Il progetto prende forma a partire dalla possibilità di utilizzare, come luogo espositivo, la spettacolare Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale, realizzata nella metà del Settecento e parzialmente distrutta dai bombardamenti durante la Seconda Guerra Mondiale, della quale offre una chiave insolita di lettura, per esprimere il linguaggio artistico del pittore.
«La sala delle Cariatidi a Palazzo Reale, sembra il luogo ideale per “incontrare” Vedova e scoprire l’artista. Lo spazio, maestoso e denso, si adatta perfettamente al valore spaziale del lavoro di Emilio Vedova, alla sua profondità materica e all’essenza dinamica delle sue opere. Per questo, insieme a Germano Celant, abbiamo pensato di fendere lo spazio con un muro diagonale: un gesto minimale e al tempo stesso radicale, che permette un’esperienza doppia e orienta il visitatore. Inoltre, per esaltare la “natura urbana” dell’installazione, abbiamo deciso di aprire eccezionalmente le finestre della Sala verso il Duomo, amplificando l’esperienza della visita», spiegano Massimo Alvisi e Junko Kirimoto.
Incentrato su due periodi decisivi per l’evoluzione del pensiero pittorico dell’artista (gli anni ‘60 e gli anni ‘80), l’allestimento è caratterizzato da un setto in pannelli di OSB grigi, lungo oltre 30 m, alto 5 m e profondo 1 m, circondato da un’esile struttura luminosa indipendente che attraversa diagonalmente il salone, quasi a provocarne la severità architettonica. L’intento è valorizzare la forte componente scenografica dell’ambiente, in cui far emergere, nei due lati contrapposti, gli aspetti innovativi del contributo linguistico di Vedova all’arte moderna e contemporanea. Nel contesto lacerato, sono esposte, sia a muro che a pavimento, circa 70 opere, alcune delle quali di imponenti dimensioni, che raccontano magistralmente il percorso umano e artistico di Vedova. A confronto, i lavori degli anni ‘60 — dipinti e sculture come il ciclo dei Plurimi, articolazioni lignee coperte di stratificazioni cromatiche intrise di materialismo, con quelli degli anni ‘80 — le grandi tele e i Dischi, grossi dipinti in tondo installati a pavimento come fossero attori capaci di danzare nello spazio.
Un’esile struttura luminosa sovrasta il setto, bilanciandone la matericità in un gioco di gravità e leggerezza. Verniciata di nero, la struttura metallica a telaio autoportante, nella sua semplicità, riprende gli strumenti che Emilio Vedova utilizzava nel suo studio di Venezia, scandendo il ritmo compositivo degli elementi architettonici all’interno della sala. Alla struttura, tramite staffe che possono scorrere sulla lunghezza, sono direttamente appese le luci che illuminano le opere a terra, due binari sospesi paralleli al muro con fari che illuminano le installazioni a parete, e due opere. A pavimento, una pedana con una finitura superficiale di colore grigio con grana simile al cemento, si snoda con continuità in tutti gli ambienti. Sia a parete che free standing, circa 70 opere, alcune delle quali di imponenti dimensioni, prendono vita per raccontare magistralmente il percorso umano e artistico di Emilio Vedova.
L’itinerario biografico e professionale dell’artista è ricostruito, invece, nella Sala del Piccolo Lucernario, che precede l’ingresso a quella delle Cariatidi. L’accesso è accentuato dal posizionamento di pannelli di mdf nella tonalità nero opaco, che ricoprono gli imbotti di passaggio. Illuminata naturalmente dall’alto e resa astratta dal colore grigio dei pannelli che rivestono le pareti e il pavimento, la sala è un volume puro dai toni neutri, che permette di raccontare l’artista anche attraverso opere, fotografie e modelli, posti su un tavolo espositivo centrale in pannelli di OSB. Lo spazio dal carattere uniforme, è stato pensato come un luogo di raccoglimento, dove soffermarsi sugli aspetti più didattici della mostra, prima di immergersi completamente nell’esplosione di forme e del pittore veneziano.
/22
La Sala delle Cariatidi: i Plurimi
Marco Cappelletti
Il muro in OSB
Marco Cappelletti
La Sala delle Cariatidi: i Plurimi
Marco Cappelletti
I due mondi di Vedova
Marco Cappelletti
La Sala delle Cariatidi: i Dischi
Marco Cappelletti
La Sala delle Cariatidi: i Dischi
Marco Cappelletti
La Sala delle Cariatidi: i Dischi
Marco Cappelletti
Il muro, la struttura metallica a la Sala delle Cariatidi
Marco Cappelletti
La Sala delle Cariatidi: i Dischi
Marco Cappelletti
La Sala del Buffet
Marco Cappelletti
Il portale di connessione tra le due sale
Marco Cappelletti
La Sala delle cariatidi vista dall'esterno
Marco Cappelletti
Schizzo di progetto
Massimo Alvisi
Schizzo di progetto
Germano Celant
Schizzo di progetto
Junko Kirimoto
Modello di studio della Sala delle Cariatidi: il muro e la struttura
Alvisi Kirimoto
Modello di studioModello di studio della Sala delle Cariatidi: il muro e la struttura
Alvisi Kirimoto
Modello di studio della Sala delle Cariatidi: il muro e la struttura
Alvisi Kirimoto
Modello di studio della Sala del Buffet: la scatola neutra
Milano, Palazzo Reale
Italia
Fondazione Emilio e Annabianca Vedova
12/2019
900 m2
Progetto architettonico: Alvisi Kirimoto - Curatore: Germano Celant
Alvisi Kirimoto: Massimo Alvisi, Junko Kirimoto, Silvia Rinalduzzi
Allestimento: Ott Art - Trasporti: Apice
Consulenza progetto strutturale: Ing. Maurizio Milan - Visual e progetto grafico: Twin Studio
Marco Cappelletti
Curriculum
Dopo 10 anni di collaborazione con architetti internazionali come Piano, Fuksas e Niemeyer, Massimo Alvisi e Junko Kirimoto fondano nel 2002 Alvisi Kirimoto Partners.
Lo studio si distingue per l’approccio sartoriale alla progettazione, l’uso sensibile della tecnologia e il controllo dello spazio a partire dalla manipolazione di “fogli di carta”.Fondendo la sensibilità italiana a quella giapponese ha realizzato numerosi progetti tra cui: l’Aula Magna della LUISS Guido Carli a Roma, la Cantina Bulgari in Toscana, la fabbrica farmaceutica Medlac ad Hanoi, il Complesso Incà a Barletta, la sede direzionale Molino Casillo, la ristrutturazione dell'Alexandrinsky Theatre a San Pietroburgo, il restauro del Teatro Comunale di Corato e del Teatro delle Belle Arti di Napoli ed ha collaborato come Executive e Local Architect di OMA a Fondazione Prada a Milano.
Massimo Alvisi assiste il sen. Renzo Piano nel programma G124, dedicato alla valorizzazione delle periferie nel territorio nazionale.