Vetro, cemento e legno sono i materiali utilizzati per fare del Renzo Piano Pavilion un simbolo di semplicità e trasparenza. Quest’architettura colonnata di oltre 9.300 mq, circondata da olmi e querce rosse, si trova a circa 50 metri a ovest dell’edificio a firma di Louis I. Kahn, un museo dalla copertura a volte cicloidi inaugurato nel 1972. Composta da due strutture connesse da altrettanti corridoi vetrati, il nuovo complesso prevede un’entrata posta sul fronte (o ala est). Da qui, un atrio delimitato da vetrate conduce a due gallerie di grande essenzialità, dove coppie di travi in legno corrono da nord a sud, il legno di quercia accomuna le pavimentazioni e le pareti creano un continuum spaziale con le trasparenze del vetro schermante o le cromie grigio-chiaro del calcestruzzo. Le travi supportano un’elegante copertura in acciaio e vetro, realizzata nella porzione superiore con lucernari per il controllo della luce solare e, in quella inferiore, con tele atte a filtrare i raggi all’interno della galleria. Gli spazi espositivi non possono che giovarsi della presenza dell’illuminazione naturale che, grazie alle pareti vetrate, è in continua evoluzione a seconda dell’irraggiamento e delle condizioni atmosferiche. La galleria a sud è principalmente destinata ad accogliere mostre temporanee, mentre quella a nord è dedicata alla collezione permanente. “Grazie all’ampliamento, il Kimbell Art Museum sarà per la prima volta in grado di presentare al pubblico non solo la propria collezione permanente, limitata nel numero ma straordinaria nella qualità, ma anche un ventaglio di esposizioni che si succederanno l’una dopo l’altra” afferma Eric M. Lee, direttore del Museo. “In occasione dell’inaugurazione, il nuovo padiglione è stato riservato unicamente alla nostra collezione, ma nel giro di un paio di mesi ospiteremo la prima esposizione temporanea dedicata alle armature samurai provenienti dalla collezione di Ann e Gabriel Barbier-Muller”.
Intravisto dal portico del Museo di Kahn, l’ala est dell’ampliamento trasmette un senso di leggerezza: il vano d’ingresso incassato e vetrato è in posizione centrale rispetto alle pareti in calcestruzzo che vanno a definire le gallerie a nord e a sud; un sottilissimo strato di vetro si libra al di sopra del sistema di copertura in acciaio e legno, mentre le travi (anch’esse in legno) si dispongono a coppie, affacciandosi all’esterno come aggetti. Procedendo all’interno del Renzo Piano Pavilion, il visitatore è già consapevole delle trasparenze dell’edificio: attraverso l’atrio vetrato, l’attenzione si sposta verso le pareti dell’ala ovest, protette da una copertura verde. Qui, nella seconda delle due strutture, si cela l’elemento di novità del padiglione: sotto il livello del suolo è stato alloggiato un auditorium, le cui sedute in rosso acceso degradano sino a raggiungere il palco, alle cui spalle si creano giochi di luce grazie a una parete vetrata che consente ai raggi di sole di bagnare l’intera struttura da ovest a est. Come un vero e proprio “trompe-l'œil” spaziale, quest’ala ospita non solo l'auditorium, ma anche la galleria ovest - un piccolo spazio espositivo per opere sensibili alla luce - così come la biblioteca del Museo e nuovi spazi per l’educazione. Lee sottolinea che "nella disposizione di luce e materiali nella pianta, tripartita e in scala umana, e nel prospetto, il Renzo Piano Pavilion funge da contrappunto del XXI secolo a un classico dell’architettura moderna a opera di Kahn". Il New York Times ha descritto il rapporto tra i due edifici come un "dialogo civilizzato attraverso i secoli". Il rapporto è tuttavia connotato anche da contrasti, in particolare nella scelta di Piano di optare per travi in legno come principale elemento strutturale per la copertura, in antitesi alle volte curvilinee in calcestruzzo di Kahn. Ventinove coppie di travi in pino di Douglas laminato, lunghe circa 30 metri l’una, sono state disposte lungo gli interni dell’ala e negli aggetti esterni. Gli interni, oltre a prevedere la presenza lignea in grado di conferire ritmo dinamico e calore visivo, accolgono al loro interno anche le fredde ed estese superfici in calcestruzzo. Due elementi in antinomia, individuati per plasmare gli spazi interni dell’ala est, a loro volta contraddistinti da grande continuità spaziale, ariosità e mutevolezza.
Come in ogni progetto di carattere museale, Piano si prefigge di sperimentare nuove tecniche per animare e convogliare la luce naturale. In questo caso si è avvalso di un sistema di copertura degno di nota per le travi di legno a supporto dei lucernari in alluminio con apertura a nord e delle celle solari, montate sopra una superficie in vetro sinterizzato e una tela in tensione dalle trame simili alla seta.
Tanto all'interno quanto all'esterno dell'edificio, l’architetto si concentra sui giochi di luce e crea vedute inaspettate grazie ad alcune pareti sensibilmente inclinate. Queste stesse incanalano la luce nei due vani scala che collegano i livelli superiori e inferiori: il primo conduce dall'ingresso principale al parcheggio sotterraneo, mentre il secondo discende dal piano terra a quello sotterraneo, ove è posta l’entrata dell’auditorium. Poichè la maggior parte dei visitatori arriva all'ingresso del Renzo Piano Pavilion dalla nuova autorimessa, la prima immagine a cui andranno incontro sarà probabilmente il magistrale ingresso porticato di Kahn. Una scelta intenzionale quella di collocare la struttura in posizione frontale al Museo inaugurato nel 1972, così da rimarcare l’importanza della facciata ovest dell’edificio preesistente, in particolare l’entrata spettacolare, a discapito dell’atrio situato sul livello occidentale, sino a ora il prescelto dai visitatori ma considerato da Kahn come punto d’ingresso secondario della propria architettura.
Attestandosi su un elevato livello di efficienza energetica e dotato di un tetto verde accessibile al pubblico, il padiglione a firma di Piano utilizzerà solo la metà dell’energia richiesta per il funzionamento dell'edificio Kahn. "Con solo un terzo degli interni sopra terra, i costi di riscaldamento e raffrescamento diminuiranno sensibilmente," ha detto Renzo Piano. "Questa scelta, in aggiunta alla tecnologia solare installata nel sistema di copertura, permetterà al progetto in generale di beneficiare di un importante risparmio energetico. Una pianificazione attenta all’efficienza energetica non significa aggiungere in un secondo momento, ma costruire in modo corretto e coerente".
Location: Fort Worth, Texas, USA
Client: Kimbell Art Foundation
Completion: 2013
Gross Floor Area: 9.400 m2
Cost of Construction: 98.080.000 Euros
Architects: Renzo Piano Building Workshop
Design Team: Mark Carroll (partner in charge), Onur Teke (assoc. in charge), Shunji Ishida (partner), Daniel Hammerman, Shunta Ishida, Emily Moore, Alberto Morselli, Marco Orlandi, Daniele Piano, Sara Polotti, Danielle Reimers, Etien Santiago, Federico Spadini, Fausto Capellini, Francesco Terranova (models)
Architect of Records: Kendall/Heaton Associates
Project Manager: Paratus Group
Consultants
Structural: Guy Nordenson and Associates, Brockette-Davis-Drake
MEP: Arup
Civil Engineers: Huitt-Zollars
Landscape: Michael Morgan Landscape Architecture and Pond & Company
Lighting: Arup Lighting
Acoustic: Harvey Marshall Berling Associates
Facade: Front
Construction Manager: The Beck Group
Suppliers
Laminated Timber Beams (LTB): Structuralam
LTB Steel Elements: TriPyramid
Bridge Bearings: Mageba
Curtainwall, Skylight: Seele
Structural Thermal Break: Schoeck
PV Louvers: GIG
Light Fixtures: iGuzzini, LSi, Bega, WE-EF
Auditorium Seating: Poltrona Frau
Exterior Lighting: Bega
Photography: 1-4/8 © Robert Polidori, 2-3 © RPBW, 9/16 © Robert Laprelle