscottificio esisteva già da una decina d’anni; a quel punto, l’attività aveva riscosso talmente tanto successo da dover ampliare il proprio spazio, inizialmente molto piccolo. Assistere alla preparazione dei famosi biscotti, costituiti da un guscio di cioccolato fondente che racchiude un ripieno di cioccolato bianco, vederli mentre vengono infornati e poi sfornati, fino a quando si possono ammirare nella vetrina di esposizione, è un aspetto che era già presente nel negozio e che abbiamo voluto mantenere: è parte integrante dell’esperienza dell’utente all’interno della pasticceria. Questa atmosfera magica è essenziale per l’identità del brand, e disegnare un luogo in grado di ricrearla rientrava tra gli obiettivi principali dell’incarico che la proprietaria, Vera van Stapele, ci aveva affidato.

 

Il ristorante al quinto piano del campus di Booking.com è stato immaginato come un arcipelago di isole che fluttuano nel mare. Quali sono le diverse valenze di questa metafora?
Tutti gli spazi degli headquarter di Booking.com, curati ciascuno da uno specifico designer nell’ambito del progetto complessivo degli interni a firma di HofmanDujardin, fanno riferimento al tema del viaggio e delle mete vacanziere. Noi, però, non volevamo dare un’interpretazione letterale di questo fil rouge, ma intendevamo sviluppare un concept più legato all’idea di esperienza, insita nella proposta stessa di questo ristorante. La cucina dello Chef’s Restaurant, infatti, è guidata in ogni stagione da uno chef differente, che viene chiamato a presentare il suo menu.

Così, abbiamo pensato di creare appunto cinque isole, chiamate View, Fire, Canyon, Flight e Treasure Island. Ognuna di esse, con la propria palette di materiali, texture e colori, e i propri rivestimenti e pavimenti, rappresenta una determinata esperienza tradotta in un progetto di interni. Questo espediente dell’arcipelago di isole ci ha inoltre permesso di suddividere in zone più contenute un’area che altrimenti sarebbe risultata troppo ampia da gestire, pur senza andare a introdurre pareti divisorie. Lo spazio fluisce da un’esperienza all’altra, con una pavimentazione in pietra naturale che connette tra loro le varie isole, come fosse l’acqua del mare su cui galleggiano.

 

Lo chef Angelo Kremmydas voleva che il suo ristorante, Gitane, rispecchiasse appieno la sua cucina. Avete lavorato insieme a lui sul progetto? Come si è svolta la vostra collaborazione?
Gitane è il primo ristorante di questo giovane chef e sono sicura che ne aprirà altri in futuro. L’obiettivo era quello di creare un ambiente dove le persone potessero sentirsi come ospiti invitati a cena in casa sua. Angelo aveva un’idea astratta delle caratteristiche che doveva avere il locale: informale e accogliente, non troppo elegante né pretenzioso. A Gitane, lui propone sul menu nuove combinazioni di sapori, e noi abbiamo fatto lo stesso con i materiali scelti per gli interni del ristorante. Come lo chef utilizza ingredienti di qualità reperiti da piccoli fornitori del posto, noi abbiamo applicato la stessa logica nell’interior design. In particolare, abbiamo sperimentato una tipologia di terrazzo del tutto nuova, caratterizzata da un mix di grigi con tocchi di rosa, presente nel rivestimento del bancone bar e in alcune porzioni delle sedute, che per il resto sono realizzate in legno.

 

A differenza dei progetti visti finora, quello per Home Zandpad si distingue per la presenza di pochi materiali e la scelta di colori neutri, lasciando il ruolo da protagonista al verde. Come interagiscono le diverse aree funzionali della casa con la rigogliosa vegetazione che la circonda?
In effetti, per questa residenza abbiamo adottato una palette di materiali e colori più sobria. L’idea era quella di rendere i campi verdeggianti all’esterno parte degli interni della casa: il verde entra dentro le varie stanze, grazie alle aperture – il soggiorno è completamente avvolto da vetrate a tutta altezza – ma anche attraverso numerosi richiami cromatici nelle finiture. Il terrazzo utilizzato per il ripiano e la parete di fondo della cucina, oltre che per i lavabi dei bagni, contiene accenti di verde; anche nei rivestimenti in piastrelle e perfino nelle superfici bianche è presente una sfumatura di verde. Questa transizione da fuori a dentro non è mai gridata, ma piuttosto sussurrata. Per conferire maggiore intimità e calore alle aree più private della casa, come lo studio e le camere da letto, abbiamo inserito più elementi in legno, a partire dal parquet, che sostituisce la pavimentazione continua di colore chiaro che caratterizza la zona giorno, per continuare con la testiera del letto, gli armadi e gli altri arredi disegnati e realizzati su misura.

 

Home Dijkhuis è un progetto fortemente calato nella storia e nelle tradizioni di Amsterdam: una residenza che nasce dal recupero di una casa posta su una diga. Nonostante lo stretto legame con il contesto olandese, che ricorre spesso negli interni a firma di Studio Modijefsky, i vostri interventi racchiudono un’anima internazionale.
Penso che il nostro studio potrebbe trovarsi ovunque. In ogni luogo dove siamo chiamati a operare, il punto di partenza è sempre il contesto: dai materiali naturali reperibili sul posto al background culturale. Tra i nostri obiettivi, c’è proprio quello di lavorare sempre di più anche al di fuori dei Paesi Bassi; inoltre, mi piacerebbe molto realizzare un progetto immerso nella natura, ad esempio un centro benessere. Credo che il nostro sia un team talentuoso in grado di svolgere davvero un lavoro di qualità; sarebbe quindi molto interessante poter declinare il nostro approccio progettuale in contesti che non abbiamo ancora esplorato.

 

Luogo: Amsterdam, Paesi Bassi 
Committente: Joost Lebesque, 3WO 
Completamento: 2024 
Superficie lorda: 255 m2 
Progetto degli interni: Studio Modijefsky
Appaltatore principale: Ten-19

Fotografie: Maarten Willemstein, courtesy Studio Modijefsky
Tutte le immagini Maarten Willemstein, courtesy Studio Modijefsky

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