MEIS - Museo Nazionale dell'Ebraismo Italiano e della Shoah
“…ogni monumento, per continuare a vivere, non può essere separato senza danno, spesso irreparabile, dall’ambiente circostante…”. Giorgio Bassani
Il progetto del MEIS ci ha posto di fronte ad un luogo, ad un paesaggio inteso nel senso più esteso del termine, complesso ed eterogeneo. Un museo, ma anche un luogo della memoria, parte della città, delle coscienze, della coscienza collettiva: un monumento. Un progetto di molteplici paesaggi, di nature eterogenee, quali lo scenario urbano della darsena ed il quartiere che ne deriva a sud ovest del castello estense, l’ex carcere luogo sospeso ed interrotto, il rapporto imprescindibile della città di Ferrara con la cultura ebraica, il paesaggio delle memorie che attraversano e si intrecciano in un luogo così articolato. Un insieme di tracce, di segni, fisici ed intangibili, ordinati e significati attraverso il progetto architettonico. Progetto che nasce da un lavoro sostanziale sulla preesistenza, contribuendo a quella naturale stratificazione di tracce, di segni, di sedimenti che da sempre hanno costruito le città italiane nella loro naturale evoluzione. Come Giano bifronte l’identità del pensiero di questo progetto si costruisce sul duplice sguardo, rivolto contemporaneamente al passato e sul futuro. Un atto critico seleziona gli elementi salienti su cui impiantare le nuove funzioni del museo: l’orientamento, la giacitura dei segni, la misura e la scala urbana, il recinto, interrotto per aprire il luogo alla città. L’apparato murario, fondamento tipologico dell’ex carcere, diviene infatti luogo da cui rigenerare il rapporto con la città modificando, la chiusura in apertura, la distanza in prossimità.
Il museo dell’ebraismo italiano sarà un museo della città, un museo per la città, un luogo aperto: alcune parti saranno accessibili liberamente, come la hall di ingresso, il bookshop, i ristoranti, una parte delle esposizioni temporanee, il giardino, luogo immaginario “ al di là del muro”, in continuità con i giardini ferraresi, dall’ addizione erculea di Corso Ercole I d’Este, fino al Giardino dei Finzi Contini. Volumetricamente i 5 elementi in sequenza, richiamano in modo simbolico i 5 capitoli della torah, il Pentateuco, divenendo al tempo stesso contenitore ma anche contenuto: il libro è metafora della conoscenza e della ragione. Passi salienti della torah, che potranno essere selezionati con la comunità ebraica, saranno iscritti in bassorilievo sulle pareti del museo, regolandone l’intensità della luce all’interno: brise-soleil sul volume di ingresso più trasparente e permeabile verso al città, cavità nella parte espositiva. I volumi dedicati alla parte espositiva, sono stati concepiti come spazi neutri ininterferenti con gli elementi in mostra: come all’interno di una torre scenica una serie di quinte mobili possono determinare molteplici configurazioni, generando possibilità mutevoli di uso dello spazio. La luce in tutti gli ambienti sarà zenitale indiretta e diffusa: sui bordi delle sale espositive , attraverso delle aperture verticali, la città entra a far parte della costruzione dello spazio interno in modo sostanziale. La cultura e la memoria sono elementi in continua evoluzione, interpretazione e mutazione, caratteristiche di cui il contenuto espositivo deve contaminarsi: l’allestimento sarà interattivo e digitale, fatto di immagini continuamente da aggiornare, adattare alla sensibilità del visitatore e al tempo. Fare un progetto multimediale per un museo cosi ricco di memoria storica e di riferimenti iconografici implica un utilizzo complesso delle potenzialità del mezzo video. da un lato si tratta di rendere fruibile il materiale storico ed iconografico nel modo più funzionale possibile, dall’altro di immergere lo spettatore in una dimensione altra, legata alle immagini in movimento. Entreranno a far parte del progetto di allestimento anche tutte quelle interfacce naturali esistenti disegnate dalla nuova frontiera dell’interattività; gli ambienti architettonici possono essere tematizzati, scenografati da grandi immagini video costruiti alla loro misura. Questo museo non sarà solo raccolta di oggetti anche bellissimi, ma strumento e luogo per comunicare significati idee, memorie, incubatore di nuova cultura comune.
SCAPE
SCAPE è uno studio di architettura italiano con sede in Roma e Parigi che ha fatto dell’internazionalizzazione il proprio punto di forza. Nata nel maggio 2002 da un’idea di Ludovica Di Falco, Francesco Marinelli e Paolo Mezzalama, la società –scape s.p.a. si concretizza nel 2004.
Alessandro Cambi aderisce in qualità di quarto socio nel 2005. Sin dalla sua apertura, SCAPE si è orientata verso il mercato estero. Il primo punto di arrivo di questa strategia è l’apertura di una sede parigina nel 2008 . SCAPE si è dotata dei più sofisticati strumenti digitali indispensabili per conseguire l’efficacia tecnico-costruttiva in particolare con l’adozione 4 anni fa della metodologia BIM (building information modeling): con l’obiettivo di riportare la costruzione al centro del processo progettuale.
Nel 2008 è stata premiata con i “Nouveaux Albums des Jeunes Architectes” dal Ministero della Cultura e della Comunicazione Francese.
Nel corso del 2014 si aggiudica il premio del Consiglio Nazionale Architetti “Giovane Talento dell’Architettura Italiana 2014”.