Architettura Green e deserto: progetti in Australia
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Australia, tre esperimenti di Architettura Green nel deserto

A breve vivremo in zone aride e sabbiose, complice il cambiamento climatico. In questa parte del mondo, i progettisti si sono messi alla prova tra canguri, folate di terra rossa e antiche rotte sciamaniche

WilkinsonEyre Architects | Margot Krasojević | Marco Caniato | Jolson Architecture and Interiors

Architettura Green e deserto: progetti in Australia
Scritto da Redazione The Plan -

La domanda non è più se costruire o no nel deserto, perché nel deserto probabilmente, complice il cambiamento climatico, ci troveremo tutti a vivere. Tra qualche anno, a seconda delle teorie, o tra decenni. Fatto sta che le nostre città stanno già affrontando il tema della sopravvivenza in condizioni estreme, tra temperature afose ai limiti della sopportazione, avanzamento delle acque e tentativi di protezione delle aree litoranee (su tutti, i nuovi progetti dei waterfront urbani, anche di piccole città come Rimini). Grande tema, affrontato oggi da molti progettisti. La declinazione più ovvia è quella dell'architettura green

Abbiamo deciso di vedere cosa succede in Australia, paese di cui poco si parla su giornali e web, complice il fatto che negli ultimi anni ha del tutto chiuso le frontiere causa Covid (ora però riaperte). Qui progettisti e designer da tempo sperimentano nuove tecnologie, forme e materiali sostenibili, anche se la famosa terra rossa, che ricopre il paese per il 90 per cento del suo territorio, non rende facile il loro operare. Anche in ambito urbano.

 

Australia Istock, © bennymarty

 

Ecco tre progetti esemplari: una winery nel vigneto nella penisola costiera di Mornington, nei pressi di Melbourne, il recente One Barangaroo, l'edificio più alto di Sydney sulla Darling Harbour, circondato dall’acqua, e un hotel interamente di plastica, trasformata in materiale da costruzione.

 

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Tre esperimenti di Architettura Green nel deserto

PT. LEO ESTATE WINERY || Una cantina tra oceano, scultura e paesaggio australiano
JOLSON ARCHITECTURE AND INTERIORS

 

Pt. Leo Estate Winery - Jolson Architecture and Interiors © Anson Smart, courtesy of Jolson Architecture and Interiors

 

Segue la natura curvilinea del sito il progetto del Pt. Leo Estate Winery dello studio Jolson Architecture and Interiors, che ha ricevuto l'incarico da un appassionato d'arte e produttore di vino australiano. L'edificio è situato in un vigneto della penisola costiera di Mornington, nei pressi di Melbourne. Il progetto segue la morfologia del terreno riportando alla mente il processo di vinificazione mentre l'architettura astratta della cantina si basa su una fusione tra oceano, scultura e paesaggio australiano.

 

Pt. Leo Estate Winery - Jolson Architecture and Interiors © Anson Smart, courtesy of Jolson Architecture and Interiors

 

Arte e vino si immergono in un contesto formato da un parco di sculture, ristorante e cantina, il tutto incorniciato da un paesaggio mozzafiato. La struttura si trova nel punto più alto del sito per avvicinare il visitatore all’esperienza in vigna. Il parco delle sculture segue un percorso tortuoso che avvolge la cantina creando una raccolta di fermi immagine di architettura, oceano e vigneto. Il parco ospita oltre cinquanta sculture di grandi dimensioni di artisti locali e internazionali: la mostra è stata curata dall'ex direttore della Geelong Gallery, Geoffrey Edwards. Tra le diverse opere, si possono apprezzare quelle di Tony Cragg, Augustine Dall'Ava, Deborah Halpern, Inge King, Clement Meadmore, Jaume Plensa e Anthony Pryor.

 

Pt. Leo Estate Winery - Jolson Architecture and Interiors © Anson Smart, courtesy of Jolson Architecture and Interiors

 

Il panorama e la progettazione dell’involucro dell'edificio si fondono con l'iconica scultura di Inge King. La forma del costruito si sviluppa dal suolo al piazzale, includendo una parte dell’esteso vigneto. La forma sinuosa del sito è un'interpretazione astratta della mescita del vino dalla bottiglia e del ciclo biologico della vendemmia. Nei mesi estivi, un velo di viti copre l'edificio rafforzando la risposta progettuale nei confronti del paesaggio. La superficie del piazzale in granito e il posizionamento asimmetrico dell'unico Bottle Tree vogliono ricordare le vedute delle aspre terre australiane e dell’oceano.

 

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ONE BARANGAROO || Una scultura abitata
WILKINSONEYRE ARCHITECT

 

Crown Sydney at One Barangaroo - WilkinsonEyre © Tom Roe, courtesy of WilkinsonEyre

 

Non è propriamente nel deserto, ma l'edificio più alto di Sidney, One Barangaroo, rientra negli studi urbani che la città sta portando a termine per contrastare l'emergenza climatica, dichiarata ufficialmente dopo Hobart, altra città australiana. Progettato dagli studi WilkinsonEyre Architects e da Bates Smart, il grattacielo si erge sulla Darling Harbour, circondato dall’acqua, affacciandosi su uno splendido panorama che vede il ponte di Sydney in primo piano. La torre e l’edificio su cui poggia, con un’altezza complessiva pari a 275 m, ospitano un sontuoso resort con 349 camere e suite, ristoranti sul lungomare, caffetterie, bar, negozi e 76 appartamenti di lusso posti ai livelli superiori.

 

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Per questo progetto Chris Wilkinson si è ispirato all’idea dello scultore romeno Constantin Brâncuși secondo cui “l’architettura è una scultura abitata”, affermando inoltre: "volevo qualcosa di speciale e scultoreo sul sito", per rompere con l’essenza tradizionale della pianta rettangolare caratteristica degli edifici circostanti anni '50, '60 e '70.

 

Crown Sydney at One Barangaroo - WilkinsonEyre © Tom Roe, courtesy of WilkinsonEyre

Il brief architettonico è uscito poco prima delle vacanze di Natale, offrendo così a Wilkinson la possibilità di riflettere in tranquillità su quale potesse essere la forma ideale per plasmare una nuova architettura: guardando una scultura, alta circa 30 m, creata in passato con la moglie e il figlio in occasione di un concorso di design, ha avuto l’intuizione di trasferire alcuni elementi progettuali di questa al nuovo grattacielo caratterizzato dall’intreccio di tre petali che ruotano di 90° mentre si sollevano dal suolo. Tuttavia, era necessario unire gli angoli affinché questa scultura potesse essere abitata: per soddisfare i requisiti progettuali del brief infatti, le ampiezze hanno subito una trasformazione, da 90° sono passate a 60°. Pertanto, durante lo sviluppo del progetto, gran parte della forma è stata gradualmente modificata per conformare l’architettura al sito.

 

>>> Leggi di più sulla forma e le curve complesse dell'One Barangaroo

 

L'HOTEL DI PLASTICA DELL'ARCIPELAGO COCOS || Un'isola sostenibile e autosufficiente
MARGOT KRASOJEVIĆ ARCHITECT

 

Recycled Ocean Plastic Resort © Margot Krasojević

 

Se non si può vivere sulla terra, perché troppo "afosa", perché non farlo su un'isola galleggiante, nell'oceano al largo dell'Australia? Siamo infatti nell’arcipelago Cocos (Keeling), dove l’aumento dell’inquinamento dovuto ai residui plastici sta danneggiando l’intero ecosistema, intrappolando e uccidendo la maggior parte dei paguri che sono una specie molto importante per l’ambiente tropicale, la cui scomparsa potrebbe avere un impatto significativo su tutti gli ecosistemi circostanti. 

Margot Krasojević Architects ha ideato e sviluppato un'infrastruttura in grado di gestire e aggregare l'accumulo di rifiuti di plastica presenti negli oceani. Attraverso un software che simula la corrente oceanica, lo studio è stato in grado di mappare le dinamiche di accumulo dei rifiuti plastici negli oceani. Questo è stato un punto di partenza fondamentale per capire come raccogliere questi rifiuti e utilizzarli in modo costruttivo. Da qui è nata l’idea di trasformare questa plastica in materiale da costruzione per un hotel galleggiante che evolve la sua struttura in parallelo con l’accumulo dei rifiuti che serviranno da base galleggiante per la struttura turistica.

 

Recycled Ocean Plastic Resort © Margot Krasojević

L'isola sarà costituita da sacchi di rete realizzati con la plastica riciclata derivata dai rifiuti raccolti nell’Oceano. L’intera struttura sarà ancorata al fondo dell'oceano mentre sabbia e limo verranno depositati sulla zattera galleggiante di plastica per rendere l’isola ospitale. Sul suolo verranno piantati alberi di mangrovie le cui radici cresceranno attorno ai sacchi di plastica riciclata per creare una struttura stabile, infatti le mangrovie sono spesso utilizzate come metodi di difesa dalle inondazioni a causa della loro resistenza.

 

>>> Completa la lettura e consulta l'articolo scientifico sul biopolimero inventato e brevettato da Marco Caniato, ricercatore e docente della Facoltà di Scienze e Tecnologie unibz

 

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