Il design è curiosità, rispetto, comprensione del sé. Il design solleva domande: chi siamo in relazione a ciò che ci circonda? Come si relazionano la forma e la materia con il nostro corpo, con la nostra mente e con il nostro vivere quotidiano? È a queste e a molte altre domande che Maria Bruun prova a dare risposta attraverso il suo lavoro di designer. Nata e cresciuta, anche professionalmente, in Danimarca, è oggi diventata una grande interprete del legno, realizzando collezioni e arredi simili a oggetti d’arte da collezione e da esposizione, tanto da essere stata protagonista all’interno di numerose mostre e musei. Formatasi alla Royal Danish Academy of Fine Arts, la scuola di design di Copenaghen, ha saputo sviluppare un proprio e personalissimo stile sempre in divenire, basato su uno stretto confronto e dialogo con artigiani dei più svariati settori, ma dal profondo rispetto per il design classico danese.
Che cos’è per lei il design e che cosa rende, a suo parere, un oggetto più desiderabile di un altro?
«Per me, il design è sia qualcosa di artistico sia di commerciale.
Per me, il design è l’attività di una vita.
Per me, il design è un insieme scenografico.
Per me, il design è educazione all’estetica e alla concretezza.
Per me, il design è un’urgenza creativa, un impulso creativo.
Il design è un elemento onnipresente nella vita di tutti i giorni, sia per coloro che ne usufruiscono, sia per il designer. L’alternanza giornaliera tra il design inteso come ‘funzione’ e come ‘ambizione’ è il punto di partenza per tutto ciò che creo. Il design è ritmo, è iterazione, è un processo in continua evoluzione. Ma design significa anche impatto in termini materiali e capacità di creare qualcosa di reale e duraturo; ma soprattutto si manifesta attraverso un’azione concreta. Il design è anche curiosità, rispetto e cura e, allo stesso tempo, definisce i contorni del nostro modo di intendere lo spazio in cui ci troviamo e gli oggetti che ci circondano. L’obiettivo è sempre quello di sviluppare progetti e arredi con una concezione estetica del tempo e dello spazio che vada oltre la pura funzionalità. Dal momento che il design è parte fondamentale dell’idea che ognuno ha di sé stesso, tutti coloro che li utilizzano sono indistricabilmente legati a tali oggetti di design, come se fossero una scenografia quotidiana. Il design ci pone infatti alcune domande: chi sei tu in relazione alla realtà che ti circonda? Come si relazionano la tua mente e il tuo corpo con forme e materiali? Come ti inserisci in questo insieme?».
Qual è il clima, l’atmosfera che preferisce per lavorare e per creare?
«Vivo a Copenaghen e lavoro nel mio studio, che si affaccia con ampie finestre su una gradevole strada acciottolata, con una bellissima luce che entra all’interno. Essendo a piano terra, i vicini mi salutano e i passanti sono incuriositi: mi trovo benissimo in questo contesto, che mi tiene legata al mondo esterno mentre sono immersa nel mio lavoro. Mi occupo di arredi, progetti di interni ed esposizioni, al confine tra un’attività artistica (nell’ambito della scultura) e commerciale, tenendo presente che – come dicevo – una non esclude l’altra. In cosa consiste un arredo? In cosa consiste un oggetto di design? Queste sono le domande che mi interessano nella mia professione. Cerco di non mettere troppe etichette al mio lavoro, di non categorizzarlo in modo eccessivo, lasciando che forma e materiali si sviluppino in un processo naturale. Le mie creazioni spesso consistono in una serie di oggetti o di arredi: fin dall’inizio visualizzo l’oggetto nel contesto spaziale in cui è inserito e la relazione con il suo intorno: è a partire da uno stadio molto primitivo del processo che riesco a vedere questa immagine».
Per lei il rapporto con artigiani, vasai e professionisti di tante altre discipline è qualcosa di fondamentale per un reciproco arricchimento: come riesce a stabilire di volta in volta un rapporto di fiducia e di reale collaborazione?
«Lavoro parecchio insieme ad abili artigiani, falegnami, fabbri, vetrai, vasai... Nutro un enorme e profondo rispetto per la tradizione e per l’impegno che serve in questi mestieri e spesso la concretizzazione degli oggetti che disegno dipende proprio dalla possibilità di trovare mani migliori e più esperte per realizzarli. Data la mia grande passione per l’artigianato, insegnare in laboratorio è una parte importante del mio lavoro, ma lo è anche ascoltare e assorbire l’esperienza di coloro che hanno passato tutta la vita a lavorare con un certo materiale. Quando se ne conoscono le caratteristiche intrinseche e il processo di lavorazione, uno dei compiti è entrare dentro questo processo e talvolta metterlo anche in discussione. Le tradizioni custodite da un mestiere artigianale possono, o devono, essere a volte superate, in modo che insieme si possa creare qualcosa di nuovo e dar vita a nuovi metodi di produzione e ideazione, in linea con il mondo in cui si vive oggi».
Il legno è protagonista di molte delle sue produzioni: cosa si prova a lavorare, a toccare un materiale tanto antico quanto contemporaneo? Ritiene possa essere sfruttato ancor più nel design e nell’architettura del futuro?
«Il legno è un materiale sorprendente, basti pensare all’emozione nel riceverne un pezzo, nel venire a conoscenza dell’età dell’albero o della sua provenienza. Segare, tagliare e piallare il legno, controllando le forze che ne definiscono le venature e la struttura, riplasmandolo e ricostruendolo e, di conseguenza, aggiungendo tutto questo valore all’arredo o all’oggetto che si sta realizzando: questo mi affascina sempre! La maggior parte delle volte provvedo io stessa a realizzare prototipi e test in laboratorio. Nel corso degli anni sono diventata via via più esperta, con un profondo rispetto per l’attività artigianale. Cimentarsi nel tagliare il legno in prima persona, usare il trapano, la fresatrice o una macchina a controllo numerico, condiziona il proprio processo creativo: quando conosci il processo di lavorazione di un materiale, puoi modificarlo spingendoti ai limiti di quello che è tecnicamente possibile. Penso assolutamente che il legno sia un materiale che vedremo sempre più presente nel design e nell’architettura in futuro».
Designer e architetti, nel loro lavoro quotidiano, devono avere la capacità di leggere le necessità del presente e, allo stesso tempo, avere uno sguardo lungimirante per immaginare anche quelle del futuro. Un tema come quello della lotta allo spreco è di certo una questione trasversale all’oggi e al domani. Tra i suoi progetti ci sono esempi significativi a tal proposito: ce ne può raccontare qualcuno?
«Il mio lavoro si inserisce nel solco di una tradizione di lunga data come quella danese. Con il massimo rispetto per gli arredi tipici di questa tradizione, li vedo come le fondamenta su cui mi sforzo di costruire un approccio innovativo e di creare un tipo di design che dialoghi in maniera stretta con gli artigiani. Mi interessano il passato, il presente e il futuro del mondo del design danese. Noi ci reggiamo sulle spalle degli esponenti più significativi del modernismo e del gusto estetico classico, ma è arrivato il momento di creare qualcosa di nuovo. Quando parliamo di arredi, legno, produzione e sostenibilità, dobbiamo pensare all’intero ciclo di vita dei prodotti che creiamo: la quantità di legno che utilizziamo – impiegando non soltanto alcune specifiche essenze, ma proponendone di nuove – il packaging, la produzione locale, il trasporto, il riciclo, la manutenzione, la demolizione, lo smaltimento, la riforestazione...
Quando si disegna un prodotto, ritengo importante che l’idea di sostenibilità sia rappresentata nell’oggetto stesso. Questo può avvenire attraverso una flessibilità funzionale, cioè creando molteplici opportunità di utilizzo e molteplici scale con un unico design. Ci si può anche focalizzare sull’utilizzo minimo di materiali altri, ovvero disegnare e sviluppare dettagli e soluzioni costruttive in legno, tenendo conto del ciclo di smaltimento del prodotto in termini di decomposizione o riciclo, oppure semplicemente adottare metodi classici di lavorazione del legno utilizzati per anni e collaudati nel tempo: anche questo contribuisce a preservare il settore artigianale, i posti di lavoro locali e la produzione nazionale. Credo però che l’elemento più importante sia lavorare con un design di alta qualità. Creare un arredo bello esteticamente, con dettagli ben progettati e realizzati dai migliori artigiani e con i migliori materiali a disposizione: in questa maniera diamo vita a prodotti di cui gli utenti avranno cura e che verranno tramandati di generazione in generazione».
Tra i suoi progetti ce n’è uno al quale è maggiormente legata? E perché?
«Nel 2020 sono stata contattata dal Design Museum di Londra, insieme all’azienda inglese Benchmark e all’American Hardwood Export Council (AHEC), per disegnare una collezione di arredi per l’home office che rispondesse alle esigenze della nuova quotidianità a cui tutti abbiamo dovuto adattarci durante la pandemia. Ho creato una serie di pezzi chiamata Nordic Pioneer. Realizzati in legno massello d’acero, questi arredi presentano un’estetica delicata che risulta piacevole alla vista. Pur essendo caratterizzati da dettagli che appaiono semplici – quasi fossero sempre stati realizzati così – nascondo in realtà un lavoro di artigianato complesso e rappresentano un esempio di quegli arredi su misura che Benchmark è così abile a realizzare. Uno spazio sicuro, un tavolo con una postazione singola dove la sfera lavorativa e quella personale si incontrano, che però – quando si sarà tornati alla normalità – potrà essere allungato per invitare le persone alle quali amiamo stare seduti accanto. Ho scelto di lavorare con un bellissimo acero americano, dotato di proprietà tattili fantastiche e caratterizzato da un colore bianco latte che rende gli arredi leggeri, quasi invisibili nello spazio, con sottili venature e una morbidezza al tatto che comunica un senso di quiete. Essenzialmente, il tavolo, le sedie e gli sgabelli della collezione Nordic Pioneer continuano quell’idea di minimalismo scultoreo che caratterizza tutto il mio lavoro. Un design in apparenza semplice, con pochi dettagli, ma ben concepiti, e un elemento di giocosità (senza scivolare mai nel comico o nell’insignificante), giusto quel tanto che basta per catturare l’attenzione e stimolare i sensi.
Da quando abbiamo presentato la collezione nel 2020, è stato fatto ancora molto lavoro sullo sgabello. L’idea di base è stata quella di prendere il dettaglio del piede del tavolo e della sedia, ingrandendolo fino a ottenere un cuscino di legno massello, poi posato sopra a un piccolo sgabello impilabile: un oggetto semplice e utile che molte persone possono utilizzare. Gli utenti sono attratti da questo cuscino in legno come fosse una una calamita, affascinati dal fatto che sia in legno massello ma allo stesso tempo soffice e confortevole. Il pezzo è attualmente pronto per andare in produzione e verrà lanciato sul mercato nella primavera 2023».
Ha un sogno nel cassetto? Ce lo può svelare?
«Io rappresento il design contemporaneo danese, proprio in questo momento! Ecco perché sono così emozionata all’idea di contribuire a definire il design danese nel futuro, rendendo la nostra eredità e la nostra lunga tradizione sostenibile per i prossimi 50 o 100 anni. Di fatto, io cerco di comunicare la mia visione come designer, di trasmettere valori e di veicolare prodotti significativi per gli utenti finali».
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